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Jeff Hostetler

Solo l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità. (Pablo Neruda)

Sei anni e mezzo di frustrazioni valgono due mesi da re? Scopriamolo insieme.
Jeff Hostetler nasce il 22/4/1961 a Holsopple, Pennsylvania.
A sette anni conosce i primi approcci col football proprio nella piccola comunità rurale della sua città di nascita. Frequenta la Conemaugh Township High School e, alla fine del suo senior year, vince una borsa di studio per giocare con Penn State.
Jeff ne diventa il quarterback titolare nel 1980, ma una sconfitta contro Nebraska gli costa il posto, e così dopo appena tre partite il coach Joe Paterno lo rimpiazza con Todd Blackledge.
Il resto della stagione lo trascorre in panca, senza avere neppure l’occasione di giocare il Fiesta Bowl, per la serie “Nemo propheta in patria”.
E così Hostetler medita il trasferimento alla West Virginia University di coach Don Nehlen (di cui sposerà la figlia).
Dopo un anno ad apprendere dietro il titolare Oliver Luck, nel 1982 arriva il suo momento. La prima partita da titolare è memorabile: 321 yards e 4 TD pass ed i West Virginia Mountaineers sconfiggono 41-27 gli Oklahoma Sooners.
La settimana successiva si ripete: 19/37, 285 yards ed 1 TD pass e West Virginia batte Maryland 19-18.
Hostetler diventa la stella dei Mountaineers, in un periodo in cui i college rivali schierano nomi come Dan Marino (Pittsburgh), Boomer Esiason (Maryland), Doug Flutie (Boston College) e lo stesso Todd Blackledge (Penn State).
Negli scontri diretti si fa sempre valere: sconfigge Esiason e Flutie due volte e, pur perdendo di misura contro Pittsburgh e Penn State, accumula statistiche migliori di quelle di Marino e Blackledge.

Il 1982 si chiude con la sconfitta contro Florida State nel Gator Bowl.
Anche il 1983 è un’annata positiva per i Mountaineers, che sconfiggono Kentucky nell’Hall of Fame Bowl: sotto 10-3 all’intervallo, Hostetler prende per mano i suoi e li conduce alla vittoria in rimonta, lanciando in TD prima Rich Hollins e poi Rob Bennett.
La sua carriera con West Virginia si conclude con questi numeri: 24 partite giocate (record di 18 vinte e 6 perse), 310 passaggi completati su 601 (percentuale dovuta principalmente allo stile di gioco basato molto sui passaggi lunghi, e senza il supporto di un solido running game), 4261 yards e 26 touchdowns.
Inoltre possiede il miglior rapporto passaggi completati/intercetti di WVU: 0,0279.
Queste cifre gli spalancano le porte della West Virginia University Sports Hall of Fame, dove viene introdotto nel 1998.
Il 1984 è tempo di draft: Hostetler viene scelto al terzo giro dai New York Giants di coach Bill Parcells. Ma i G-Men hanno già un quarterback su cui puntare: Phil Simms.
Hostetler si deve accomodare in panca e trascorre i successivi 4 anni e mezzo sulle sidelines con una lavagnetta in mano, analizzando tutte le azioni dei compagni di squadra e degli avversari e venendo sporadicamente utilizzato come wide receiver.

La prima vera occasione di conoscere il campo arriva nel 1988, alla sua quinta stagione coi Giants: Simms si infortuna alla dodicesima giornata e la settimana successiva tocca a Jeff guidare New York contro i New Orleans Saints.
In quella gara l’approccio di Parcells è a dir poco conservativo: corsa sul primo down (e fin qui nulla di strano), corsa sul secondo down, corsa sul terzo down !
Hostetler viene chiamato in causa solo nelle situazioni di terzo down lungo e in una di queste trova libero Stephen Baker: TD pass da 85 yards (per i Giants il più lungo dal 1972). Hoss chiude la prima metà di gara con 5/10, 128 yards, 1 TD e nessun intercetto, ma i Giants sono sotto 9-7. Jeff entra negli spogliatoi fiducioso ma proprio lì subisce una vera doccia fredda: Parcells gli comunica che nel secondo tempo si sarebbe affidato all’altro QB, Jeff Rutledge. New York vince la partita grazie ad un field goal, ma Hostetler chiede di essere scambiato (ricordiamo che all’epoca non c’era la free agency). Nessuno scambio va in porto e così per lui c’è solo la panchina ed altre frustrazioni da accumulare.

