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Gli Anni '40

La stabilità conquistata a fatica durante gli anni ’30 fu seriamente minata dalla Seconda Guerra Mondiale e, come se non bastasse, dalla nascita di una nuova lega.
Ma andiamo per ordine, poco per volta.
Era il 1939 quando il proprietario dei Lions, George Richards, ricevette una chiamata da un collaboratore che era al Gilmore Stadium di Los Angeles per la partita tra l’Hardin-Simmons College e la Loyola of Los Angeles.
Clyde “Bulldog” Turner, centro di Hardin-Simmons, stava conoscendo una giornata di grazia e Richards, che si trovava in città, accorse di fretta e furia allo stadio all’inizio del secondo tempo.

Dopo la partita gli chiese di unirsi ai Lions, già immaginandoselo mentre apriva varchi per il neoacquisto Byron “Whizzer” White.
Richards pagò Turner affinché questi dicesse alle altre squadre che non era interessato alla NFL. Ma durante il giorno del draft successe il pasticcio: il coach dei Lions, Gus Henderson, scelse per prima il quarterback di Southern California, Doyle Nave, pensando che Turner fosse ancora disponibile nelle chiamate successive.
Ma Henderson non aveva fatto i conti con i Chicago Bears, che pensarono bene di scegliere Turner.
Richards andò su tutte le furie, licenziò Henderson e cercò di convincere Turner a stare fuori dal football per un anno e di andare ad allenare una squadra di high school in California, per poi riunirsi ai Lions.
La NFL scoprì queste macchinazioni e multò Richards di 5000 dollari. Questi cedette i Lions a Fred Mandel, mentre Turner iniziò con i Chicago Bears una carriera da Hall of Fame. Nave non giocò neppure un minuto da professionista.
Tornando a quanto successe in campo, nel Championship del 1940 i Washington Redskins furono spazzati via 73-0 dai Chicago Bears nella più grande umiliazione della loro storia.
E pensare che pochi giorni prima George Preston Marshall, owner dei Redskins, promise ai suoi un premio di 850 dollari. Poi dichiarò a Bob Considine del New York Daily Mirror che “I Bears possono vincere solo con un largo punteggio. Non chiedetemi perché perdono le partite equilibrate. Forse perché non c’è molta armonia in quella squadra. Hanno troppe stelle, e quando le cose iniziano a farsi difficili, le primedonne si accusano tra loro”.
Le parole di Marshall furono profetiche… a metà.
I 36.034 spettatori accorsi al Griffith Stadium di Washington stavano per assistere a qualcosa di inaspettato.
Seconda azione della partita, e Bill Osmanski prese un handoff da Sid Luckman, si fece strada nel lato sinistro della difesa dei Redskins. Un blocco devastante di George Wilson mise fuori combattimento due difensori, e Osmanski marciò per 68 yards aprendo le segnature. La squadra con “troppe stelle” e senza “armonia” aveva dato inizio ad un massacro sportivo. Il punteggio finale avrebbe recitato 73-0 per Chicago.
Dieci giocatori diversi andarono in touchdown, la difesa intercettò 8 passaggi (3 di questi ritornati in meta). I Redskins guadagnarono solo 5 misere yards su corsa, superando la linea delle 20 yards dei Bears solamente 3 volte.
Red Barber, radiocronista della partita, dichiarò: “I touchdowns arrivarono in continuazione. Mi sembrava di essere il cassiere di un negozio di alimentari. Per fortuna mi procurai una lista con il roster dei Bears, perché dovetti pronunciare tutti quei nomi. Credo che tutti fecero touchdown”.

