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Gli Anni '80

Gli anni 80 per la NFL sono stati un periodo di rapporti complicati con i giocatori, con i due scioperi del 1982 e 1987, hanno visto l’inizio di una grande dinastia, quella dei San Francisco 49ers, ci hanno regalato le gesta epiche di grandi quarterback come Dan Marino, Joe Montana, John Elway, Phil Simms e Boomer Esiason, sono stati una decade di rilocazione per tre squadre NFL. Travagliata quella dei Raiders che, nati ad Oakland sulla baia di San Francisco, volevano spostarsi a Los Angeles, ma nel 1980 la lega non approvo’ il trasferimento. Da qui una citazione alla NFL da parte dei Raiders e del Los Angeles Coliseum per violazione delle leggi antitrust. Ci vollero due anni, ma all’inizio della stagione 1982 tra le squadre della American Football Conference c’erano i Los Angeles Raiders, che poi torneranno nella loro citta’ natale nel 1995. Non semplici nemmeno gli altri spostamenti anche se non da un punto di vista legale: come sempre accade togliere una squadra ai propri tifosi causa sempre reazioni negative. Nel 1984 i Baltimore Colts si spostarono ad Indianapolis, dopo che l’affluenza allo stadio nella citta’ del Maryland era crollata miseramente. Il proprietario Jim Irasay, nonostante varie rassicurazioni pubbliche ai tifosi, tratto’ in segreto con la citta’ di Indianapolis e nelle primissime ore del 28 marzo alcuni camion impacchettarono e trasportarono via gli uffici e l’equipaggiamento della squadra in quella che sembro’ una vera e propria fuga. Si ando’ anche per vie legali ma la citta’ di Baltimora ottenne solo l’impegno da parte dei Colts di favorire l’insediamento nella citta’ di un’altra squadra NFL. Fece meno scalpore il trasferimento dei St. Louis Cardinals nella zona di Phoenix avvenuto prima della stagione 1988, ma si trattava di una delle peggiori squadre di sempre della NFL.

Il football giocato

Art Shell - OL dei Raiders

La decade si apre nel 1980 con la vittoria del titolo da parte degli Oakland Raiders: il Super Bowl XV, giocato al Superdome di New Orleans, li vede sconfiggere i Philadelphia Eagles per 27-10, divenendo cosi’ la prima squadra a vincere un titolo NFL partendo dalle wild card. MVP del Super Bowl il quarterback Jim Plunkett, partito come riserva ad inizio stagione. Dopo alcune deludenti stagioni a New England e a San Francisco, il vincitore dell’Heisman Trophy 1970, fu firmato dai Raiders per fare il sostituto nel 1978. Entro’ in campo alla sesta partita della stagione 1980 per sostituire il titolare Dan Pastorini che si era rotto una gamba, con un record di 2-3; guido’ i suoi a nove vittorie nelle ultime 11 gare e alla qualificazione alle wild card. Messe sotto una dopo l’altra Houston, Cleveland e San Diego, nella finale Plunkett lancio’ 3 TD pass senza intercetti in una facile vittoria. La gara piu’ difficile nei playoff fu certamente quella contro Cleveland, vinta per 14-12 grazie ad un intercetto in end zone. I Browns, sotto di due, erano in posizione per cercare il field goal della vittoria ma, dopo un timeout, optarono per forzare un passaggio in meta per il tight end (il gioco rimase tristemente famoso come Red Right 88) perche’ il kicker aveva sbagliato gia’ due calci e due extra point (uno bloccato, l’altro per colpa di un brutto snap). Questo non toglie niente ai meriti dei Raiders, che oltre a Plunkett potevano contare sui due wide receiver Cliff Branch e Bob Chandler, il running back Mark van Eeghen, ma soprattutto una linea offensiva incredibile, guidata da due future hall of famer come il tackle Art Shell e la guardia Gene Upshaw (unico giocatore a giocatore tre Super Bowl in tre decadi diverse, 1967, 1976, 1980). La squadra di Tom Flores, il primo a vincere un super bowl da giocatore e da allenatore capo, aveva anche una difesa molto dura e punitiva, ancorata al suo centro dal difensive tackle John Matuszak, con una grande coppia di linebacker, Ted Hendricks e Rod Martin e con defensive back dotati di grande fiuto per la palla, tra cui Lester Hayes autore di 13 intercetti in regular season.

