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1958 NFL Championship: Baltimore Colts-New York Giants


28 Dicembre 1958, Yankee Stadium, New York

65.185 spettatori

La finale NFL del 1958 fu secondo alcuni la migliore partita di football mai giocata. Di certo rappresentò il punto di svolta per il seguito popolare di questo sport. Più di 60.000 spettatori gremirono lo Yankee Stadium e soprattutto circa 50 milioni di persone seguirono questo incontro alla televisione. Da quel momento in poi la finale NFL iniziò a insidiare alle World Series di baseball il titolo di evento sportivo dell’anno.

Di fronte, i New York Giants ed i Baltimore Colts. I Giants, divenuti popolarissimi a New York dopo la vittoria del titolo nel 1956, erano una squadra basata sulla difesa. Poderosa la linea difensiva, composta da Jim Katcavage, Roosevelt “Rosey” Grier, Dick Modzelewski e Andy Robustelli. Ottime anche le secondarie, specie le safeties: Jim Patton ed Emlen Tunnell. Patton totalizzò 11 intercetti nella stagione 1958 (migliore nella NFL), Tunnell fu definito dal suo head coach Jim Lee Howell “la migliore safety di tutti i tempi”. Lo stesso Tunnell sarebbe stato il primo giocatore di colore ad essere eletto nella Hall of Fame, nel 1967. Ma il giocatore simbolo di quella difesa era il feroce Sam Huff: metà middle linebacker, metà kamikaze.

L’attacco era meno stellare, e si basava sulle prodezze del quarterback Charlie Conerly, dell’end Kyle Rote e dell’halfback Frank Gifford. Questo trio era supportato dai running backs Alex Webster e Mel Triplett, dal lineman Roosevelt Brown e dall’affidabile ricevitore Bob Schnelker.

I favori dei pronostici erano tutti dalla loro parte, anche perché avevano già battuto i Colts durante la stagione regolare e si erano imposti per ben 3 volte sui temibili Cleveland Browns.

L’Head Coach era Jim Lee Howell, una persona cordiale che delegava parecchio ai suoi principali assistenti: Vince Lombardi per l’attacco e Tom Landry per la difesa.

I Baltimore Colts, guidati dall’head coach Weeb Ewbank, avevano il migliore attacco della lega, grazie ad una linea guidata dal possente Jim Parker e all’apporto di gente come l’halfback Lenny Moore, il fullback Alan “The Horse” Ameche , il runner L.G. Dupre e l’end Raymond Berry.

Il loro quarterback Johnny Unitas, allora 25-enne al terzo anno tra i professionisti, non era ancora considerato una superstar. Quel giorno divenne il principale artefice della vittoria, conducendo due drives da manuale nei momenti topici.
“In questa lega o prendi dei rischi o sei destianto alla morte” ricordò in seguito.
“Non so se si possa parlare di ‘rischio calcolato’, ma è esattamente quello che feci quel giorno. Sono relativamente piccolo rispetto ai giocatori di difesa, e così per uscirne vivo devo prendermi dei rischi”.

La difesa dei Colts era, seppur solida, ritenuta inferiore a quella dei Giants. Notevole fu il contributo delle secondarie, grazie alle quali i Colts condussero le lega in intercetti (35): le safeties Ray Brown e Andy Nelson ne collezionarono 8 a testa, Carl Taseff 7. Il reparto linebackers era guidato da Bill Pellington, ma le vere stelle erano schierate in linea: il defensive end Gino Marchetti ed i tackles Art Donovan e Gene “Big Daddy” Lipscomb erano il terrore degli attacchi avversari.

Primo quarto

Primi drives dei Colts, pur non portando punti, furono determinanti per lo sviluppo della gara. Innanzitutto i Giants raddoppiarono la copertura sull’half back Lenny Moore, dopo che questi aveva ricevuto un passaggio di Unitas da 60 yards. In questo modo c’era spesso un solo uomo a coprire Berry, un errore che sarebbe risultato fatale. In secondo luogo il kicker dei Colts Steve Myhra si fece bloccare un field goal a causa di un errore della guardia Art Spinney, che lasciò libero Sam Huff. Spinney fece tesoro dell’errore, e lo dimostrò nei secondi finali della partita quando i Colts calciarono un altro field goal.