Arrivi e partenze

Al termine della stagione 1940, la frustrazione di Art Rooney arrivò al culmine. Vendette i Pittsburgh Pirates ad Alexis Thompson per 180.000 dollari, e comprò la metà dei Philadelphia Eagles.
Ma il 26-enne Thompson, ereditiero di una famiglia di industriali dell’acciaio nonché instancabile playboy newyorchese, preferiva stare vicino ai propri affari nella East Coast. Così propose uno scambio a Rooney, che allo stesso tempo era troppo affezionato alla città di Pittsburgh. Alla fine l’accordo fu raggiunto e Thompson si prese metà degli Eagles, mentre Art Rooney tornò a Pittsburgh.
Con un sondaggio popolare, i Pirates cambiarono nome in Steelers, mentre Thompson ingaggiò Earle “Greasy” Neale come coach degli Eagles.

L’attacco degli Eagles era nelle mani del quarterback Davey O’Brien, All-America da Texas Christian, giunto in Pennsylvania nel 1939 con un odei contratti più onerosi di quei tempi: 12.000 dollari l’anno più una percentuale degli incassi. Ma dopo aver vinto solo 2 partite su 22 in 2 anni, O’Brien fu scaricato.
Neale si affidò a Tommy Thompson ed i risultati cominciarono ad arrivare.
In quello stesso 1941 arrivarono le dimissioni di Carl Storck e il ruolo di presidente fu abolito. A reggere le sorti della NFL fu eletto come primo commissioner della storia il leggendario Elmer Layden, che assieme a Jim Crowley, Harry Stuhldreher e Don Miller aveva fatto parte dei “Four Horsemen” di Notre Dame.

Armiamoci e partite

Domenica 7 Dicembre 1941 erano in programma 3 partite, quando i Giapponesi sganciarono alle 12:55 PM (ora di New York) la prima bomba su Pearl Harbor.
La notizia dell’attacco arrivò agli speakers dei Polo Grounds di New York e del Comiskey Park, mentre al Griffith Stadium di Washington furono avvisati solo i militari e i rappresentanti governativi presenti sugli spalti.
Lunedì 8 Dicembre l’America era in guerra.
Al conflitto, terminato il 14 Agosto 1945, presero parte più di 600 tra giocatori, allenatori e arbitri. Ventuno di essi non sarebbero più tornati a casa, e tra loro 12 giocatori ancora in attività.
L’affluenza degli spettatori subì ovviamente un drastico calo : nel 1942 ci furono solo 887.920 paganti.
Il numero minimo di giocatori a roster passò da 33 a 28. Mentre i più giovani combattevano la guerra, i giocatori più vecchi sbarcavano il lunario in campo. Proprio per far tirare il fiato a questi ultimi (ricordiamo che ai tempi ciascun giocatore era impegnato sia in attacco che in difesa), fu permessa la sostituzione libera. Eliminata nel 1946, questa regola tornò definitivamente in vigore nel 1949.

Orsi rampanti

Appena una settimana dopo Pearl Harbor, si giocò il primo divisional playoff game della storia, tra Green Bay Packers e Chicago Staleys. Entrambe avevano chiuso la stagione 1941 con un record di 10-1, così fu necessario uno spareggio per determinare l’avversaria dei Giants nel Championship Game.
I Bears, favoriti non solo dal fattore campo ma anche da un attacco straripante (396 punti segnati nella stagione regolare), si sbarazzarono dei Packers grazie ad un netto 33-14. La settimana seguente fu il turno dei New York Giants, spazzati via 37-9.
Quei Bears, soprannominati “Monsters of the Midway”, fecero addirittura meglio nel 1942, finendo 11-0 la regular season. Avversari nel Championship, i Washington Redskins, ancora memori dell’umiliante 73-0 subito due anni prima. Sede dell’incontro, ancora il Griffith Stadium, proprio come nel 1940. Ma questa volta la difesa di Washington riuscì ad imbavagliare Sid Luckman, mettendo fine alla striscia vincente di Chicago. Risultato finale, 14-6 per Washington.

