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Eddie De Bartolo Jr.

Una piccola nota di carattere personale come introduzione:
L’ unico piccolo contatto che io, come tifoso, ho avuto con il mondo del personaggio di cui ci accingiamo a raccontare mi ha regalato un’ impressione di sfarzo, di ostentazione, di spreco di soldi e mezzi ma anche di onnipotenza. Nel 1993 sono andato a vedere un’ esibizione tra i 49ers e gli Steelers a Barcelona. Prima della partita mi sono appostato dietro lo stadio nella speranza di incontrare qualcuno dei giocatori e mentre attendevo ho scambiato quattro chiacchiere con uno della security dei 49ers, il quale mi disse che aveva giocato una volta nei Giants, ma il suo stipendio da giocatore era inferiore a quello che gli davano ora per fare il bodyguard a San Francisco. Poi sono arrivati gli autobus dei 49ers, una colonna interminabile, al che ho chiesto al colosso quante persone fossero venute in Spagna al seguito della squadra e lui mi disse candidamente: I think 500 people. Giocatori, staff, dirigenti, cheerleaders, mogli, figli, amici ed amici degli amici, tutti accomodati nei migliori alberghi di Barcelona per circa una settimana a spese della squadra. Io credevo che giocare nella Nfl fosse un Paradiso, ma non immaginavo fino a che punto.

Cambiare le regole.
Una delle caratteristiche principali dei grandi personaggi della storia è incidere a tal punto sul suo corso da modificare alcune delle dinamiche che la regolano, oppure costringere i propri contemporanei a farlo.
Eddie De Bartolo, nel suo piccolo e nel suo ambito, ha contribuito in modo sostanziale, col suo modo spregiudicato di dirigere una franchigia NFL, allo status attuale del mondo del football professionistico Usa. L’ era della ricerca di equilibrio, del salary cap, della free agency e della fine delle dinastie storiche, è stata la diretta conseguenza del “big money spending” col quale Eddie ha portato al successo i 49ers negli anni 80 e 90, ed al quale hanno dovuto adeguarsi i proprietari che volevano stare al suo passo prima dell’ implosione di un intero sistema.

Edward J. De Bartolo, Jr. naque a Youngstown, nell’ Ohio, il 6 novembre del 1946, primogenito di Edward Senior, fondatore della De Bartolo Corporation, una delle maggiori compagnie Americane per la progettazione, sviluppo e costruzione di centri commerciali.

Father figure
Due righe su Eddie Sr. sono quindi d’ obbligo.
Nato nel 1909 da immigrati dal Sud Italia, Eddie Sr. non conobbe mai il proprio padre, Antonio Paonessa, che morì improvvisamente prima della sua nascita. La madre, Rosa Villani, si risposò con Michele De Bartolo, immigrato dalla provincia di Bari, il quale diede il proprio cognome a Edward che, a 17 anni, iniziò a lavorare nell’ impresa edile del padre adottivo trascrivendogli i contratti in Inglese.
Dopo essersi laureato in ingegneria a Notre Dame fondò la Edward J. De Bartolo Corporation e si lanciò nel ramo delle costruzioni immobiliari, specializzandosi nello sviluppo di grandi aree commerciali in corrispondenza dei nuovi insediamenti suburbani man mano che gli Americani nel dopoguerra andavano a vivere in zone sempre più decentrate ed estese.
Al momento della sua morte, nel 1994, la Corporation possedeva un decimo degli spazi su cui sorgevano degli “shopping malls” in tutti gli States.
Nel 1977 De Bartolo Sr. iniziò ad investire nel mondo degli sport professionistici comprando i San Francisco 49ers ed intestandoli al figlio. In seguito sarà proprietario anche dei Pittsburgh Penguins della NHL e di tre ippodromi, mentre resteranno senza successo i tentativi di comprare i Chicago White Sox della MLB e di avere una franchigia nella USFL, i Pittsburgh Maulers, nei quali perse interesse anche per non rivaleggiare con gli Steelers della NFL.
Per le sue continue e cospicue donazioni, la Notre Dame University gli intitolerà la De Bartolo Hall nell’ edificio principale dell’ Ateneo e il De Bartolo Center of Performing Arts.
Due importanti riconoscimenti gli verranno poi assegnati dal Governo Italiano e da quello USA:
nel 1981 la medaglia dell’ Ordine del Merito Civile e nel 1988 la Medaglia della Libertà del Presidente degli Stati Uniti.

