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Paul Hornung: The Golden Boy

“Paul Hornung was the only player who came in a superstar and left a superstar”
Questa frase attribuita a Jerry Kramer, la guardia destra dei gloriosi Green Bay Packers degli anni d’oro, descrive e sintetizza meglio di altre quello che Paul Hornung ha rappresentato per il football, sia universitario che professionistico.
Hornung è stato infatti la prima vera superstar del football moderno, una stella proprio come la intendiamo oggi, cioè un personaggio famosissimo a livello nazionale sotto tanti aspetti: bello come un dio Greco, un talento atletico naturale di livello superiore, un caratterino effervescente che farebbe oggi impallidire quello di alcuni ricevitori moderni di nostra conoscenza, una pericolosa tendenza a cedere ai richiami del “lato oscuro” della bella vita e del divertimento, ma soprattutto la capacità di elevare il tono delle sue prestazioni sportive a livelli raggiungibili da pochissimi quando la situazione lo richiedeva. Aggiungete a tutto questo il fatto che la sua carriera si svolse proprio nel periodo in cui il football NFL stava emergendo prepotentemente come lo sport preferito dagli Americani e la concomitante importanza che il mezzo televisivo stava acquistando ed avrete un quadro preciso della statura raggiunta da Hornung.

Paul Vernon Hornung nacque a Louisville, nel Kentucky, il 23 dicembre del 1935. La madre, Loretta, era incinta di lui quando decise di separarsi dal marito, un agente di assicurazioni che era caduto nella spirale discendente del bere eccessivo. Loretta e Paul andarono così a vivere dai genitori di lei, che gestivano un negozio ed era gente che lavorava duro. Quando però la nonna morì, Paul aveva nove anni, si trovarono a dover affrontare tempi duri per avere una vita decente.
Nonostante le difficoltà Paul ebbe quella che lui stesso definisce “a perfect athletic childhood”, giocando con naturalezza a football, baseball e basket. “In quei tempi non potevi alzare pesi per allenarti, o eri un atleta o non lo eri, non potevi costruirti un fisico. Io sono sempre stato il miglior talento atletico nei dintorni.”
Alla Flaget High School di Louisville Paul giocava quarterback ma era il migliore in tutti gli sport, tanto che divenne il giocatore liceale più richiesto dalle università nella storia dello stato del Kentucky. Paul “Bear” Bryant, allora head coach della squadra di football per l’ateneo statale, tentò in tutti i modi di assicurarsi i suoi servigi. Andò personalmente, accompagnato dal Governatore, da Loretta, e promise una scholarship a tutti i senior della squadra se Paul avesse accettato, aggiungendo una nuova e fiammante Cadillac all’offerta. Ma Loretta era affascinata dal mito dell’università di Notre Dame e bastò una breve visita al campus di South Bend col figlio per prendere la decisione che Paul avrebbe giocato per gli Irish.

“Penso che posso fare di te il più grande qurterback della storia di questo ateneo ed il miglior giocatore di football della nazione”. Queste furono le testuali parole di Frank Lehay, head coach di Notre Dame al primo incontro nel suo ufficio con Paul.
Lehay era davvero sicuro delle potenzialità del suo gioiellino appena reclutato e descrisse il suo stile di corsa con: “Hornung taglia in due una difesa come un tagliaerba in un prato”. Purtroppo Lehay lasciò l’ateneo quello stesso anno ed il programma di football di Notre Dame sprofondò in un’era di decadenza illuminata solo dalle prestazioni del suo Golden Boy.
Essere il quarterback degli Irish significava all’epoca svolgere il più invidiato lavoro di tutto il college football e mai come in questo caso il personaggio calzava alla perfezione per il ruolo. Il look, il talento ed il prestigio di Notre Dame combinati insieme crearono un idolo atletico di dimensioni globali. Aveva dei fan club sparsi ovunque, le lettere delle ammiratrici arrivavano da ogni parte della nazione ed addirittura dall’Europa. Paul dovette ingaggiare un amico perchè si occupasse esclusivamente della corrispondenza. Il suo compito era quello di inviare lettere romantiche firmate da Paul. Tutti i night clubs più esclusivi delle grandi città della zona facevano a gara per averlo come ospite ed Hornung aveva carta bianca se decideva di uscire con le “starlettes” locali. Una delle sue frasi preferite era: “Mai sposarsi di mattina, non si sa mai chi avete incontrato la sera prima”.
Ovviamente tutta questa fama derivava dalle sue prestazioni sul campo di gioco, a partire soprattutto dalla sua stagione da junior, durante la quale giocò due classiche “Hornung games”: 354 total yards contro Southern California ed un memorabile finale per battere Iowa, durante il quale completò 4 passaggi di cui uno per un touchdown, segnò l’extra point, esplose un kickoff profondissimo facendo poi il placcaggio sul ritornatore e finalmente mise a segno il field goal vincente.
Fu a questo punto che gli addetti stampa di Notre Dame iniziarono a spingere per la proclamazione dell’ Heisman Trophy della stagione seguente, che Hornung, con tutto il battage pubblicitario a favore, vinse già prima che la stagione iniziasse. C’è da notare che la classe dei senior di quell’ anno, il 1956, era veramente eccezionale, comprendendo tra gli altri John Brodie di Stanford, Jim Brown di Syracuse, Johnny Majors di Tennessee, Tommy McDonald di Oklahoma, Len Dawson di Purdue, Sonny Jurgensen di Duke e Jim Parker di Ohio State, quasi tutti scelti l’anno dopo al primo giro dalla NFL e quasi tutti futuri Hall of Famers.
L’assegnazione dell’Heisman ad Hornung fu molto contestata anche perché per la prima volta il trofeo venne vinto da un giocatore appartenente ad una squadra perdente, infatti quell’anno l’ateneo compilò il poco invidiabile record di 2 vinte ed 8 perse, e lo stesso Hornung ammise successivamente che il vincitore avrebbe dovuto essere Jim Brown, ma il grande fullback di colore non aveva dalla sua parte un valido apparato di addetti stampa come quelli di Notre Dame: “Noi avevamo il migliore del mondo, Charley Callahan, che tutti gli sportwriters del tempo amavano, e quindi tutti votarono per me”.
In tutti i casi nessuno mise in dubbio che il livello di gioco di Hornung nel 1956 fosse pressoché inumano. Quell’anno Paul, giocando anche da halfback, fullback, safety, kicker e ritornatore, guidò statisticamente gli Irish in yards su passaggio, yards corse, yards su ritorni di calcio, punting, punti totali, placcaggi ed intercetti. Per colmare la misura, un pollice lussato fu una spina nel fianco di Paul per tutto l’anno.
Il centro Ed Sullivan commentò in questo modo: “Quella stagione avevamo essenzialmente solo un gioco da chiamare, io davo lo snap a Paul e poi tutti ci toglievamo di torno”.