L’anno successivo, 1943, Luckman e i Bears si presero la rivincita riportando il titolo nella Windy City. Chicago terminò la stagione 8-1-1, battendo 56-7 i Giants in una partita in cui Luckman stabilì un record incredibile: 7 passaggi in touchdown.
Quei Bears avevano a roster anche Bronko Nagurski, tornato dopo 5 anni dal ritiro per rinforzare una squadra impoverita dalle partenze per il conflitto mondiale.
Nel Championship contro i Redskins, giocato a Wrigley Field, Luckman passò per 286 e 5 touchdowns, corse per 64 yards e intercettò 2 passaggi. Anche grazie a questa sua prestazione, i Bears prevalsero per 41-21.
Sammy Baugh saltò gran parte di quel match dopo aver ricevuto un calcio in testa mentre cercava di effettuare un placcaggio nel primo quarto. La sua perdita fu decisiva per Washington: Baugh in pratica cantava e portava la croce, essendo uno spauracchio in attacco, in difesa e negli special teams. Per lui fu un 1943 da incorniciare: guidò la lega nei passaggi (56 % di completi), negli intercetti effettuati (11) e nei punts (media di 45.9 yards).
Ma il monopolio di Chicago terminò nel 1944, quando per la prima volta dal 1939 i Bears mancarono la qualificazione ai playoffs. Green Bay vinse il Championship sconfiggendo ai Polo Grounds i New York Giants per 14-7, grazie a 2 touchdowns di Ted Fritsch.

Una raffica sfortunata

Nel 1945 la NFL acconsentì a spostare entrambe le hasmarks 5 yards più vicino al centro del campo, per favorire ulteriormente gli attacchi.
Il maggiore beneficiario fu Jim Benton, end dei Cleveland Rams, che contro i Lions al Briggs Stadium di Detroit stabilì uno strabiliante primato.
Benton fu capace di ricevere 10 passaggi dal quarterback Bob Waterfield per 303 yards, contribuendo alla vittoria dei suoi per 28-21. Grazie a quell’affermazione, i Rams conquistarono il biglietto per il Championship Game contro i Washington Redskins.
La gara fu giocata in condizioni climatiche estreme: le sponde del Lago Erie erano spazzate dallo gelido blizzard ed uno strato di neve imbiancava il Cleveland Municipal Stadium. Più di 9000 balle di fieno furono portate in campo per proteggere il terreno di gioco dalle ulteriori eventuali nevicate. Poco dopo l’inizio dell’incontro, gran parte di quel fieno finì sulle panchine, utilizzato dai giocatori per riscaldarsi gambe e piedi.
L’”Artic Bowl”, come sarebbe stato ribattezzato, passò agli annali non solo per il freddo e il gelo, ma anche e soprattutto per un passaggio di Sammy Baugh .

Dopo che la difesa dei Redskins fermò i Rams sulle 5 yards, Slingin’ Sammy condusse l’offensiva dei suoi. Sperando di cogliere alla sprovvista gli avversari, pensò di lanciare verso la end zone. Ma il passaggio non ebbe affatto gli effetti sperati : anziché essere ricevuto in touchdown, finì preda di una raffica di vento. La palla impattò contro la crossbar e, secondo le regole allora in vigore, fu safety: 2-0 per Cleveland. Quei 2 punti furono fondamentali per i Rams, usciti vincitori per 15-14. Il Championship fu per loro l’ultima partita giocata a Cleveland, dato che l’anno seguente il proprietario Dan Reeves avrebbe trasferito la franchigia a Los Angeles.