Here comes Eddie Jr.
Eddie fece dunque la sua comparsa tra i proprietari di una franchigia NFL appena trentenne, mal preparato e poco equipaggiato in termini di esperienza. Scoprì subito la differenza tra il lavorare in una compagnia come quella guidata dal padre ed essere a capo di una squadra professionistica, specialmente in un posto così di alto profilo come San Francisco. A differenza delle decisioni che prendeva nella Corporation, quelle come capo dell’ organizzazione 49ers venivano continuamente analizzate e criticate dai media e dai fans. Tutto ciò che faceva era aperto al pubblico dibattito ed ognuno aveva un’ opinione sulle sue decisioni. Le sue origini Italiane, forse non mediate dalla statura di grande leader d’ industria del padre, erano per lui una risorsa ma anche un limite per l’avventura che si accingeva ad intraprendere. Di carattere istintivo e focoso, Eddie metteva sempre il cuore davanti al cervello, peculiarità che non sempre si sposa bene con la conduzione degli affari.
Il suo cuore introdusse per la prima volta nel mondo della NFL un elemento fondamentale nel rapporto squadra-proprietario: prendersi cura come un padre dei suoi giocatori, dei suoi impiegati e dei fans.
E per lui prendersi cura non era solo un modo di dire ed andava oltre il semplice fatto di assicurare grossi stipendi. Si preoccupava anche delle mogli dei giocatori, dei loro figli, del loro benessere fuori del campo e dopo la fine della carriera. Nel 1989 il defensive back Jeff Fuller si infortunò gravemente durante un incontro e la sua carriera terminò all’ istante. All’ epoca nella NFL i contratti garantiti erano ancora una chimera. Provando che i suoi giocatori erano un’ estensione della famiglia De Bartolo, Eddie stabilì una somma da devolvere annualmente a Fuller per il resto della sua vita.
Quando Bryant Young si infortunò gravemente ad un ginocchio in un Monday Night contro i Giants nel 1998 Eddie guidò personalmente l’ ambulanza dallo stadio all’ ospedale.
Costituì la 49ers Foundation, un ente non-profit che nel corso degli anni ha donato milioni di dollari alle organizzazioni di beneficenza della Bay Area. Quando gli fu chiesto di intervenire al congresso annuale della Bridge School, una scuola fondata dal musicista Neil Young per ragazzi con gravi handicaps, per il compleanno di uno degli alunni, non solo si presentò, ma portò con lui Jerry Rice e Brent Jones, offrì il catering e regalò delle jersey dei 49ers a tutti. La sua unica richiesta fu che la stampa non parlasse di questo suo gesto.
Il suo carattere però, accoppiato al suo enorme ego, fu la causa principale dello sfaldarsi dei rapporti con Bill Walsh, l’ uomo che aveva scelto per risollevare le sorti di una franchigia in declino, dell’ allontanamento di Carmen Policy e Dwight Clark, che stavano cercando di traghettare la squadra nel nuovo millennio mantenendola ad alti livelli, ed infine, con la complicità del suo stile di vita non proprio monastico, dell’ implosione della sua vita privata, con un’ accusa federale per corruzione e la causa che lo privò della proprietà della squadra a favore della sorella Denise.