Il coach dei Giants, Jim Lee Howell, sostituì il QB Don Heinrich con Charlie Conerly.

Era una mossa piuttosto consueta per Howell, che preferiva far partire Heinrich titolare per lasciargli studiare la difesa avversaria, mentre Conerly prendeva nota sulle sidelines per poi subentrargli. Howell era convinto che gran parte delle difese tendevano a blitzare soprattutto ad inizio gara, e così facendo poteva proteggere il 37-enne Conerly, anch’egli uscito malconcio dalle ultime settimane di regular season.

Appena entrato in campo, Conerly non perse tempo portando i Giants fino alle 29 yards di Baltimore, spianando la strada al field goal da 36 yards di Pat Summerall, con cui si aprirono le marcature sul finire del periodo.

Di sicuro non furono i migliori 15 minuti della storia.

Secondo quarto

I Colts cominciarono a dare segni di risveglio quando Big Daddy Lipscomb recuperò un fumble di Frank Gifford sulle 20 dei Giants. Ameche, grazie ad un blocco devastante di Jim Parker, andò in meta con una corsa da 2 yards. Myhra mise a segno il punto addizionale: Baltimore 7, New York 3.

I Giants non combinarono nulla neppure nel drive seguente, ma ricevettero un enorme regalo dai Colts quando Jackie Simpson commise fumble su un punt, recuperato da Mel Guy sulle 10 dei Colts.

Ma New York sprecò l’occasione d’oro quando Frank Gifford perse un altro fumble dopo una collisione con Rosie Brown. Il fumble fu recuperato da Don Joyce dei Colts.

“Mi sentii davvero male dopo quell’errore” ricordò Gifford in seguito.
“Stavamo per segnare e invece perdemmo palla e segnarono i Colts. Quello fu l’episodio che cambiò le sorti della partita”.

La difesa dei Giants iniziò a mostrare preoccupanti segni di cedimento: il tackle Rosie Grier, infortunatosi contro i Browns, era semplicemente troppo malandato per poter contribuire in modo efficace.

Unitas salì in cattedra, spiazzando la difesa dei Giants con un drive magistrale da 88 yards, alternando corse sull’esterno per Lenny Moore e corse centrali per Ameche, per poi lavorare di fioretto con corti passaggi per Raymond Berry. L’ultima azione fu un passaggio da 15 yards per il TD dello stesso Berry, dopo una finta per Ameche.

I Colts andarono al riposo in vantaggio per 14-3.

Nonostante la partenza lenta, Baltimore guadagnò quasi 200 yards, contro le 86 dei Giants. Lombardi suggerì ad Howell una nuova strategia, proponendo di usare l’inefficace Gifford come esca.

Terzo quarto

Con un ottimo drive Baltimore avanzò sulle 3 yards dei Giants. First & goal e opportunità di chiudere la partita. Ma la difesa dei Big Blue diventò grande protagonista.

Primo down: Alan Ameche provò lo sfondamento centrale, guadagnando soltanto 1 yard. Secondo down: Unitas provò ad avanzare con una sneak ma non ne ricavò granchè. Terzo down: nuovo tentativo di Ameche ma la linea dei Giants resistette ancora. Quarto down con i Colts ad 1 yard dal touchdown. Unitas chiamò time out e andò a parlottare con Weeb Ewbank.

“Prendemmo in considerazione l’ipotesi di calciare un field goal, ma volevo seppellirli con un touchdown” disse in seguito l’Head Coach. Allora Unitas consegnò la palla ad Ameche, che avrebbe dovuto lanciarla al tight end Jim Mutscheller nella end zone. Mutscheller era libero, ma il linebacker dei Giants Cliff Livingston intuì tutto e si avventò su Ameche prima che questi potesse lanciare, facendogli perdere 4 yards.