Ma il destino di Jeff Hostetler cambia il 15 Dicembre 1990, in un piovoso e freddo pomeriggio a Buffalo, dove i Giants affrontano i Bills nella terzultima partita della regular season. Il piede destro di Phil Simms fa crac... e per lui stagione finita.
Tocca a Hostetler prendere le redini: sotto la sua guida i Giants battono i Phoenix Cardinals ed i New England Patriots e chiudono la regular season con un record di 13 vittorie e 3 sconfitte.
Nell’NFC Divisional Playoff Game i Giants sconfiggono i Chicago Bears 31-3 affidandosi ad una difesa davvero dominante, guidata dal leggendario linebacker Lawrence Taylor, e ad un attacco basato sulle corse del 35-enne Ottis Anderson, tant’è che in quella partita Hostetler lancia solamente 17 volte.
La settimana seguente la musica non cambia molto: i Giants sono ospiti dei San Francisco 49ers per l’NFC Championship Game. Parcells si affida ancora alle corse ed alla difesa, che brutalizza letteralmente il grande Joe Montana. Ciò nonostante Hostetler gioca un ruolo importante: nell’ultimo quarto i Niners sono avanti 13-9. Hoss sta cercando un wide receiver libero, quando con la coda dell’occhio scorge un lampo giallo e oro. E’ il defensive lineman Jim Burt che si avventa su di lui, scaraventandolo a terra. Il dolore è lancinante, ma è la paura a farsi strada nella sua testa. La paura che il sogno sia finito. Non è così: Jeff si rialza ed esce dal campo con le sue stesse gambe, comunicando a Parcells che può andare avanti. I Giants calciano il quarto field goal e si portano sotto di 1 solo punto. A soli 2 minuti e mezzo da giocare, con la palla sulle loro 43 yards, i G-Men cominciano il drive della speranza. Hoss trova il tight end Mark Bavaro, per un guadagno di 19 yards e poi Stephen Baker per un guadagno di 13. C’è solo il tempo per un field goal e Matt Bahr non tradisce, piazzando la palla tra i pali per il 15-13 finale.

Il 27 Gennaio 1991 a Tampa, i Giants si giocano il Super Bowl XXV contro i favoritissimi Buffalo Bills, vittoriosi contro i Dolphins per 44-34 nell’AFC Divisional Playoff Game e contro i Raiders per 51-3 nell’AFC Championsip Game.
Parcells interpreta la partita in maniera esemplare, lasciando in campo per il minor tempo possibile l’attacco dei Bills (i Giants avranno il controllo di palla per 40 minuti e 33 secondi, un record per il Super Bowl).
Ma Hostetler si ritaglia ancora una volta uno spazio decisivo. Inizio del secondo quarto, Buffalo avanti 10-3, Giants costretti a ridosso della loro endzone. Hoss prova una play action ma il defensive lineman dei Bills Bruce Smith intuisce tutto e piomba su di lui con tutta la sua forza. Il sack è violentissimo, la palla sfugge dalle mani di Hostetler che tuttavia riesce a riagguantarla prima che colpisca terra: i Bills ottengono solo una safety e non un touchdown che, di fatto, avrebbe ucciso la partita.
Hoss riporta i Giants in partita verso la fine del secondo quarto, quando trova Stephen Baker libero in un angolo della endzone, per un passaggio in TD da 14 yards. Nel terzo quarto l’attacco di New York resta in campo per un tempo record di 9 minuti e 29 secondi: Hostetler tiene in vita questo lunghissimo drive convertendo 3 situazioni di terzo down, rispettivamente con un passaggio da 11 yards per Dave Meggett, con un altro da 14 yards per Mark Ingram e con passaggio da 9 yards per Howard Cross. Quel drive si conclude con un rushing TD di Ottis Anderson. I Bills rispondono con un touchdown del running back Thurman Thomas, prima che i Giants si riportino avanti 20-19 grazie ad un field goal di Matt Bahr. Buffalo potrebbe ancora vincere, ma il kicker Scott Norwood spedisce a lato il field goal da 47 yards (il famoso “wide right”).
Hoss chiude la partita con 20/32, 222 yards ed 1 TD. Ottis Anderson viene nominato MVP, ma senza quei terzi down convertiti con i lanci di Jeff la storia sarebbe stata diversa.