First steps
Nella conferenza stampa in cui si annunciava la vendita dei 49ers alla De Bartolo Corporation, nel marzo del 1977, Eddie si trovò a fronteggiare una ostile audience mista di fans e giornalisti. Le domande e la pesante atmosfera lo irritarono talmente da indurlo ad affermare che avrebbe guidato la squadra con criteri puramente aziendali. Era proprio il contrario di quello che volevano sentire gli astanti, già sotto shock alla notizia che i 49ers sarebbero stati venduti ad una famiglia dell’ Ohio.
I 49ers erano la prima e la più amata pro-team del Nord della California. Diversamente dai Giants e dai Warriors, che si erano trasferite nella Bay Area provenendo rispettivamente da New York e da Philadelphia, erano stati fondati dai fratelli Morabito, degli imprenditori locali, nel dopoguerra ed avevano giocato sempre a San Francisco, attirando da subito un grosso seguito di sostenitori.
Ma dal 1964, essendo morti entrambi i fratelli Morabito, la proprietà passò nelle mani delle loro vedove che, nel 1976, decisero di vendere la società perché non potevano più competere finanziariamente con le altre squadre dal momento che i costi di gestione e gli stipendi dei giocatori erano lievitati esponenzialmente per effetto della competizione con la lega rivale AFL.
Wayne Valley, ex co-proprietario degli Oakland Raiders, che aveva appena dovuto cedere le sue quote ad Al Davis dopo un’ aspra battaglia legale, si dichiarò interessato ad entrare nell’ operazione e la vendita era stata pressoché completata quando all’ improvviso Frank Mieuli, già owner dei Golden State Warriors e possessore di una quota di minoranza dei 49ers, esercitò una clausola che gli permetteva di avere una prelazione in caso di vendita della società e fece desistere Valley, solo per poi far decadere la proposta. I rumors dell’ epoca insistevano sul fatto che in tutta questa faccenda ci fosse la “longa manus” di Al Davis che, per vendicarsi degli anni di battaglie a colpi di carta bollata sulla faccenda Raiders, non voleva che il suo ex-socio tornasse a capo di una franchigia. Quando il club tornò sul mercato, stranamente fu proprio Davis che si interessò di trovare un compratore, presentando alle vedove dei Morabito la famiglia De Bartolo e guadagnandosi in questo modo anche 100.000 dollari per l’ intermediazione, oltre a rafforzare la sua reputazione di “most hated man in football” per aver portato degli stranieri a capo della più amata squadra della Bay Area.
Il secondo in questa speciale classifica era all’ epoca Joe Thomas, che aveva lavorato come dirigente a Minneapolis, Miami e Baltimore, ed era sempre riuscito ad alienarsi le simpatie di giocatori e tifosi con i suoi atteggiamenti autoritari e le sue pessime decisioni, la più famosa delle quali era stata il modo molto poco elegante con cui aveva rilasciato a Baltimore l’ idolo locale Johnny Unitas.
Ancora una volta Al Davis ci mise lo zampino e convinse Eddie De Bartolo ad assumere Thomas come general manager. Solo un proprietario principiante come Eddie avrebbe potuto accettare Thomas nella propria organizzazione, dal momento che era all’ oscuro di tutti i problemi che aveva causato altrove.
Ed il primo problema venne alla superficie nella stessa conferenza stampa, appena Eddie annunciò che l’ allenatore Monte Clark era stato licenziato. Clark aveva portato i 49ers ad un livello rispettabile nel 1976, chiudendo la stagione 8-6, con due sconfitte all’ overtime ed altre due di stretta misura. Con un kicker più accurato si sarebbero qualificati agevolmente per i playoffs.
Clark, che conosceva bene Thomas, appena avuta la notizia del suo ingaggio, chiese a De Bartolo di avere voce in capitolo anche sul draft, sulle trades e sui waivers, ma Eddie era contrario a concentrare così tanto potere decisionale nelle mani di una sola persona e il coach decise di terminare il proprio contratto.
La controversa relazione tra Eddie e la città si inasprì ulteriormente quando annunciò che avrebbe continuato a vivere in Ohio, tornando in California solo per gli incontri casalinghi.

I due anni della gestione Thomas furono probabilmente i peggiori di tutta la storia della squadra di San Francisco, sia dal punto di vista dei risultati che da quello puramente manageriale.
Prima si liberò del quarterback Jim Plunkett che, acquisito dai Raiders come waiver, li guiderà in seguito a due vittorie nel Super Bowl. Poi scambiò la prima scelta del 1979 (che diventerà una prima assoluta dato che i Niners chiuderanno la stagione 1978 con il peggior record della lega) con i Buffalo Bills per ottenere un O.J. Simpson alla fine della carriera che non sarà di alcun aiuto alla squadra.
I draft da lui condotti furono rispettivamente un disastro (quello del 1977) ed un secondo nel 1978 che produrrà un paio di buoni giocatori per il futuro ed un “bust” con il primo pick, nella persona del tight end Ken McAfee.
Anche i rapporti con la città, mirabilmente curati dal presidente Lou Spadia per un ventennio, si deteriorarono rapidamente dal momento in cui Thomas licenziò Spadia e prese una serie di decisioni operative dettate dall’ arroganza e dall’ incompetenza.
Le cose poi precipitarono quando Thomas, in piena paranoia, iniziò ad avere paura di un attentato contro di lui in seguito all’ assassinio del Sindaco George Moscone. Si convinse che avrebbero tentato di spararlo durante un Monday Night contro gli Steelers e pretese che la partita fosse cancellata. Ovviamente non successe niente, a parte la solita brutta sconfitta subita dai 49ers, al termine della quale De Bartolo prese la più ovvia delle decisioni, quella di licenziare finalmente Thomas.

L’ età dell’ oro
Fu a questo punto che Eddie fece la mossa che probabilmente ha cambiato la storia recente del football professionistico: assumere Bill Walsh come nuovo head coach e general manager.
Prima del licenziamento di Thomas, Walsh e De Bartolo avevano già discusso della possibilità di un incarico come allenatore a San Francisco, ma Walsh aveva lasciato intendere che finchè Joe il Tiranno avesse avuto voce in capitolo non se ne sarebbe fatto niente.
I due stabilirono di incontrarsi al Fairmont Hotel per discutere del contratto e De Bartolo Sr. inviò al meeting anche il suo uomo di fiducia Carmen Policy istruendolo di non lasciare andare il figlio oltre la soglia dei 120.000 dollari l’ anno. Quando Walsh chiese 160.000 dollari, circa il triplo di quanto guadagnava come head coach della Stanford University, ed Eddie acconsentì all’ istante, Policy deglutì violentemente al pensiero di dover riferire la cosa al padre.
Originariamente si stabilì che lo stesso Walsh nominasse un general manager di sua fiducia, ma i colloqui con alcuni personaggi che gravitavano nel mondo della Nfl lo convinsero che i 49ers si erano ormai fatti una brutta fama perché qualcuno di un certo spessore accettasse l’ incarico, quindi Eddie, che ormai era entrato in un clima di completa fiducia nei confronti di “The Genius”, gli propose Why don’t you do both jobs?, cosa che Walsh avrebbe eseguito in modo più che brillante per i 10 anni seguenti costruendo un’ organizzazione che sarà a sua volta un modello per le altre franchigie, definendo gli incarichi con precisione ed assumendo personale adatto per essi.
Anche la reputazione di Eddie presso la comunità fece un notevole balzo in avanti, finalmente aveva compreso che affidandosi ad un “local hero” dello spessore di Walsh avrebbe avuto anche l’ appoggio dei cittadini.