Un’ulteriore congiunzione astrale favorevole fece si che nel 1957 gli allora derelitti Green Bay Packers avessero due scelte da esercitare al primo giro del draft NFL, di cui anche la prima assoluta. Jack Vainisi, un giovane scout della franchigia, era stato alunno a Notre Dame e fece tutto quello che poteva per convincere i dirigenti che Hornung era il migliore di tutti quei fuoriclasse che approdarono al draft ed anche quello di cui i Packers avevano maggiormente bisogno. Anche Curly Lambeau, il fondatore della squadra, che aveva allenato Hornung nel tradizionale College All Star Game contro i New York Giants, era rimasto estasiato dal talento e dalla velocità espressi dal giovanotto. Così il destino volle che Paul e Ron Kramer, l’altra prima scelta di quel draft, in un giorno d’estate si dirigessero verso Nord in automobile, destinazione Stevens Point, la sede del training camp dei Packers.
Appena arrivati al dormitorio, racconta Kramer, una ragazza grande come un uomo di linea prese Paul per il collo esclamando: “Ti ho aspettato per ore”, e tutti pensarono che volesse ucciderlo. Quando finalmente se ne liberarono il coach Liz Blackbourn entrò furioso nel dormitorio gridando: “Sei qui da cinque secondi e già hai una ragazza in camera!”. Nessuno immaginava che la ragazza fosse una di quelle che aveva ricevuto una delle lettere d’ amore scritte dal collega di Università di Paul.

Purtroppo per Paul e per i tifosi dei Packers i primi due anni da professionista furono estremamente deludenti sia sul piano del gioco che su quello dei risultati. I due head coaches per il 1957 e 1958, il già citato Blackbourn e Scooter McLean ebbero la pretesa di impiegare Paul come se fosse ancora all’università, facendogli giocare più ruoli proprio nel periodo in cui la NFL si stava trasformando in una lega di giocatori sempre più specializzati in un solo ruolo. Le due stagioni finirono rispettivamente con 3 e 1 vittoria ed i Packers languivano all’ultimo posto della Western Division, quando il Board of Directors ingaggiò per la stagione 1959 quello che oggi è considerato il più grande allenatore del football moderno, un tale Vince Lombardi .
Il coach di origini Italiane, essendo una persona molto pratica e schematica, portò un grande rinnovamento nei Packers sotto tanti aspetti, tra i quali quello di semplificare il playbook ed adottare una filosofia di gioco basata su pochi schemi eseguiti alla perfezione.
Hornung, dopo le sue prime due disastrose stagioni, stava addirittura meditando di abbandonare il football per seguire una carriera nel mercato immobiliare a casa sua, nel Kentucky, quando ricevette una telefonata da Lombardi durante la quale il coach gli disse molto chiaramente che i suoi giorni da quarterback erano finiti. “Non devi più preoccuparti di giocare in tre posizioni, tu sarai il mio halfback sinistro, il mio Frank Gifford. Sarai il mio halfback oppure non avrai una carriera nel football professionistico”.
Da quel momento in poi Hornung, insieme al suo collega nel backfield, il fullback Jim Taylor, divenne l’esecutore principale della “Sweep”, lo schema cardine di tutto il playbook di Lombardi, un gioco di corsa provato in allenamento per ore ed ore fino alla perfetta riuscita e basato sul sincronismo di tutta la linea offensiva. La sweep prevedeva che una delle due guardie andasse in pull insieme ad un running back per condurre la corsa dell’altro runner finchè questi non trovasse il buco giusto per sprintare finalmente downfield. I Packers, nell’eseguire lo schema, potevano sfruttare le superbe capacità di bloccatore di Hornung e potevano anche variare il gioco trasformandolo in un option pass visti i suoi trascorsi da quarterback.