Bill Walsh con Joe Montana

La stagione del 1981 segna l’inizio della dinastia dei San Francisco 49ers, senza ombra di dubbio la squadra degli anni ottanta, in cui conquistarono ben 4 titoli. Il merito principale va a Bill Walsh, divenuto capo allenatore della franchigia nel 1979, capace di portare in due stagioni una squadra con un record di 2-14 a vincere il titolo NFL. Walsh e’ un innovatore della tattica di gioco oltre che un grande scout. Porta infatti al successo i suoi rivoluzionando l’approccio offensivo e creando un sistema poi denominato West Coast Offense. Si tratta di un attacco che, invece di cercare di stabilire il gioco di corsa per aprire la strada ai passaggi lunghi, cerca di allungare la difesa in orizzontale con passaggi corti e veloci. Il quarterback tipicamente fa un drop di 3 o 5 passi e si libera velocemente della palla cercando di prendere cio’ che la difesa concede, operando guadagni corti ma costanti. Le difese avversarie si preparavano con difficolta’ ad affrontare l’attacco preparato da Walsh perche’ qualsiasi gioco poteva essere una corsa o un lancio indipendentemente dalla situazione di down e yard da prendere. Walsh arrivo’ addirittura a stabilire a tavolino una sequenza 10-15 giochi da eseguire all’inizio delle partite indipendentemente dalla situazione di gioco in modo da aumentare ancora di piu’ l’imprevedibilita’ dell’attacco. La bonta’ del sistema inventato da Walsh e’ testimoniata anche dal grande numero di assistant coach del suo staff che sono poi divenuti capo-allenatori di successo nella NFL (Mike Holmgren, Mike Shanahan, Dennis Green, George Seifert, Ray Rhodes). Il West Coast Offense aveva bisogno di un timing perfetto tra quarterback e ricevitori: Walsh fu capace anche di scegliere l’uomo piu’ giusto per far girare la squadra come un orologio draftando al terzo giro del 1979 il quarterback da Notre Dame Joe Montana, uno dei piu’ grandi di tutti i tempi. I pezzi importanti del puzzle che portarono al primo titolo dei Niners furono, oltre a Joe “Cool”, i WR Freddie Solomon e Dwight Clark (scelto da Walsh al decimo giro del draft 1979), un gruppo ben equilibrato di 4-5 RB di valore capeggiato da Earl Cooper, ed una difesa in cui c’erano tre DB rookie come titolari: Ronnie Lott, una delle piu’ grandi safety della storia, Eric Wright e Carlton Williamson.

The Catch

Il momento piu’ importante per la storia dei Niners si verifica il 10 gennaio 1982 nel Championship Game contro i Dallas Cowboys. I 49ers prendono la palla sotto 27-21 e arrivano sulle 6 yard avversarie con 58 secondi sul cronometro. Il gioco chiamato e’ una sprint right option per Solomon, gioco con cui avevano gia’ segnato ad inizio gara. Partito lo snap, Solomon era perfettamente coperto e la pass rush dei Cowboys stava convergendo sul QB avversario con tre giocatori. Montana correndo verso la sideline lancio’ un passaggio alto sul fondo della endzone e Dwight Clark, comparendo dal nulla, prese la palla ad un’altezza impressionante. Il gioco divenne famoso come The Catch, le sei yard piu’ importanti mai guadagnate dai Red&Gold.

Al Super Bowl XVI, al Pontiac Silverdome, i Cincinnati Bengals furono sconfitti per 26-21 in una partita vinta dalla difesa dei Niners: 5 palle perse dei Bengals guidati dal QB Ken Anderson condannarono la squadra di Cincinnati, sotto per 20-0 alla fine del primo tempo, nonostante alla fine riuscisse a totalizzare un numero maggiore di yard di total offense.
Montana ed i 49ers si ripeterono poi nel 1984: i protagonisti furono gli stessi con l’aggiunta dei RB Roger Craig, grande ricevitore fuori dal backfield, e Wendell Tyler, piu’ di 1200 yard in stagione regolare. In regular season inanellano 15 vittorie su 16 gare e nei playoff la difesa viene in aiuto ad un Montana stranamente poco incisivo (5 intercetti in due partite) concedendo solo 10 punti in due gare ai New York Giants (21-10) e ai Chicago Bears (23-0).