E De Bartolo lasciò quindi lavorare Walsh in un clima di totale tranquillità per i primi tre anni, dando modo a The Genius di costruire la squadra che sarebbe arrivata nel gennaio del 1982 a vincere il primo Super Bowl. Per Eddie quel titolo costituì anche una vendetta. Aveva dovuto sopportare di tutto nei suoi primi cinque anni come owner, ammise di aver commesso un gravissimo errore nell’ ingaggiare Joe Thomas, e la stampa pensò che l’ esperienza lo avesse maturato e reso più umile. Ma tutti si sbagliavano. Quando i 49ers perdevano Eddie aveva sempre supportato Walsh sopratutto perché non aveva altra scelta, non sapeva ancora nulla di football e non aveva altri contatti, non poteva licenziare Walsh perché non avrebbe potuto rimpiazzarlo. Ma, una volta giunta la prima vittoria, il Super Bowl non fu più un traguardo per le sue aspettative, ma divenne uno standard sotto il quale non era tollerabile scendere. Per il resto della sua carriera a San Francisco Walsh dovette convivere con le esplosioni d’ ira del suo proprietario, puntuali ad ogni sconfitta, ed andare a dormire non sapendo se la mattina dopo avesse avuto ancora un lavoro.
Fortunatamente per lui c’ era Carmen Policy a mediare le ire del suo datore di lavoro. La prima volta che Eddie decise di licenziare Walsh fu dopo la sconfitta al Championship del 1983 contro i Redskins. Policy ebbe l’ ordine di liberarsi di Walsh la mattina seguente ma non glielo disse nemmeno perché sapeva che De Bartolo si sarebbe calmato all’ alba, e Walsh di tutta questa storia non seppe nulla per anni.
Il rapporto di Eddie con i giocatori, specialmente con i suoi preferiti Montana e Clark, era di tutt’ altro tipo. Spesso li invitava a Youngstown e nessuno rifiutava mai perchè sapevano di ritornare in California con costosi regali, di solito dei Rolex. Ma questa volta Eddie andò molto oltre, perché i suoi due beniamini ritornarono con i loro stipendi triplicati. Mentre tutti si rendevano conto che per un quarterback come Joe Montana diventare il più pagato della lega era un passo inevitabile, a molti non andò giù che lo stesso trattamento fosse riservato anche a Dwight Clark, certamente un grande giocatore, ma al pari di tanti altri nel roster dei 49ers di quegli anni.
Quindi la mattina seguente Ronnie Lott entrò nell’ ufficio di Walsh per chiedere un aumento e l’ ottenne, innescando una spirale per la quale il monte stipendi dei 49ers balzò alle stelle, diventando il più alto della lega. Quello di cui si rammaricava Walsh era che ora molti pensavano che i 49ers stavano comprando le vittorie a suon di dollari, ed il fatto di rimarcare sempre alla stampa che il primo Super Bowl era stato vinto con il payroll minore di tutta la Nfl non serviva a molto.
La facilità con cui Eddie allentava i cordoni della borsa ebbe anche un grosso incremento quando nel 1986 i 49ers furono ufficialmente acquisiti dalla De Bartolo Corporation, ed in questo modo i debiti che Eddie stava accumulando, non solo sarebbero stati pagati dalla società paterna, ma lui non ne sarebbe neanche stato personalmente responsabile. La Corporation realizzava profitti talmente alti negli altri settori che sembrava che a nessuno importasse che i 49ers perdessero circa 20 milioni di dollari all’ anno nonostante il tutto esaurito ad ogni partita.