Una nuova rivale, la AAFC

La Seconda Guerra Mondiale, pur privando la lega di parecchi giocatori, non fu un deterrente per i nuovi potenziali investitori. Ma il commissioner Elmer Layden li respinse uno ad uno. Così un gruppo di brokers, stanchi dei continui rifiuti, si riunì in una stanza d’albergo a St.Louis il 4 Giugno 1944 per valutare la possibilità di creare una nuova lega professionistica. Questo meeting fu presieduto da Arch Ward, giornalista del Chicago Tribune e organizzatore del Chicago College All Star Game e dell’All Star Game di baseball. Tra i presenti c’erano i rappresentanti delle franchigie di Buffalo, Chicago, Cleveland, Los Angeles, New York e San Francisco.
Al termine di quella giornata fu decisa la fondazione della nuova lega, chiamata All-America Football Conference.
Tre mesi dopo si unì al gruppo l’ex campione dei pesi massimi Gene Tunnel, in qualità di rappresentante della città di Baltimore. Jim Crowley, uno dei leggendari Four Horsemen, fu eletto commissioner e presidente della lega, con Eleanor Gehrig, vedova del leggendario Lou, nelle vesti di sua vice. Un’ottava franchigia fu assegnata a William D.Cox per Brooklyn, e quando venne meno il supporto dei finanziatori di Baltimore, Miami ne prese il posto.
Un ultimo tentativo da parte della AAFC per entrare a far parte della NFL fu fatto nell’Aprile del 1945, quando il proprietario della franchigia di Chicago, Jack Keeshin, e Paul Brown, head coach dei Cleveland Browns, si incontrarono con il commissioner Layden. Ma quest’ultimo chiuse le porte ad un qualsiasi tentativo di mediazione, affermando che “La AAFC dovrebbe prima procurarsi un pallone, poi organizzare un calendario e quindi giocare una partita”. Periodo di inizio della prima stagione della AAFC fu l’autunno 1946. Le franchigie originarie furono i Buffalo Bisons, i Brooklyn Dodgers, i Cleveland Browns, i Los Angeles Dons, i Miami Seahawks, i New York Yankees, i Chicago Rockets e i San Francisco 49ers.

Go west, young man

Ventisette giorni dopo aver vinto il primo titolo NFL, i Rams fecero i bagagli e lasciarono Cleveland in favore di Los Angeles, diventando la prima franchigia professionistica nello sport americano a trasferirsi nella West Coast.
Fin dal 1941, anno in cui acquistò i Rams, il proprietario Dan Reeves sognava di tuffarsi nel mercato occidentale, all’epoca ancora terra di conquista e di facili guadagni. Il sogno divenne realtà nel 1946, e tutto sommato ne guadagnarono entrambe le città: Los Angeles aveva una nuova attrazione (circa 40.000 spettatori a partita frequentavano il Los Angeles Memorial Coliseum per vedere i Rams), mentre Cleveland si innamorò definitivamente dei Browns. Le altre novità sostanziali della stagione 1946 furono il cambio della guardia nel ruolo di commissioner, con Bert Bell al posto di Elmer Layden, ed il ritorno dei giocatori impegnati nel conflitto mondiale. Tra questi c’era Bill Dudley dei Pittsburgh Steelers, che finì la stagione come leader in termini di rushing yards (604), intercetti (10) e yards conquistate su punt returns (385).

Ecco come George Halas ricordò il ritorno dei suoi dalla guerra: “Essendo stato in servizio per 39 mesi, sapevo che i miei giocatori sarebbero stati stanchi di tutte quelle regole. Così le abolii del tutto non appena iniziò lo spring camp. Oramai erano uomini, sapevano badare a se stessi ed erano disciplinati. Durante un meeting chiesi loro se avevano dei suggerimenti su come vestirsi nelle trasferte. Qualcuno disse ‘Dobbiamo metterci camicia e giacca’, qualcun altro aggiunse che era necessario mettere anche la cravatta. Allora conclusi dicendo :’Bene, abbiamo deciso di metterci camicia, giacca e cravatta. E suppongo che voi tutti vogliate delle scarpe ben lucide”.