Al Super Bowl XIX, giocato allo Stanford Stadium in California, arrivano anche i Miami Dolphins, dopo aver sconfitto Seahawks e Steelers, con un QB al secondo anno: Dan Marino. Il giovane Dan “The Man” aveva letteralmente distrutto ogni record per un quarterback sulla singola stagione: maggior numero di completi (362), primo QB della storia a lanciare piu’ di 5000 yard, maggior numero di partite con piu’ di 300 yard di passaggio (9) e con più di 400 (4), maggior numero di TD pass (48). In molti prevedevano per lui che quella del Super Bowl XIX sarebbe stata la prima di molte apparizioni al Grande Ballo, ma nonostante sia stato il passatore puro piu’ forte della storia della lega e sia stato uno dei grandi protagonisti degli anni 80 e di meta’ degli anni 90, quella rimase la sua unica partecipazione alla finale della NFL. La partita fu a senso unico grazie alla grande difesa dei 49ers, che concesse solo 25 yard su corsa agli avversari e mise a terra Marino per 4 volte, e alla prestazione magistrale di Montana (3 TD pass e un TD su corsa). A nulla valsero gli sforzi della coppia di WR conosciuti come i “Mark Brothers”, Mark Clayton e Mark “Super” Duper, i target preferiti di Marino, ben contenuti dalle secondarie avversarie. Alla fine 38-16 per i 49ers e secondo titolo di MVP di un Super Bowl per Montana.

Jerry World Rice

La definitiva consacrazione come squadra della decade per i 49ers arrivo’ nelle ultime due stagioni degli anni 80, con la vittoria di due titoli consecutivi. I 49ers a questo punto sono la squadra di Walsh, Montana e Craig ma anche di Jerry “World” Rice, mitico numero 80 entrato nella lega nel 1985 e ritiratosi a 43 anni prima della stagione 2005 dopo aver battuto tutti i record individuali per un WR. Il suo soprannome “Wolrd” e’ dovuto al fatto che non c’era una palla al mondo che non potesse ricevere. Nel 1988 dopo una regular season non esaltante ma terminata in crescendo, i 49ers raggiungono il Super Bowl XXIII battendo nettamente i Minnesota Vikings ed i Chicago Bears. In finale ritrovano ancora i Cincinnati Bengals, guidati dal QB Boomer Esiason, MVP della stagione che aveva sconfitto Seahawks e Bills nel divisional playoff e nel Championship. Grande protagonista della stagione dei “tigrotti” fu il fullback rookie Ickey Woods, leading rusher della squadra e inventore della celebre danza per festeggiare un TD denominata “Ickey Shuffle”, che porto’ la NFL a istituire nel 1989 la penalita’ contro le eccessive celebrazioni dopo una segnatura. Il Super Bowl XXIII , giocato al Joe Robbie Stadium di Miami, fu una partita molto combattuta e dal basso punteggio, con le due squadre a rispondersi colpo su colpo: 3-3 alla fine del primo tempo, 6-6 verso la fine del terzo quarto, poi 13-13. A 3 minuti e 20 dalla fine il kicker dei Bengals porta avanti i suoi per 16-13 e rida’ la palla a Montana e soci. Joe orchestra un drive da 11 giochi e 92 yard con otto completi su nove passaggi, di cui 2 per Craig e 4 per Rice che converte un secondo e 20 a 1’11’’ dal termine sfuggendo a tre difensori. A 34 secondi dal termine il passaggio da TD di Montana per il WR John Taylor da’ il terzo titolo alla squadra di San Francisco. MVP della gara e’ Jerry Rice (11 ricezioni, 215 yard e un TD).

Ancora 49ers nel 1989 nonostante Walsh avesse lasciato il posto a George Seifert. Gli uomini e gli schemi erano ancora quelli del vecchio capo allenatore ma mai come in quella stagione Montana e i suoi li eseguirono alla perfezione: terminarono la regular season con 14 vittorie e due sconfitte e passeggiarono letteralmente sui Vikings al divisional playoff (41-13) e sui Los Angeles Rams al championship (30-3). Al Super Bowl XXIV al Louisiana Superdome di New Orleans la vittima sacrificale sono i Denver Broncos di John Elway, gia’ sconfitti nei super Bowl XXI e XXII. Il divario tra le due squadre e’ semplicemente abissale: non c’e’ partita. Montana segna 5 TD su passaggio (3 per Rice) e viene nominato MVP della gara; i 49ers realizzano 8 TD in totale, 2 per ogni quarto; la difesa guidata dal linebacker Bill Romanovski concede solo 10 punti agli avversari.