“Non li avremmo mai fatti segnare” ricordò Sam Huff. “Eravamo come animali selvaggi. Non gli concedemmo niente”.

La gioia dei fans newyorchesi fece esplodere lo Yankee Stadium. Quella goal line stand infuse linfa vitale all’attacco dei G-Men. Su un 3rd&2 dalle proprie 13 yards, Conerly finse un handoff per Gifford e lanciò per Kyle Rote sulle 40. Rote si liberò di alcuni difensori, prima di essere placcato sulle 25 dei Colts perdendo la palla. Ma il fumble fu recuperato dal suo compagno di squadra Alex Webster che giunse ad una sola yard dalla goal line. Due azioni dopo, Mel Triplett trovò il touchdown con una corsa centrale. 14-10 per Baltimore, ma il morale era adesso tutto dalla parte dei Giants.

“Il rumore del pubblico era qualcosa di indescrivibile. Un solido muro di suono” scrisse Tex Maule di Sports Illustrated.

La difesa dei Giants sfruttò appieno il momento positivo : Modzelewski irruppe due volte nel backfield, prima sackando Unitas e poi costringendolo ad uscire dalla tasca. Baltimore fu costretta al punt. L’attacco di New York tornò in campo sulle ali dell’entusiasmo. Conerly completò un passaggio da 17 yards per Bob Schnelker. Poi finse un handoff per Webster e imbeccò ancora Schnelker con un passaggio da 46 yards su una fake double reverse. I Giants si trovarono così sulle 15 dei Colts.

Quarto quarto

Dopo 53 secondi dall’inizio dell’ultimo quarto Conerly trovò Gifford, coperto da un linebacker, nell’angolo sinistro della end zone per un passaggio in touchdown. Summerall realizzò l’extra point per il vantaggio: 17-14. Questa chiamata dovette molto al lavoro di “spionaggio” di Wellington Mara, consigliere dei Giants e figlio del presidente Tim Mara. Durante la prima metà scattò dalla sala stampa delle foto allo schieramento difensivo dei Colts, notando come le secondarie tendessero a riversarsi sul lato destro.

Col passare dei minuti le cose sembrarono mettersi molto male per Baltimore. Prima fu fallito un field goal da 46 yards di Bert Rechichar (che si incaricava dei tentativi dalle lunghe distanze). Poi Unitas subì 2 sacks consecutivi, prima da Robustelli e quindi da Modzelewski. I Colts furono costretti al punt.

“A quel punto dovevamo soltanto tenere la palla, far trascorrere il tempo e non avrebbero avuto altre opportunità” ricordò Alex Webster.
“Tutto girava dalla nostra parte, sembrava davvero che la partita fosse nostra”.

I Giants ripartirono dalle proprie 19 con l’intento di consumare minuti preziosi. Mancavano 2:30 alla fine. In sala stampa i giornalisti erano talmente convinti che la partita fosse chiusa che votarono Charlie Conerly come MVP. La decisione si sarebbe poi rivelata temporanea. In una situazione di 3rd&4 sulle proprie 40, con i Giants schierati in una formazione a T, Gifford andò per una power sweep sulla destra sfruttando i blocchi di Roosevelt Brown e Bob Schnelker. Un primo down avrebbe potuto assicurare il successo, ma Marchetti ed il linebacker Don Shinnick afferrarono Gifford. Big Daddy Lipscomb fece anch’egli per avventarsi su di lui ma rovinò sulla gamba destra di Marchetti.

Fu caos totale: mentre quest’ultimo si contorceva dal dolore l’arbitro Charley Berry stabilì che non c’era stato primo down. “Feci primo down. Ne sono sicuro” disse in seguito Gifford.
“Ma Marchetti si ruppe una gamba e urlava come una pantera ferita. C’era molta confusione. Passò parecchio tempo prima che fu portato fuori dal campo”.