Cade una barriera

Nel 1947 il mondo del baseball cambiò quando Branch Rickey dei Brooklyn Dodgers firmò Jackie Robinson, facendo di lui il primo atleta di colore in assoluto a diventare professionista. Ma un anno prima ben quattro giocatori di colore firmarono per delle squadre di football pro senza ricevere la minima eco mediatica. I Los Angeles Rams ingaggiarono due rookies da UCLA, l’halfback Kenny Washington e l’end Woody Strode. Quasi in contemporanea, i Cleveland Browns firmarono la guarda Bill Willis e il fullback Marion Motley, entrambi destinati ad una carriera eccezionale sotto la guida di Paul Brown.
“Jackie Robinson viene ricordato da tutti perché la sua era una bella storia, ma Willis e Motley furono i primi coloreds a giocare nella moderna NFL” , affermò Otto Graham. E proprio come Robinson, Motley e Willis avrebbero avuto vita dura contro i pregiudizi razziali.

Lo stesso Graham ricordò che “Nel 1946 dovevamo giocare a Miami, e un addetto dell’hotel disse a Paul Brown che i due ragazzi neri dovevano andarsene in un altro albergo. Allora Paul disse ‘Ok, allora ce ne andiamo tutti’. L’intera squadra stava per andarsene, quando il personale dell’hotel cambiò idea. Storie del genere accadevano in continuazione”.

Il seme della corruzione

Il 1946 fu l’anno della rinascita per il football professionistico. La fine della Seconda Guerra Mondiale restituì alle rispettive squadre centinaia di giocatori, riportando la qualità del gioco ai livelli del 1941. La nascita della AAFC portò il football in nuove città, mentre la NFL cominciò ad espandersi nella West Coast. Gli stipendi dei giocatori aumentarono proprio a causa della rivalità tra le due leghe, e il pubblico, superato l’incubo bellico, tornò a frequentare gli stadi.
Ma nella settimana che precedeva il Championship Game tra i Chicago Bears e i New York Giants, successe qualcosa di potenzialmente disastroso. Nonostante fossero stati sconfitti dai Giants durante la regular season e nonostante il fatto che si sarebbe giocato ai Polo Grounds, gli allibratori davano favoriti i Bears dai 10 ai 14 punti. Ciò alimentò il sospetto della polizia di New York, che iniziò a indagare. La notte prima del match, gli investigatori vennero a sapere che uno scommettitore aveva offerto 2500 dollari al fullback dei Giants Merle Hapes affinché questi assicurasse la vittoria dei Bears con almeno 10 punti di scarto. Hapes aveva informato il quarterback Frank Filchock della combine, ed entrambi furono portati in commissariato alle 2 del mattino, 12 ore prima del kickoff. Hapes diede la propria versione dei fatti, dicendo di non aver accettato l’offerta. Filchock fu rilasciato e potette giocare, mentre Hapes fu dichiarato ineleggibile dal commissioner Bell.
Filchock lanciò 2 passaggi in touchdown ma fu intercettato 6 volte ed i Bears vinsero 24-14 davanti a 58.346 spettatori. In seguito Filchock ed Hapes sarebbero stati sospesi per non aver denunciato alle autorità la tentata combine.

Gli invincibili Browns

Fin dalla stagione inaugurale della AAFC, i Browns dimostrarono a tutti di rappresentare l’eccellenza sotto tutti i punti di vista. Erano l’unica squadra della AAFC a chiudere in attivo dal punto di vista finanziario, grazie ad un totale di circa 400.000 fans nelle 7 partite casalinghe al Memorial Stadium.
I Browns realizzarono un record di 12-2, con il quarterback Otto Graham, reduce da due anni in Marina, a lanciare per 1834 yards e 17 touchdowns. Marion Motley ed Edgar “Special Delivery” Jones totalizzarono insieme 1140 yards su corsa, e la difesa intercettò 41 passaggi, concedendo solo 137 punti. I Browns finirono in bellezza sconfiggendo 14-9 gli Yankees nel primo AAFC Championship Game.
Ma la AAFC veniva sempre considerata la sorella povera della NFL.
“Continuavamo a leggere articoli denigratori sui giornali”, osservò Otto Graham. “Paul Brown, che io reputo un genio, non disse mai una parola. Si limitava a ritagliare quegli articoli per esporli negli spogliatoi. La NFL diceva che la loro peggiore squadra avrebbe potuto battere la nostra migliore squadra. Avremmo letto quel genere di roba per i successivi quattro anni”.