The “Good Eddie” and the “Bad Eddie”
Intanto Eddie continuava imperterrito a condurre la sua vita privata condita da eccessi di vario tipo, solo che ora era diventato un personaggio pubblico di una certa notorietà ed alcuni suoi comportamenti mettevano in notevole imbarazzo la famiglia e l’ immagine della squadra.
Ed Senior, con l’ aiuto di Policy, cercava di tenerlo a bada facendolo controllare dai suoi più fidati impiegati, e quando Policy ebbe una posizione full-time all’interno della dirigenza dei 49ers divenne la sua ombra. Tanto era un old-world gentleman il padre, tanto era incontrollabile il figlio.
Gran bevitore, donnaiolo incallito e giocatore d’azzardo, al punto che i maggiori casinò di Las Vegas avevano preso l’ abitudine di creare speciali “onorificenze” a suo nome per invitarlo a passare un weekend presso i loro alberghi, dove di solito Eddie perdeva centinaia di migliaia di dollari.
Dopo la vittoria del Super Bowl, nella primavera del 1982, il Bally’s invitò Eddie, il quale si presentò con la consueta pletora di cortigiani, tra cui anche Walsh, O.J. Simpson ed un paio di dirigenti, tutti con le mogli al seguito. Ad ognuno Eddie diede una busta con 500 dollari per iniziare a giocare, quindi iniziò a bere e a perdere in modo pesante come di consueto. Ad un certo punto qualcuno gli fece notare che stava recitando la parte del pollo e ciò lo fece montare su tutte le furie, tanto da indurlo a prendere subito il suo jet privato per tornare all’ istante a San Francisco ed abbandonare sul posto tutta la compagnia, che intanto era andata a dormire. La mattina dopo, Walsh e gli altri trovarono un messaggio di scuse e la prenotazione di un jet che li avrebbe riportati tutti a casa.
Era anche diventato noto a tutti il fatto che Eddie promettesse aiuto finanziario a chiunque glielo avesse chiesto mentre era sotto l’ influsso dell’ alcool, per poi chiamare un impiegato la mattina seguente, a mente lucida, e dirgli: Tirami fuori da questa situazione.

Il rapporto con Walsh aveva sempre degli alti e bassi a seconda se la squadra vincesse o perdesse.
The Genius andò altre due volte vicino al licenziamento. Nel 1986, nel periodo di assenza di Montana per un operazione alla schiena, i 49ers persero una partita a New Orleans giocando con il terzo quarterback, Mike Moroski. Eddie guardò l’ incontro, bevendo, da un televisore negli spogliatoi ed alla fine spaccò il bicchiere contro il monitor. Quando la squadra rientrò nella dressing room c’ era del vetro dappertutto e la rabbia di Eddie era salita ad un livello tale che iniziò ad insultare tutti. Walsh lo prese da parte dicendogli di lasciar perdere i giocatori che avevano fatto del loro meglio e si sentì rispondere di presentarsi la mattina seguente in sede con il proprio avvocato.
Come la prima volta Policy lasciò sfumare la cosa in un nulla di fatto.
La terza occasione di scontro giunse nel gennaio del 1988, con la salute di Walsh già debilitata dallo stress per il superlavoro di tanti anni. I 49ers persero da favoriti un incontro di playoffs contro i Vikings durante il quale un inefficace Montana era stato messo in panchina nel secondo tempo a favore di Steve Young. Nonostante la buonissima prestazione del preziosissimo back up i Vikings si imposero per 36-24, facendo nascere ancora una volta propositi bellicosi nell’animo di Eddie.
Ancora una volta fu la mediazione di Policy a salvare la testa del coach, ma stavolta i due si accordarono per sollevare Walsh dal suo incarico di Club President, nomina che sarebbe stata riservata allo stesso Policy. Le argomentazioni con le quali il dirigente riuscì a convincere Eddie furono che la squadra avrebbe beneficiato del fatto di avere il suo allenatore concentrato ad occuparsi esclusivamente degli aspetti legati al gioco e lasciare gli incarichi dirigenziali a qualcun altro.
Purtroppo Walsh vide questa mossa come una retrocessione della sua carriera e prese la decisione di ritirarsi al termine della stagione 1988 ma non lasciò trapelare alcunché di ufficiale per non distrarre la squadra dal football giocato. Questa mossa però ebbe lo stesso un effetto destabilizzante sulle prestazioni dei giocatori, che non sopportavano il fatto di non avere chiarezza sulle intenzioni del coach e, complice anche la famosa quarterback controversy tra Montana e Young, una stagione che avrebbe potuto essere dominata dall’ inizio alla fine con degli animi più sereni, terminò vittoriosamente solo a 39 secondi dalla fine del Super Bowl contro i Bengals con il celeberrimo passaggio di Montana a John Taylor.
Walsh iniziò a preparare il terreno per colui che voleva fosse il suo successore, il defensive coordinator George Seifert. Eddie avrebbe voluto ingaggiare Jimmy Johnson, che in quegli anni dominava il football universitario con i suoi Miami Hurricanes, ma si lasciò convincere dalle argomentazioni di Walsh. Seifert era il candidato ideale: era nativo di San Francisco, conosceva a menadito i sistemi di allenamento e gli schemi di Walsh ed in più sarebbe stato supportato per l’ attacco dalla grande mente dell’offensive coordinator Mike Holmgren.
A posteriori si può però affermare che in questo caso Eddie ci aveva visto giusto. Seifert mantenne la squadra a livelli altissimi per tutti gli otto anni della sua tenuta come capo allenatore vincendo anche due Super Bowl, ma, una volta finita l’ era dei core-players draftati ed ingaggiati da Walsh, dovette rivolgersi al dispendioso mercato dei free agents, facendo collassare la squadra un decennio più tardi sotto i colpi delle restrizioni imposte dal salary cap. Ed inoltre il suo secondo periodo come capo allenatore, alla guida dei Carolina Panthers, con un roster non paragonabile a quello ereditato da Walsh, è stato un vero fiasco.
Jimmy Johnson invece, da grande motivatore ed ancora più grande talent-evaluator nei draft, probabilmente, alla luce dei risultati raggiunti con i Cowboys, avrebbe assicurato ai 49ers un futuro più sereno.