“Gli arbitri erano così preoccupati per Marchetti che dimenticarono dove piazzare la palla” ricordò Rote.

Howell si trovò a dover prendere una decisione cruciale. Avrebbe potuto provare a guadagnare quei pochi centimetri per il primo down e lasciare che l’attacco facesse scadere il tempo. Oppure propendere per il punt e affidarsi alla difesa. I suoi giocatori d’attacco non avevano dubbi.

“Ci servivano pochissimi centimetri” disse la guardia Jack Stroud.
“A quel punto avremmo potuto attraversare un muro di mattoni. Inoltre Marchetti era fuori uso, e chiunque gli fosse subentrato non sarebbe stato alla sua altezza”.

Howell decise per il punt. Anni dopo Vince Lombardi si dichiarò concorde con quella decisione: “Avrei fatto la stessa cosa. E lo farei tuttora”.

“Dopo la partita mia moglie mi disse che non si può vincere dando via la palla” ammise successivamente.
“Ma sapevo che Don Chandler avrebbe calciato lontano e pensavo che la difesa potesse contenerli”.

Effettivamente Chandler calciò la palla fino alle 14 dei Colts. New York rispolverò la prevent defense, coprendo le zone laterali e le traiettorie profonde.

Mancava 1:56 e l’aria era elettrica. Una nebbia fredda e grigia cominciò a calare sullo Yankee Stadium, quasi come presagio degli eventi che di lì a poco si sarebbero verificati.

Ben presto fu terzo down e 10, dopo che Johnny Unitas lanciò due incompleti. I Colts erano a 86 yards dalla end zone, con soli 79 secondi sul cronometro. A quel punto il vento cambiò e fu Storia.

“Eravamo talmente disgustati dal modo in cui avevamo giocato che ci avventammo sui Giants con una furia cieca” ricordò Unitas. Su quel cruciale terzo down Unitas trovò Moore per 11 yards ed un primo down. Poi The Master iniziò a far danni alla difesa dei Giants con tre passaggi per Raymond Berry: prima lo imbeccò su una slant centrale per 25 yards, poi un passaggio da 16 yards per una spettacolare presa in tuffo sulle 35 dei Giants e infine uno da 21 yards eludendo la copertura di Carl Karilivacz. I Giants erano stati troppo intenti nel coprire le lunghe tracce percorse da Moore, lasciando Berry in singola copertura. Quest’ultimo non era molto veloce, portava le lenti a contatto, un busto per proteggere la schiena malandata ed una scarpa correttiva perché aveva una gamba più corta dell’altra. Ciò nonostante riuscì a ricevere qualunque cosa venisse lanciata dalle sue parti.

Tom Landry ricorda che “A quei tempi, prima che il passing game divenisse così evoluto, la perfezione di Unitas e Berry era davvero straordinaria”.

Grazie al duo Unitas-Berry, i Colts avanzarono fino alle 13 yards di New York, con 19 secondi alla fine. Con nessun time out a disposizione, le squadre speciali entrarono in campo e, senza neppure la possibilità di un huddle, Myhra mise a segno il field goal da 20 yards. Sul cronometro mancavano solo 7 secondi . Per la prima volta nella NFL una finale andava al supplementare. Il primo che avrebbe segnato avrebbe vinto.

“Dissi a me stesso che avrei fatto bene a realizzarlo, quel field goal” disse Steve Myhra, kicker nervoso e poco affidabile (nella stagione regolare aveva realizzato solo 4 FG su 10 tentativi). “In caso contrario per me sarebbe stato un lungo e freddo inverno nella mia fattoria nel North Dakota”.

Supplementare

Allo scadere dei regolamentari, per qualche momento in campo regnò la confusione. Alcuni giocatori non sapevano che ci sarebbe stato l’overtime. Per lo stesso motivo, alcuni telespettatori spensero la TV.
Marchetti, che aveva osservato l’ultimo drive dei suoi su una barella dietro la end zone, fu portato negli spogliatoi.