Mark May, Jeff Bostic and Russ Grimm: tre degli Hogs

Tra la prima e la seconda vittoria della squadra di San Francisco, i protagonisti sono i Washington Redskins del capo allenatore Joe Gibbs, unico nella NFL a vincere tre titoli con tre QB diversi. Gibbs aveva iniziato la sua carriera come allenatore della linea offensiva e ha mantenuto l’attenzione soprattutto per quel reparto anche da head coach. Il suo successo con quarterback non eccezionali come Joe Theismann, ma soprattutto Doug Williams e Mark Rypien (negli anni 90) e’ dovuto proprio alla forza e alla consistenza dei suoi “Hogs”. Il termine fu coniato dall’allenatore della O-line durante il training camp del 1982 quando disse ai suoi uomini (il centro Jeff Bostic, le guardie Russ Grimm e Mark May ed i tackle Joe Jacoby and George Starke): “Okay, you hogs, let’s get running down there”. Si trattava di una linea molto pesante capace di aprire buchi per i RB e di dare il tempo al QB per lanciare: la filosofia di Gibbs partiva dal fatto che anche un QB mediocre, con il giusto tempo per lanciare, puo’ guidare al meglio una squadra. E i risultati gli hanno dato certamente ragione.
Nel 1982, la stagione giocata a meta’ per colpa dello sciopero dei giocatori di cui parleremo in seguito, i Redskins terminarono la regular season in testa alla NFC con un record di 8-1 e avanzarono fino al Super Bowl XVII, giocato al Rose Bowl di Pasadena. Di fronte a loro, in una rivincita del Super Bowl VII, i Miami Dolphins, arrivati secondi nella AFC con un record di 7-2. La gara vedeva di fronte la squadra della capitale con un’ottima difesa (la migliore per punti subiti) e un buon attacco sui passaggi, e la squadra della Florida con l’ultimo attacco della lega sui passaggi, ma il terzo sulle corse (grazie al pro bowler Andra Franklin) e soprattutto una difesa eccezionale come numero di yard concesse (prima sia contro le corse che contro i passaggi), conosciuta come i “Killer Bees”. Degli undici titolari infatti, sei avevano cognomi che iniziavano con la lettera “B”: i tre difensive lineman Bob Baumhauer, Bill Barnett e Doug Betters, il linebacker Kim Bokamper ed i due difensive back Lyle e Glenn Blackwood. Alla fine, la pochezza dell’attacco aereo dei Dolphins costo’ il titolo agli uomini di Don Shula: nel secondo tempo, non riuscirono a completare nemmeno un passaggio. Nonostante questo, all’inizio dell’ultimo quarto i Dolphins erano in vantaggio per 17-13; a quel punto gli Hogs ebbero definitivamente la meglio sui Bees aprendo la strada a John Riggins, MVP della partita. Risultato finale: 27-17 per i Redskins.

Marcus Allen in azione durante il Super Bowl XVIII

Dopo il titolo del 1980, i Raiders si affermarono anche nel 1983. La differenza principale tra le due squadre campioni NFL sta nel fatto che e’ cambiato il nome da Oakland a Los Angeles Raiders: per il resto agli ordini di Tom Flores ci sono 23 giocatori che avevano vinto l’anello del Super Bowl XV ossia l’ossatura della squadra e’ la stessa con l’aggiunta dell’arma piu’ importante, il RB Marcus Allen, al secondo dei suoi 16 anni di carriera nella NFL. Il giocatore scelto alla decima assoluta del draft 1982 e’ stato uno dei dieci piu’ forti ogni epoca nel suo ruolo, grazie ad una potenza superiore a quella che ci si poteva aspettare dal suo fisico, alla velocita’ nel tagliare per correre all’esterno e all’abilita’ nelle ricezioni fuori dal backfield. Nel Super Bowl XVIII, giocato al Tampa Stadium in Florida, Allen sfodera una prestazione magnifica con 209 yard di total offense, 191 su corsa e due TD di cui uno da 74 yard (record del Super Bowl fino alla corsa di Willie Parker da 75 yard nel Super Bowl XL). La vittoria dei Raiders sui Washington Redskins e’ netta (38-9) nonostante non fossero dati per favoriti. La squadra di Joe Gibbs si presentava alla finale della NFL per il secondo anno consecutivo con un record di 14-2 (sconfitti due volte con un solo punto di scarto) e con un nuovo record della lega per punti segnati (541). La squadra era la stessa che aveva battuto al Rose Bowl a Pasadena i Miami Dolphins. C’erano dei dubbi su quei Redskins, ma Joe Theismann e compagni li fugarono tutti con la galoppata trionfale del 1983 verso la finale di Tampa. Theismann fu il MVP della stagione; l’attacco fenomenale di quei Redskins poteva contare su due ottimi WR nelle tracce profonde, Art Monk e Charlie Brown, sul fullback John Riggins, entrato nella Hall of Fame nel 1992 e sul RB Joe Washington che fece piu’ di mille yard di total offense tra corse e ricezioni. Nonostante fossero i grandi favoriti, gli special team e la difesa dei Raiders misero subito in chiaro che a dirigere le danze erano loro: un punt bloccato e un intercetto riportati in end zone intervallati da un passaggio da TD di Plunkett furono il preludio alle due segnature di Allen.
Da notare come questa dei Raiders sia stata l’ultima vittoria di una squadra della AFC per un bel pezzo: dovremo aspettare i Denver Broncos del 1997 per interrompere la striscia di successi consecutivi della NFC.