Nel 1991 il nuovo head coach Ray Handley decide di affidarsi ad Hoss fin dall’inizio, ma i Giants chiudono con un deludente record di 8 vinte e 8 perse. Il 1992 è ancora più deludente (6-10) e Hostetler è costretto ancora una volta a fronteggiare la concorrenza degli altri qb (Phil Simms in primis, ma anche Kent Graham ed il rookie Dave Brown).
Handley viene rimosso dal suo incarico ed il suo sostituto, Dan Reeves, decide di puntare su Simms.
Hostetler diviene free agent e agli inizi del 1993 firma con i Raiders, allora ancora a Los Angeles.
Per la prima volta nella sua carriera professionistica nessun altro gli contende il posto da titolare.
Hoss ripaga la fiducia e si rende protagonista di due ottime stagioni, statisticamente le migliori della sua carriera.

Nel 1993 completa per 3242 yards (primo QB dei Raiders a superare le 3000 yards dal 1979) e 14 TD passes e 5 rushing TD (record per un QB dei Raiders) , ma soprattutto diventa il riferimento della franchigia californiana, bisognosa di un leader in attacco.
Sotto la guida di Hostetler i Raiders tornano ai playoffs: nel Wild Card Game il baffuto QB si rende protagonista di una grande prova, passando per 294 yards e 3 touchdowns, contribuendo alla sonante vittoria per 42-24 contro i Denver Broncos.
Ma la corsa dei predoni si interrompe 5 giorni dopo, il 14 Gennaio 1994 al Rich Stadium di Buffalo, sebbene Hoss fornisca una buona prestazione (14/20 per 230 yards, 1 TD pass e nessun intercetto).
Nella stagione 1994 i Raiders mancano i playoffs ma Hostetler continua ad essere produttivo: 3334 yards completate (secondo raider della storia a passare per più di 3000 yards in 2 stagioni consecutive) e 20 TD passes, numeri che gli fruttano la convocazione per il Pro Bowl.
Il 1995 vede il ritorno dei Raiders ad Oakland, ma dopo un’ottima partenza (8-2) Hoss si fa male. Senza la sua leadership i predoni perdono le ultime 6 partite e dicono addio ai playoffs.
Nella offseason viene operato alla spalla destra e nel 1996 gioca un’altra ottima stagione: 2548 yards e 23 TD (suo record personale).
Nella sua carriera coi Raiders, Hostetler completa il 58 % dei passaggi e lancia 69 TD, non male se si pensa al mediocre livello della linea offensiva e alla mancanza generale di talento dei Silver & Black di quegli anni.
Il desiderio di riavvicinarsi alla famiglia, risiedente a Morgantown, West Virginia, lo porta a firmare da free agent con i Washington Redskins per fare da backup a Gus Frerotte.
Nella capitale, l’oramai 36enne QB colleziona 8 presenze a causa degli infortuni occorsi a Frerotte.
Nella preseason 1998 si infortuna al ginocchio destro : i malanni fisici e la retrocessione al ruolo di terzo QB lo inducono per la prima e ultima volta nella sua carriera a gettare la spugna.

Jeff fa i bagagli e se ne torna a Morgantown.
Nel 1999 i Tennessee Titans ed i St.Louis Rams lo tentano per un possibile rientro (i Rams cercavano un sostituto per l’infortunato Trent Green) ma Hoss rifiuta per stare vicino al figlio Tyler, vittima di un grave incidente automobilistico.
Oggi Jeff Hostetler è un tranquillo uomo d’affari di campagna: possiede una panetteria a Morgantown ed un’impresa di costruzioni (lui stesso ha progettato la casa in cui risiede). Nel tempo libero fa il coordinatore offensivo della high school locale.
I principali dati finali della sua carriera pro : 16430 yards, 85 TD ed un rating di 80,5 (uno dei migliori nella storia NFL).

Hostetler non è stato un fenomeno come Joe Montana, Dan Marino, John Elway, Jim Kelly ed altri suoi contemporanei.
Ma in qualche modo incarna il Sogno Americano: dopo aver trascorso più di 6 anni in panchina ha avuto la sua occasione. Non si è fatto trovare impreparato, l’ha saputa sfruttare al meglio conducendo la sua squadra alla vittoria del Super Bowl e garantendosi un posto nella memoria degli sportivi.
Spesso a fine partita la sua maglia era sporca del suo stesso sangue: Hoss è arrivato con il cuore e con il coraggio lì dove non poteva arrivare con il suo braccio.

Legends | by Roberto Petillo | 10/02/07

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