The salary cap
Fino a qualche anno prima, i draft non proprio di primo livello condotti da Seifert, sarebbero stati disastrosi per la squadra, ma, come abbiamo già accennato, i 49ers si mantennero ad un livello eccellente per tutti gli anni novanta ingaggiando il fior fiore dei free agents. Ma questa era una pratica destinata a scomparire presto perchè nel 1993 fu firmato l’ accordo che prevedeva l’introduzione del salary cap a partire dalla stagione 1994.
Quando lessi il testo dell’ accordo mi sembrò ovvio che era stato concepito per danneggiare le squadre piene di veterani e che i 49ers ed i Redskins fossero il bersaglio principale, disse Carmen Policy.
Ma fu lo stesso Club President a trovare la scappatoia che permise ai 49ers di tenere le stars ancora per qualche anno ed a proporla ai De Bartolo, che gli diedero subito carta bianca. In sostanza si trattava di estendere i signing bonuses oltre la durata del contratto, da un punto di vista formale, anche se venivano pagati in contanti alla scadenza pattuita. Il rischio ovviamente era che se un giocatore veniva messo sotto contratto per un periodo molto lungo e poi per qualche motivo avesse giocato, per esempio, solo un paio di anni, doveva ricevere lo stesso il bonus, che contava contro il cap per l’ anno in questione. Ma i 49ers furono fortunati perché le loro stars tennero fede ai loro contratti e la striscia di stagioni da playoffs si estese fino al 1998, con la vittoria del quinto Super Bowl nel 1994.
Intanto l’ assemblea dei proprietari aveva raggiunto un altro accordo, sempre ai danni del modo di condurre la franchigia di Eddie, la cosiddetta “Rooney Rule”, proposta dal proprietario degli Steelers Dan Rooney. Questa nuova “tegola” prevedeva la possibilità, per le squadre che si erano qualificate ai playoffs l’ anno prima, di firmare free agents fino ad un valore contrattuale che non superasse quello dei giocatori persi dalla squadra nello stesso periodo. La regola quindi non permise ai 49ers di pareggiare l’ offerta fatta dai Green Bay Packers per il defensive end degli Eagles Reggie White, di cui Eddie voleva assolutamente accaparrarsi i servigi. Anche questa mossa di mercato, probabilmente, contribuì a cambiare la storia del football Nfl degli anni a seguire.
I giochi di prestigio contrattuali di Policy e Dwight Clark erano destinati ad esaurire la propria efficacia e nel 1999 quello che era stato soltanto rimandato avvenne: i 49ers furono costretti a lasciar andare i giocatori con i contratti più onerosi ed a dichiararsi ufficialmente in “rebuilding mode”. San Francisco non era più il Paradiso Terrestre dei veterani della Nfl, una dinastia era terminata ed, ironicamente, l’ affacciarsi del nuovo millennio porterà nuove potenze a dominare le scena del football professionistico.
Eddie vide la sua creatura sgretolarsi sotto i colpi delle nuove regole e delle nuove tendenze, ma per lui i guai non erano finiti qui, anzi.