La stagione 1985 fu quella del ritorno alla gloria dei Chicago Bears, squadra storica della NFL, gia’ vincitrice di otto titoli ma decaduta dopo la fusione con la AFL. I Bears furono gli assoluti dominatori della stagione regolare con un record di 15-1 e spazzarono via tutti gli avversari ai playoff concedendo 0 punti sia nel divisional contro i Giants che nel championship contro i Rams. Il football giocato dagli uomoni allenati da Mike Ditka era “old school”: difesa tosta e gioco di corsa efficace e martellante. Il difensive coordinator della squadra, con pieni poteri, era Buddy Ryan, inventore della “46 defense” che porto’ al successo i Bears. Si trattava di una difesa che giocava con un fronte a 4 sulla linea, 3 linebacker e 4 defensive back ma la safety, diversamente dal solito, si spostava nella posizione di linebacker per favorire i blitz, facendo diventare lo schieramento di fatto un 4-4-3. Altre caratteristiche erano che i cornerback giocavano principalmente la copertura bump and run mentre entrambi gli outside linebacker si schieravano sullo stesso lato due o tre yard dietro la linea di scrimmage. Ryan mandava a blitzare dai cinque agli otto giocatori su ogni gioco, in modo da arrivare velocemente addosso al quarterback avversario o distruggere sul nascere i giochi di corsa. La difesa prende il nome dal numero di maglia di Doug Plank, il giocatore che giocava titolare proprio nella posizione di safety quando Ryan ideo’ lo schema. Per giocare una difesa cosi’ rischiosa c’era bisogno di giocatori di grande qualita’ e aggressivita’ e ai Bears del 1985 non mancavano di certo: Richard Dent, William “Refrigerator” Perry, Mike Singletary sono i nomi piu’ famosi, ma anche Dan Hampton, Otis Wilson, Todd Bell e Gary Fencik furono uomini fondamentali in quel sistema. Nel reparto offensivo la stella era senza ombra di dubbio il runningback Walter Payton, nella sua posizione probabilmente il migliore ogni epoca, certamente il piu’ produttivo al momento del suo ritiro. Il suo stile di corsa era potente e tendente a correre sopra il difensore invece di cercare la sideline, cosa che lo ha portato a compiere azioni memorabili asfaltando i difensori che cercavano di fermarlo.

William Perry segna un TD al Super Bowl XX

Nella stagione 1985 ad aprirgli la strada c’era un fullback molto particolare: si trattava del defensive end al primo anno noto come “Fridge”, alias William Perry. Date le sue dimensioni (188 cm per 160 kg) il “frigorifero” era particolarmente adatto a bucare la linea difensiva avversaria, tanto che ebbe anche alcune portate di palla sulla goal line e segno’ anche un TD (quello del 44 a 3) nel Super Bowl, firmando uno dei momenti piu’ memorabili della partita. La AFC vide arrivare per la prima volta al grande ballo i New England Patriots, senza che in realta’ facessero niente di eccezionale durante la regular season, iniziata male con 2-3, proseguita alla grande con 6 W consecutive e terminata con un 3-2. I giocatori di quella squadra non sono certo rimasti nella storia di questo sport, se si eccettua forse il wide receiver Irvin Fryar. Il resto dell’attacco contava sul quarterback Tony Eason che ebbe una stagione non certo positiva, sostituito in qualche partita da Steve Grogan, niente di piu’ che una buona riserva. Il vero cavallo da tiro dei Patriots era il runningback Craig James che ebbe una stagione da piu’ di 1200 yard, ma fu l’unica della carriera. Un po’ meglio il reparto difensivo, quinto nella lega per yard concesse e secondo come numero di TD concessi su passaggio. Il leader era il linebacker Andre Tippett, eterno nominato per la Hall Of Fame di Canton. La partita vide la segnatura piu’ veloce del Super Bowl (1:19 dall’inizio) grazie ad un field goal dei Patriots dopo un fumble recuperato, ma fu praticamente senza storia: l’enorme differenza tra la forza della difesa di Chicago e la debolezza dell’attacco di New England non permise alla Cenerentola del Massachusets di coronore il sogno. Nel primo tempo i Patriots furono tenuti a -19 yard di total offense, due passaggi completati e un solo primo down, mentre i Bears conquistavano 236 yard segnando 23 punti, guidati dal quarterback Jim McMahon, discreto passatore e buono scrumbler. Il miglior giocatore della partita fu per la seconda e ultima volta un difensive end: Richard Dent, con 1,5 sack e due fumble forzati.
Nelle due settimane precedenti al Super Bowl, i Chicago Bears incisero anche una canzone rap, la famosa “Super Bowl Shuffle”, cantata dalla Chicago Bears Shufflin’ Crew, che includeva “Sweetness” Walter Payton, “Punky QB” Jim McMahon e “Samurai” Mike Singletary. La canzone raggiunse addirittura una nomination al Grammy nella categoria ‘Best Rhythm & Blues Vocal Performance—Duo or Group’ per la prima e molto probabilmente ultima volta per una squadra sportiva. Il ricavato delle vendite e dei diritti fu devoluto in beneficenza.