Unitas raggiunse metà campo assieme ai capitani dei Giants, Kyle Rote ed il linebacker Bill Svoboda, per il lancio della moneta. L’arbitro Ron Gibbs effettuò il lancio e Unitas scelse croce. Fu la sua unica decisione sbagliata in quel supplementare. I Giants scelsero di ricevere.

Don Maynard, che in seguito sarebbe diventato il leader all-time in yards ricevute, ma che allora era un rookie dei Giants, commise fumble sul kickoff. Recuperò palla e la portò sulle 20 yards. Ma fu subito chiaro che i Giants avevano finito la benzina. Sul primo down, Gifford guadagnò 4 yards. Sul secondo down, Conerly fallì un passaggio per Schnelker che, se completato, avrebbe garantito il primo down.
Sul terzo down, Conerly cercò ancora il passaggio ma, non vedendo alcun ricevitore libero, andò in scramble sul lato destro venendo colpito prima dal linebacker Bill Pellington e poi da Don Shinnick, che lo fermarono a pochi centimetri dal primo down, sulle 29 yards.
Don Chandler fu così costretto al punt. I Colts ripartirono dalle proprie 20. “Nell’huddle, prima di cominciare quel drive, Johnny ci disse che saremmo arrivati fino in fondo e che avremmo segnato” disse Ameche. “Noi tutti gli credemmo”. “Avevamo tutti fiducia in Johnny” ricordò Berry, che aveva stabilito un record per un championship game: 12 ricezioni per 178 yards. “Non so come spiegarlo, ma ero assolutamente convinto che avremmo segnato con quel drive”. Dopo aver raggiunto le proprie 43 con due corse di L.G. Dupre ed un passaggio per Ameche, Unitas subì un sack da Modzelewski con conseguente perdita di 8 yards. Terzo down e 15, tensione alle stelle. I Colts si schierarono in una nuova formazione, la slot right. Moore, la prima opzione, era coperto. Unitas allora trovò il fidato Berry per un guadagno di 21 yards ed il primo down. Modzelewski continuò a dare problemi al backfield, così Unitas chiamò una trap per Ameche. La decisione fu esatta: Modzelewski mise pressione a Unitas, ma venne bloccato da Art Spinney. Huff era impegnato a coprire un ricevitore e così Ameche si fece strada centralmente per un guadagno di 23 yards, arrivando sulle 20 dei Giants.

Una slant per Berry portò i Colts sulle 8. Alcuni tifosi di Baltimore staccarono involontariamente un cavo e per due minuti e mezzo fu blackout televisivo. Diversi secondi dopo, un fan face irruzione sul campo, costringendo gli arbitri a chiamare time out per restaurare l’ordine. Unitas ne approfittò per dirigersi da Ewbank. “Gli dissi di tenere la palla a terra per non rischiare l’intercetto” confessò Ewbank. “Avremmo tentato il field goal se le corse si fossero rivelate inefficaci”. Sul primo down, Ameche guadagnò una yard con una corsa sulla destra. Sul secondo down accadde l’imprevisto: Unitas azzardò un passaggio rischiosissimo per Mutscheller. Se i Giants l’avessero intercettato, l’avrebbero riportato con ogni probabilità in touchdown. Invece il passaggio sorvolò pericolosamente Cliff Livingston e fu ricevuto da Mutscheller. Baltimore si trovava ad una sola yard dal touchdown. Nonostante avesse funzionato, quella scelta fu discussa da molti. “Non c’è alcun rischio quando sai dove stai lanciando” disse Unitas. “Se avessi visto il pericolo di un intercetto, l’avrei lanciata via. Dissi a Jimmy di correre velocemente e tutto ciò che dovetti fare fu passargli la palla”.