L’ auto-distruzione di Eddie
Per tanti anni Policy aveva avuto un ruolo importantissimo e costante nella vita di Eddie: era stato dapprima il suo controllore, come desiderava Ed Senior, poi il suo avvocato, il suo uomo di fiducia, il suo migliore amico, il suo inseparabile alter-ego. Le volte in cui aveva tirato Eddie fuori dai guai o più semplicemente gli aveva evitato delle seccature erano ormai innumerevoli, ad esempio, solo nella stagione 1996 c’ era stata una denuncia di violenza sessuale da parte di una donna, denuncia che si era misteriosamente dissolta, ed il caso del pestaggio ai danni di un tifoso dei Packers dopo la sconfitta nel Divisional a Green Bay, in cui Eddie era corso a dar man forte alla sua guardia del corpo Ed Muransky (un ex giocatore dei Raiders), che era stato derubricato da percosse aggravate ad una piccola infrazione.
Ma dopo la morte di Ed Senior nel 1994 i rapporti tra i due avevano iniziato a deteriorarsi. La figura di Policy stava assumendo sempre maggiore importanza, sia all’ interno dell’ organizzazione che nei rapporti con la Lega e con la città di San Francisco. Il suo savoir faire e la sua capacità di stare in pubblico, unitamente alla ritrosia di Eddie a presentarsi come uomo immagine della franchigia (ed agli scarsi quando non disastrosi risultati ottenuti quando ci aveva provato) avevano fatto sì che ormai fosse Policy e non De Bartolo ad essere invitato a presenziare ai meetings della Nfl o a qualunque altra occasione di pubbliche relazioni. In sostanza, la gente iniziò a chiedersi chi dei due fosse il vero owner.
Eddie iniziò, forse inconsciamente, a prendere le distanze, con la fondazione della De Bartolo Entertainment Company, una società che si sarebbe occupata principalmente della costruzione di casinò ed ippodromi, e Policy cercò invano di dissuaderlo perché sapeva che la Nfl non avrebbe gradito un’ associazione di uno dei suoi membri col gioco d’ azzardo.
Intanto Muransky, che aveva assunto una grande importanza anche come consigliere di Eddie, lo persuase che Policy stava organizzando una cordata di soci con l’ intento di dare la scalata alla proprietà della squadra. Le proteste di Policy furono inutili perché ora Eddie credeva solo a ciò che voleva credere.
In questo clima di tensione latente nacque l’ importante questione della costruzione di un nuovo stadio che doveva sostituire il vecchio Candlestick Park, ormai inadeguato per gli standards richiesti dalla Nfl ed i cui costi di gestione e manutenzione erano lievitati al punto che era diventato più conveniente costruirne uno nuovo piuttosto che iniziare una ristrutturazione. Eddie e Policy ebbero, su questo argomento, la prima vera divergenza d’ intenti. Eddie voleva che il nuovo stadio fosse finanziato, almeno per la metà dei costi, dalla città di San Francisco, come era successo anche in altre città. Policy, che intanto era diventato molto amico del sindaco Willy Brown, si rendeva conto che una cifra simile, circa 400 milioni di dollari, non sarebbe mai stata approvata nel necessario ballottaggio che è richiesto in California per il finanziamento delle opere pubbliche, e chiese di mettere in palio solo 100 milioni di spesa pubblica, il resto sarebbe stato a carico della squadra e di finanziatori privati. Eddie quindi, mentre Policy si faceva in quattro, condusse una campagna elettorale a modo suo, cioè rendendosi irreperibile e facendo il giro dei bar di North Beach.
Nonostante il virtuale boicottaggio di De Bartolo la mozione passò alle votazioni, ma la costruzione dello stadio fu sospesa in un limbo perché a questo punto iniziarono i veri problemi.