Nelle stagioni 1986 e 1987 i dominatori della AFC furono i Denver Broncos ed i Cleveland Browns. Dalla loro sfida si decise infatti entrambe le volte la partecipante alla finale del campionato. I Broncos erano allenati da Dan Reeves (detentore del record di apparizioni al Super Bowl come giocatore o allenatore con 9 presenze) e guidati in attacco dal leggendario John Elway, prima scelta del fortunatissimo draft 1983, che vide entrare nella lega anche Dan Marino e Jim Kelly, come dire mezza storia degli anni 80 e 90 della NFL. Elway era un giocatore molto carismatico che riusciva a dare il massimo sotto pressione, quando la squadra doveva rimontare. Non per niente le due finali di conference contro i Browns di Marty Schottenheimer guidati da Bernie Kosar ed Earnest Byner furono partite molto combattute e vinte dai Broncos in rimonta. Nella partita del 1986, sotto 20-13 a poco piu’ di 5 minuti dalla fine, i Broncos recuperano la palla sulla linea delle due yard e da li’ Elway mise insieme quello che passo’ alla storia come ”The Drive”, guidando la squadra per 98 yard fino al TD del pareggio in 4’:53’’. In quindici giochi Elway completa 6 passaggi su 8, tra cui un ‘drammatico’ terzo e 18, e corre per 20 yard. Nel supplementare altro ottimo possesso (9 giochi per 60 yard) che porta alla vittoria di Denver.

Lawrence Taylor

Al Super Bowl XXI pero’ i Broncos si trovano di fronte i New York Giants di Bill Parcells. Il coach soprannominato “The Big Tuna” (non per le sue dimensione ma per aver risposto incredulo ad una domanda di un giocatore: Chi credi che io sia? Charlie il Tonno?) aveva plasmato una squadra da old time football: fenomenale in difesa e con un attacco basato sulle corse di Joe Morris (piu’ di 1500 yard). Per l’attacco aereo c’era poi Phil Simms, quarterback molto accurato il cui target principale era il tight end Mark Bavaro. Il reparto difensivo di quei Giants, i “Big Blue Wrecking Crew”, erano guidati da Lawrence Taylor, probabilmente il miglior linebacker della storia del football (20 sack e mezzo in stagione), e non avevano concesso piu’ di 20 punti in 14 gare di regular season su 16. Nei playoff poi avevano dato spettacolo: 3 punti subiti in due gare. Prima del Super Bowl, lo scontro piu’ atteso era proprio quello tra il grande quarterback dei Broncos e la super difesa dei Giants la partita dimostro’ come Elway fosse in grado di mettere in difficolta’ Taylor e compagni, almeno per un tempo: 10-9 all’intervallo per i Broncos. Da li’ in poi il dominio fu di Simms, che concluse con una delle piu’ impressionanti prestazioni di un quarterback in un Super Bowl: 22 su 25 per 268 yard e tre mete, con un rating di 150.9.