E così fu terzo down ad una yard dalla end zone. E ancora una volta Unitas beffò la difesa dei Giants chiamando una corsa di Ameche detta “16 power” sulla destra, anziché optare per una dietro Parker, il suo miglior lineman, sulla sinistra. Non appena Unitas diede palla ad Ameche, Mutscheller e Moore stesero rispettivamente Livingston e Tunnell. Alex Sandusky e George Preas aprirono un enorme spazio e Ameche irruppe nella end zone.

I Colts avevano vinto 23-17, e Unitas fu nominato MVP, titolo che originariamente sembrava destinato a Conerly.
“Appena diedi palla ad Ameche e lo vidi partire, sapevo che nessuno l’avrebbe fermato, neppure se avesse dovuto percorrere 10 yards”, dichiarò Unitas.
Alcune cifre: Baltimore conquistò 27 primi down, contro i 10 dei Giants. Totale yards: 460 per i Colts, 266 per i Giants. Unitas completò 26 passaggi su 40, per 361 yards. Berry ricevette 12 passaggi per 178 yards.

Conclusioni

Alcuni pensano che i Giants persero la partita quando Myhra mise a segno il field goal del pareggio, a 7 secondi dalla fine dei regolamentari.
“Sedevo accanto a Charlie Conerly durante quell’ultimo drive dei Colts verso la fine dei regolamentari” ricordò Frank Gifford. “Charlie era stremato, così si girò verso me dicendo ‘Spero che non si vada al supplementare, perché non ce la faccio più’. Quell’anno combattemmo tante battaglie, e alla fine si era rotto qualcosa.”
“Eravamo totalmente scoppiati” gli fece eco Howell.
Discorso opposto per i giovani ed affamati Baltimore Colts.
“All’inizio dell’overtime eravamo ancora pieni di energie” disse Moore. “Ero fresco come una rosa, avrei potuto giocare per altre tre ore”.
“Unitas era un genio. Fu davvero perfetto in quei due drives” ammise Sam Huff.
Nessuna partita prima di questa classica del 1958 ebbe un impatto così grande su questo sport. E nessun’altra l’avrebbe avuto in seguito. Le chiavi di quel successo ? L’importanza della partita, innanzitutto. Lo svolgersi drammatico delle sue fasi, ma anche un contesto favorevole come un popolo televisivo affamato di football. Anche il fatto che si giocò a New York, la capitale mediatica, ebbe un ruolo cruciale.

Amarcord

La partita fu davvero così memorabile ?
Johnny Unitas: “Sono sempre stato del parere che il Championship del 1958 non fu poi così indimenticabile, almeno fino agli ultimi due minuti dell’ultimo quarto. Per la prima volta una finale veniva decisa al supplementare ed accadde dietro Madison Avenue: questo fece sì che la gente si convincesse di aver visto qualcosa di incredibile”.
Gino Marchetti e Lenny Moore concordarono nel definire Colts- 49ers di quello stesso anno la migliore partita in cui presero parte.
Chris Schenkel: “Fu una partita in cui ci fu tutto: azione, pathos, grandi performance”.
Dennis Lewin, vice presidente di ABC Sports: “Credo che la NFL fu riconosciuta come entità nazionale con quel championship game del 1958. L’esposizione televisiva di quella partita catapultò il football professionistico dritto nella Coscienza Americana”.
Tom Landry riassunse così tutto questo, e probabilmente è quello che più si avvicina alla realtà: “Ci furono alcuni fattori che giocarono a favore di quella partita. C’era la televisione, si giocò a New York, ed il football professionistico era sul punto di esplodere. Tutto ciò si fuse insieme. La considero la più grande partita di sempre per l’ impatto che ebbe”.

Bibliografia

- 75 Seasons: The Complete Story of the National Football League, 1920-1995, Turner Pub
- http://www.ravensnests.com
- The Fireside Book of Pro Football, Simon & Schuster
- Sports Illustrated : The Football Book

Great_Games | by Roberto Petillo | 27/11/06

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