Nel dicembre del 1997 Eddie fu convocato da un giudice della Louisiana per deporre su un caso di corruzione che lo riguardava. Gli agenti federali avevano messo sotto controllo le sue linee telefoniche ed erano in possesso di una conversazione tra Eddie e l’ ex Governatore della Louisiana Edwin Edwars, durante la quale veniva promessa una tangente di 400.000 dollari in cambio di una licenza per l’ apertura di un casinò. La Nfl immediatamente impose a De Bartolo di farsi da parte come owner finchè non si fosse chiarito tutto, e Policy concluse un accordo con la sorella di Eddie, Denise, per dirigere la società ad interim. Policy avrebbe ricevuto in ricompensa il 5 per cento della proprietà, ma Eddie vene meno a questa parte dell’ accordo affermando che gli era stata estorto in stato di ubriachezza.
Sono passato dall’ essere migliore amico e confidente ad un vero e proprio Giuda affermò Policy, ed intanto stava maturando la decisione di averne avuto abbastanza. La buona occasione si presentò quando un gruppo di investitori gli diede l’ incarico di organizzare la nascita dei nuovi Cleveland Browns, dei quali Policy avrebbe posseduto il 10 per cento delle azioni, e l’ occasione fu colta al volo.
Eddie ebbe la sua piccola vittoria di Pirro, non realizzando che l’ unica cosa che aveva ottenuto era stata quella di indebolire la sua organizzazione.
In tutti i casi restava la sospensione imposta dal Commisioner Tagliabue. Le speranze che Eddie fosse reintrodotto tra i proprietari erano veramente ridotte al lumicino. In tutti questi anni Eddie non era riuscito a forgiare nessuna vera e propria amicizia con gli altri proprietari, anzi la maggior parte di essi lo detestava per aver fatto crescere in modo esponenziale il monte stipendi, gli unici due con cui aveva un buon rapporto erano Jerry Jones a Dallas ed Al Davis a Oakland, guarda caso anche loro considerati “outlaws” nella comunità Nfl.
La Lega spingeva perché Denise prendesse controllo definitivamente della squadra, ma ogni volta che le parti si sedevano al tavolo delle trattative Eddie esplodeva in un moto d’ ira e si allontanava.
Quindi fu inevitabile uno scontro nelle aule di tribunale. Per prima cosa Denise, che ora amministrava la Corporation, escluse Eddie da tutti gli incarichi all’ interno dell’ azienda paterna, poi iniziò la manovra per privarlo per sempre del suo giocattolo. Fece arrivare un comunicato agli impiegati dei 49ers ordinando di bloccare tutti i rimborsi spese a favore del fratello, soprattutto le spese di viaggio, mise in vendita il jet privato ed infine nell’ aprile del 1999 Eddie si vide recapitare una richiesta di restituzione dei debiti accumulati verso la Corporation, somma ammontante a 94 milioni dollari. Sotto shock, Eddie fece partire a sua volta una contro-richiesta di risarcimento per la somma di 150 milioni durante una spettacolare conferenza stampa nella quale fu spalleggiato dalle leggende di una volta Montana, Rice e Craig.
In agosto un giudice di Cleveland mise fine ai dibattiti con una sentenza: Eddie veniva rimosso dalla proprietà dei 49ers, gli veniva assegnata una società immobiliare sussidiaria della Corporation, la Simon De Bartolo Inc., con la specifica che non avrebbe potuto metterla in vendita, in modo da proteggerlo da se stesso. I suoi debiti potevano essere ripagati in modo molto elastico (la sentenza diceva “by his own schedule”) il che in buona sostanza significava che gli venivano condonati.
Eddie era definitivamente out.

Conclusione
Di tutte queste vicissitudini legali e finanziarie, probabilmente, la maggior parte dei tifosi, specialmente quelli lontani dalla Bay Area e tutti quelli che non vivono negli Stati Uniti, non ha captato che dei lontani echi e delle sbiadite voci di corridoio. Ma il destino beffardo ha comunque voluto rendere evidente a tutti che con la fine del ventesimo secolo si era chiusa anche l’ era di una delle più gloriose franchigie della Nfl e che era tempo di ricostruire, e lo ha fatto nel consueto modo cruento che solo questo sport sa regalare, in diretta televisiva nazionale.
Un mese dopo l’ allontanamento di Eddie, dei balbettanti 49ers guidati da Steve Mariucci e da un rispolverato Bill Walsh come General Manager (l’ultima decisione importante presa da De Bartolo), affrontano in un Monday Night gli Arizona Cardinals. Verso la fine del primo tempo un blitz del cornerback dei Cardinals Aeneas Williams non viene preso dal problematico running back Lawrence Phillips e Steve Young viene colpito duro. La sua testa entra in collisione con l’ elmetto del suo compagno Dave Fiore e Young rimane incosciente sul terreno per 30 secondi.
Tutti coloro che hanno vissuto in diretta quei tragici momenti hanno avuto probabilmente una forte sensazione, la consapevolezza che qualcosa di magico era terminato per sempre.

Eddie è stato semifinalista per l’introduzione nella Pro Football Hall Of Fame con la motivazione di “Contributor to the Game”.
Nel 2008 è stato indotto nella Bay Area Sports Hall of Fame.
Ci sono stati molti dibattiti sulla questione se Eddie meritasse o meno di essere indotto a Canton, dibattiti basati sulla sua condotta personale. Sull’ argomento il giornalista Ron Barr ha scritto: La vita privata di Eddie non ha mai inficiato la rilevanza del suo contributo alla crescita del football e della Nfl. Il suo carattere e la sua immaturità lo hanno portato a volte a prendere cattive decisioni, ma le sue azioni non sono mai state guidate dalla malizia. Inoltre la condotta personale non è mai stata considerata un criterio per l’ induzione nella Hall of Fame. Se fosse stato così giocatori del calibro di O.J.Simpson, Paul Hornung o Lawrence Taylor non sarebbero a Canton. La carriera di De Bartolo come owner ed i risultati della sua franchigia invece dovrebbero essere i soli criteri da tenere presente, perché parlano da soli.

Fonti:

- Glenn Dickey “49ers. The rise, fall and rebirth of the Nfl’s greatest dynasty”

- Wikipedia

- Articolo di Ron Barr su Eddie De Bartolo sul sito “Sportsbyline.com”

Legends | by Domenico | 11/07/08

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