L’anno successivo Elway ci riprova e castiga ancora i Browns nella finale di conference: domina il primo tempo, si ritrova in parita’ verso la fine della gara e ovviamente segna un TD a cinque minuti dalla fine per il 38-31. L’epilogo all’overtime come l’anno precedente era molto probabile perche’ i Browns riuscirono ad arrivare fino alle 8 yard di Denver a 1’:20’’ dal termine e affidarono la palla a Byner, l’uomo della gara fino a quel punto. Il gioco e’ ricordato oggi come ‘The Fumble’ perche’ il defensive back Jeremiah Castille riusci’ a strappare la palla al running back. Palla ricoperta dai Broncos sulle 2 yard (nello stesso punto in cui era iniziato ”The Drive” l’anno prima) e Broncos per il secondo anno consecutivo al Super Bowl (il XXII), in cui si trovano di fronte i Washington Redskins , alla terza apparizione della decade al grande ballo.
Doug Williams, primo QB afroamericano a vincere un Super Bowl
Questa volta la storia del quarterback vincente tirato fuori da Joe Gibbs e’ molto singolare: Doug Williams fu una scelta di primo giro dei Tampa Bay Buccaneers, ma dopo 5 anni di purgatorio si accaso’ nella USFL. Defunta la lega, Williams rimase senza impiego finche’ Gibbs non gli offri’ il posto di riserva di Jay Schroeder nel 1986, stagione in cui gioco’ in una sola gara. Nel 1987 gli infortuni e il gioco non convincente del titolare portarono al cambio in regia e Williams divenne titolare per le ultime 5 gare di regular season e per i playoff, divenendo il primo QB afroamericano a vincere la finale NFL. La partita si mise bene all’inizio per i Broncos, con Elway che lancio’ un TD da 56 yard, per la meta piu’ veloce della storia del Super Bowl (erano passati solo 1’:57’’). Dopo un FG per il 10-0, i Redskins segnarono 42 punti senza alcuna reazione da parte degli uomini di Reeves. Nel solo secondo quarto ne misero a segno 35 giocando il piu’ impressionante quarto offensivo della storia del Super Bowl: Williams completo’ 9 passaggi su 11 per 228 yard e 4 mete, Ricky Sanders ricevette per 168 yard e 2 TD, mentre il RB Timmy Smith, un rookie alla sua prima partita da titolare, corse per 168 yard e realizzo’ una meta. Alla fine concluse con 204 yard e 2 TD, ma il premio di miglior giocatore ando’ al suo QB.

La cosa che piu’ impressiona dell’Elway di quei primi anni e’ che e’ stato capace di vincere usando tutti i ricevitori a sua disposizione (Mark Jackson, Vance Johnson e Steve Watson) e senza un go-to guy; se poi aggiungiamo il fatto che non aveva il supporto di un gran gioco di corsa (Sammy Winder era il leading rusher con circa 700 yard in entrambe le stagioni) si capisce chi sia stato il vero artefice dei successi di quegli anni. La vittoria al Super Bowl per Elway arrivera’ pero’ nella stagione 1997 quando il suo gioco sara’ supportato da un gran running back e da una buona difesa, a testimoniare come un solo uomo non possa fare una squadra vincente.

Gli scioperi

La decade 1980-1989 fu caratterizzata anche dagli scioperi: ce ne furono due che causarono la riduzione della regular season. Il piu’ importante fu certamente quello del 1982, quando il campionato si fermo’ per 57 giorni, dal 20 settembre al 16 novembre. Furono annullate 7 giornate della regular season e si uso’ un formato inusuale per i playoff, con 16 squadre alla postseason prendendo le 8 con record migliore per ogni conference.