Più di cento giocatori passarono dalla NFL alla AAFC, e sei che tra questi iniziarono con i Browns (Otto Graham, Marion Motley, Bill Willis, il tackle-kicker Lou Groza, il centro Frank Gatski e l’end Dante Lavelli) sarebbero finiti nella Pro Football Hall of Fame assieme al coach Paul Brown.

Il primo Dream Team

Non erano popolari come i Four Horsemen di Notre Dame, ma Paul Christman, Charley Trippi, Pat Harder ed Elmer Angsman formarono uno dei più potenti offensive backfields di sempre, portando i Chicago Cardinals al titolo nel 1947.
Christman era il quarterback, e nel 1947 passò per 2191 yards e 17 touchdowns. Angsman, il right halfback, fu il leader in yards conquistate sul terreno con 412.
Il left halfback era il rookie Charley Trippi (401 yards su corsa in quella stagione), arrivato a Chicago dopo aver firmato un contratto di quattro anni per 100.000 dollari al termine di una guerra tra il proprietario dei Cardinals Bill Bidwill e Dan Topping dei New York Yanks della AAFC.
Harder era il fullback e totalizzò 371 yards su corsa. I quattro realizzarono insieme ben 18 rushing touchdowns. Sovrastato dalla fama del “Dream Backfield” (o anche “Million Dollar Backfield”) , l’end Mal Kutner si impose come leader NFL in yards su ricezione, con 944.
I Cardinals, che non vincevano il titolo dal 1925, grazie alla loro T-formation si imposero sugli avversari vincendo la Western Division, per poi affrontare gli Eagles al Comiskey Park.
E il Dream Backfield continuò a dominare: Trippi segnò nel primo quarto con una corsa da 44 yards, poi toccò ad Angsman con una corsa da 70 yards a dare ai Cardinals un vantaggio di 14 a 7 all’intervallo. Nel terzo quarto, Trippi eluse su un punt return da 75 yards ben cinque placcaggi per il 21-7. E verso la metà dell’ultimo quarto, Angsman segnò un altro touchdown con un’altra corsa da 70 yards. Chicago finì con 282 yards conquistate su corsa, mandando in visibilio i 30.759 fans del South Side.

L’uomo di ghiaccio

Poco ci mancò che Steve Van Buren non giocasse il Championship Game del 1948.
La mattina dell’incontro si svegliò nella sua casa nella periferia di Philadelphia, guardò fuori dalla finestra e vide che una bufera di neve stava mettendo in ginocchio la città. Sicuro che la partita sarebbe stata rinviata, se ne tornò a letto. Qualche ora dopo fu svegliato da una telefonata del suo coach Greasy Neale, e si affrettò a raggiungere lo Shibe Park. Giunto allo stadio, Van Buren e i suoi compagni di squadra diedero una mano per sollevare i teloni protettivi. “Immaginatevi oggi i giocatori delle due squadre fare questo prima del Super Bowl”, avrebbe commentato qualche tempo dopo. I 28.864 spettatori che sfidarono le forze della natura sembrarono subito ricompensati quando nel primo gioco della partita il quarterback degli Eagles, Tommy Thompson, lanciò un passaggio da 65 yards a Jack Ferrante per il touchdown. Ma una penalità per offside spinse gli arbitri ad annullare l’azione. Sarebbe rimasta l’unica azione di passaggio degna di nota della gara. Per più di tre quarti le squadre cercarono di stabilire un running game di potenza, col risultato di annullarsi a vicenda. Sul finire del terzo quarto, il quarterback di Chicago, Ray Mallouf, e il running back Elmer Angsman sbagliarono un handoff, e Frank “Bucko” Kilroy degli Eagles recuperò il fumble sulle 17 dei Cardinals. Quattro azioni dopo, Van Buren segnò con una corsa di 5 yards e Cliff Patton realizzò la conversione portando gli Eagles in vantaggio 7-0. Sarebbe stata la segnatura decisiva. Van Buren terminò la partita con 26 portate per 98 yards. “Riuscivo a correre senza problemi, soltanto che non riuscivo a vedere. Nevicava così forte che non riuscivo neppure a vedere la safety dei Cardinals, Marshall Goldberg”.