La copertina di SI dedicata allo sciopero del 1982

La protesta dei giocatori inizio’ quando fu possibile la pubblicazione dei salari da parte della NFLPA (National Foootball League Player Association) grazie ad una sentenza del tribunale. Cosi’ furono palesi per tutti le incongruenze di un sistema in cui un titolare poteva guadagnare meno del suo backup ed in cui i giocatori prendevano solo le “briciole” lasciando il grosso degli introiti ai proprietari. La NFLPA decise di chiedere ai proprietari che il 55% degli introiti della lega destinati alle squadre fossero divisi tra i giocatori, in base agli anni di servizio, il tempo di gioco ed il rendimento individuale e di squadra. L’assemblea dei proprietari rifiuto’ la proposta dichiarando di non voler avere i giocatori come partner d’affari. La contrattazione collettiva si areno’ sulle due posizioni nette e distanti, ed i rappresentanti dei giocatori proclamarono lo sciopero dopo la seconda giornata di regular season. I giocatori rimasero senza stipendio per tutta la durata dell’agitazione e si organizzarono per giocare delle partite ufficiali con squadre “inventate” per l’occasione per guadagnare un po’ di soldi per la causa e per farsi un po’ di pubblicita’. Ovviamente rischiarono grosso perche’ senza il permesso delle societa’ non avrebbero potuto giocare delle partite ufficiali mettendo a rischio la propria incolumita’. Lo sciopero termino’ solo nel momento in cui apparve chiaramente che se non si fosse ripreso a giocare la stagione sarebbe stata definitivamente annullata, ma solo dopo che i proprietari acconsentirono ad adottare un sistema di salari e benefit piu’ vicino a quello richiesto dai giocatori, garantendo almeno 1.28 miliardi di dollari ai giocatori per le stagioni 1983-1987 (la cifra rappresentava piu’ del 50% degli introiti previsti). Alla fine i giocatori accettarono l’accordo non senza ulteriori dissensi: alcune squadre (Lions, Bears, Patriots) si rifiutarono di tornare ad allenarsi finche’ non fosse firmato ufficialmente l’accordo, mentre altre (49ers e Saints per esempio) era gia’ tornate al lavoro prima che fosse raggiunta l’intesa. L’accordo di contrattazione collettiva (o CBA, Collective Bargaining Agreement) fu firmato il 5 dicembre 1982; all’atto della firma i proprietari pagarono ai giocatori dei benefit in piu’ per rimborsarli dei soldi non guadagnati durante lo sciopero.
Con questo accordo i giocatori ottennero degli aumenti sui salari minimi, la pensione, la paga per la preseason, una certa protezione in caso di infortuni e altri benefici economici. Inoltre migliorarono la loro situazione dal punto di vista medico, aggiudicandosi il diritto ad una seconda opinione medica, a scegliere il chirurgo da cui farsi operare e ad accedere alle cartelle cliniche della squadra. Alla fine l’accordo non cambio’ il sistema della NFL (valeva sempre il first refusal/compensation system per cui una squadra che riceva un’offerta per un free agent poteva pareggiarla o ottenere una grossa compensazione in cambio), ma ottenne il risultato di aumentare la fetta degli introiti per i giocatori e maggiori informazioni per contrattare il salario da parte degli stessi.
Nel 1983 cambio’ il direttore esecutivo della NFLPA: Gene Upshaw, presidente dell’associazione durante lo sciopero del 1982, assunse la carica lasciata vacante da Ed Garvey e fu il protagonista principale dell’inizio dell’era della vera e propria free agency. In vista della scadenza del CBA, Upshaw si incontro’ con i giocatori e capi’ che per loro la necessita’ piu’ impellente era modificare il sistema in modo da permettere ai giocatori di contrattare con maggiore liberta’ i propri contratti con altre squadre e di cambiare franchigia con maggiore facilita’. Durante tutto il periodo di validita’ del CBA del 1982 un solo giocatore ricevette un’offerta da un’altra squadra nonostante circa 500 fossero divenuti “free agent”. Nel 1987 quindi la proposta principale sul tavolo delle trattative era la riforma totale del sistema della free agency, ma i proprietari rifiutarono nettamente ed i giocatori proclamarono un altro sciopero che duro’ 24 giorni e ridusse le partite di regular season da 16 a 15: la terza giornata fu cancellata, ma le giornate dalla 4 alla 6 furono giocate con dei rimpiazzi. L’associazione dei proprietari infatti, forte dell’esperienza di 5 anni prima, si attivo’ per firmare dei giocatori senza contratto (principalmente quelli tagliati nella offseason precedente) per farli giocare insieme a poco meno del 15% dei giocatori “veri” che non aveva aderito allo sciopero in modo che lo show potesse continuare.
Lo sciopero’ fu revocato ed i giocatori tornarono a giocare senza un CBA, ma passarono alle vie legali per raggiungere i propri scopi: inizio’ cosi’ un braccio di ferro legale tra la NFLPA e l’associazione dei proprietari che porto’ prima ad un sistema che restringeva a soli 37 giocatori per squadra il sistema del first refusal e poi, nel 1992, alla free agency cosi’ come la conosciamo: in cambio i giocatori dovettero accettare un salary cap per le franchigie, in modo da non far lievitare troppo i costi per i proprietari.

La USFL

Nella prima meta’ degli anni 80 nacque il concorrente piu’ temibile della NFL per quanto riguarda il football professionistico: l’11 maggio 1982 David Dixon, un imprenditore di New Orleans annuncio’ la nascita della United States Football League, composta da 12 squadre. L’idea iniziale era quella di “riempire i buchi” lasciati dalla NFL, giocando il campionato tra marzo e giugno e cosi’ fu nella stagione 1983, la prima della nuova lega, e in quella seguente. Alla fine del 1984 la USFL decise invece di competere direttamente con la NFL spostando il campionato 1986 nei mesi autunnali, ma questo non avvenne mai perche’ la lega falli’ dopo il campionato 1985 e un’azione legale persa contro la NFL per violazione della legge antitrust.
La USFL, pur nella sua breve vita, fu una lega importante in cui giocarono giocatori da Hall Of Fame come Jim Kelly, Steve Young e Reggie White e altri comunque di primo piano come Herschel Walker, Doug Flutie, Doug Willims, Gary Zimmerman e Sean Landeta.
La USFL inoltre e’ stata utile anche per le innovazioni regolamentari apportate al football professionistico, tutte puntualmente importate in seguito dalla NFL. Le principali sono la conversione da due punti dopo la meta e la possibilita’ di invertire le decisioni arbitrali con un challenge grazie all’ instant replay.

Altri fatti importanti della decade

Bibliografia

- http://www.nfl.com/history
- www.pro-football-reference.com
- www.wikipedia.com

Decades | by Ciro de Mauro | 26/02/07

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