Riunificazione

Dal 1944, anno in cui si unirono alla NFL, i Boston Yanks di Ted Collins non avevano ancora conosciuto una stagione vincente. Il pubblico latitava, e così nel 1949 la NFL diede il permesso a Collins di spostare la franchigia a New York, dove gli Yanks divennero i Bullogs, condividendo i Polo Grounds con i Giants. Il trasferimento nella Big Apple non fu facile, e i Bulldogs terminarono la stagione con un record di 1-10-1. L’anno successivo si spostarono allo Yankee Stadium, cambiarono il nick in New York Yanks e conclusero con un record di 7-12.
Nel 1949 fece il proprio ingresso tra i professionisti un rookie di nome George Blanda, che si unì ai Bears come third string quarterback dietro Sid Luckman e Johnny Lujack. Blanda faceva anche il kicker, e su 15 tentativi ne mise a segno solo 7. Pochi gli avrebbero pronosticato una carriera di 26 anni. Mentre Blanda era alle prime armi, Curly Lambeau era al crepuscolo della sua carriera da coach a Green Bay.
Lambeau, al comando praticamente da 29 anni, si dimise quando fu chiaro che la proprietà avrebbe voluto controllare maggiormente la gestione tecnica della squadra.
Così lasciò i Packers, sull’orlo della bancarotta ed in crisi di risultati, per accettare il ruolo di head coach dei Chicago Cardinals.
Per la prima volta il Championship Game fu giocato a Los Angeles. Pete Pihos ricevette un lancio di 31 yards per il touchdown e Steve Van Buren conquistò 196 yards su corsa, record per una finale, propiziando la vittoria degli Eagles contro i Rams per 14-0. Si giocò sotto un violento acquazzone, ed era la prima volta dal trasferimento ad ovest che i Rams giocavano in tali condizioni climatiche. Per la seconda volta di fila Philadelphia si aggiudicò il titolo imponendo all’avversario uno shutout, record ancora ineguagliato.
La settimana precedente, il commisioner Bell aveva annunciato la fusione con la AAFC, fagocitata dopo quattro anni di vita dai debiti e dalla carenza di spettatori.
Effettivamente la AAFC era poco più di un one-team show: i Cleveland Browns vinsero tutti e quattro i titoli, con un record complessivo di 47-4-3. Nel 1948 chiusero addirittura imbattuti (14-0), suggellando la perfect season infliggendo un sonoro 49-7 ai Buffalo Bills nel Championship Game. Ma il pubblico delle altre città si era semplicemente stancato di assistere allo strapotere assoluto della squadra di Paul Brown. Così nel Dicembre 1949 la NFL accolse a braccia aperte i Cleveland Browns, i Baltimore Colts (che nel 1946 avevano preso il posto dei Miami Seahawks) e i san Francisco 49ers. Poi fu organizzato un draft per riallocare i giocatori delle rimanenti franchigie. Dopo quattro anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, finalmente anche il football professionistico conosceva la parola pace.

Bibliografia

- 75 Seasons
- The Fireside Book of Pro Football
- http://www.nfl.com/history
- http://www.profootballhof.com
- http://nflhistory.net/

Decades | by Roberto Petillo | 07/03/07

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