Giocando anche come kicker, Paul per i tre anni successivi fu il dominatore assoluto del football NFL, sempre in testa nella classifica dei punti segnati. Nella sua semplice visione delle cose, Lombardi aveva estrapolato e valorizzato le due caratteristiche principali della sua superstar: la velocità e la leadership, e le aveva messe a capo della perfetta macchina da football in cui i Green Bay Packers si erano trasformati. Un motore turbo che girava al massimo dei giri e condotto dal migliore dei piloti disponibili.

Nel 1960, l’anno in cui i Packers giunsero in finale perdendo solo all’ultimo secondo contro gli Eagles, Hornung totalizzò 176 punti totali, stabilendo un record che resisterà fino al 2006, battuto dai 180 punti del runningback dei San Diego Chargers Ladainian Tomlinson. Paul segnò 15 touchdowns, 15 field goals e 41 extra points in 12 partite di regular season, e perciò recentemente ha contestato il record di Tomlinson che invece è stato realizzato sulla distanza di 16 partite.
Nel 1961 fu, se possibile, ancora più dominante se si considera che per tutto l’anno non si allenò con i compagni in quanto era stato chiamato a prestare servizio come riservista ad Army.

Lombardi, sfruttando l’amicizia che lo legava al Presidente Kennedy, ottenne dei pass speciali per Paul che poteva in questo modo raggiungere la squadra la domenica. Nonostante questo handicap Hornung fu votato a fine anno Mvp della lega e segnò ben 19 dei 37 punti con cui i Packers distrussero i Giants nel Championship della NFL .
Intanto anche dal punto di vista personale, la relazione che si era sviluppata tra Paul e Lombardi era qualcosa di molto particolare. Si è sempre detto che Lombardi avesse tre figli maschi: Vincent Jr. era quello biologico, ma col quale non ci fu mai un rapporto intenso come quello che aveva con i due “football sons”, Bart Starr ed Hornung. Starr era quello di cui ci si poteva sempre fidare, quello che eseguiva alla perfezione gli ordini del generale; Paul era invece il figliol prodigo, e quindi il più amato. Notre Dame, Heisman Trophy, cattolico e rispettoso verso la madre: come potevano Vincent e Bart competere con questo?
In allenamento ed in partita Paul faceva da cuscinetto tra Lombardi ed i compagni di squadra. Il suo carattere da leader faceva in modo che potesse sopportare senza conseguenze le sfuriate, le critiche e finanche le multe che il coach, nella sua incessante ricerca della perfezione, gli appioppava, la maggior parte delle volte per passare fuori tutta la notte insieme al suo compagno di scorribande Max McGee contravvenendo al coprifuoco imposto dal coach.
“Lombardi avrebbe potuto anche frustarlo e Paul l’avrebbe accettato. Niente l’avrebbe spezzato” disse Ron Kramer. Hornung aveva capito che alcuni dei suoi compagni più in vista come Starr, Taylor e McGee avrebbero ceduto sotto tutta quella pressione e così la sua capacità di assorbire i roventi modi del coach rendeva tutto più facile anche per i colleghi meno dotati.

Hornung era costantemente nei pensieri di Lombardi, se la sera tardi squillava il telefono Lombardi scattava preoccupato che qualcosa di grave fosse successo a Paul, poi la moglie gli ricordava puntualmente che avrebbe avuto un altro figlio di cui preoccuparsi in prima istanza. D’altronde Lombardi non aveva tutti i torti, visto lo stile di vita fuori dal campo che Hornung conduceva.
Della sua propensione alla vita notturna abbiamo già accennato, quello che manca per completare il quadro è il rapporto che Paul aveva col gioco d’azzardo e con le scommesse, una presenza costante nella vita di un giovane cresciuto a Louisville, la città del Kentucky Derby, una città in cui lo stesso modo di esprimersi delle persone è modellato dalla cultura dello scommettere, e, come tutti i suoi concittadini, anche Paul cedeva spesso all’ irresistibile richiamo del “gambling & betting”. Durante il suo anno da senior a Notre Dame aveva fatto un’ amicizia che in seguito si rivelerà pericolosa per la sua carriera. Un giorno, a San Francisco, gli avevano presentato un certo Bernard “Barney” Shapiro, un uomo d’ affari che possedeva una compagnia che realizzava grossi profitti installando flipper e slot machines in alcuni hotels di Las Vegas. I due diventarono grandi amici e si incontravano sempre durante i viaggi dei Packers sulla West Coast. In seguito Barney aveva preso l’ abitudine di telefonare spesso ad Hornung per chiedergli cosa pensava che avessero fatto i Packers quella settimana. Nulla di illegale fin qui, in fondo era solo un modo per orientarsi sulle scommesse da piazzare ed inoltre Paul gli diceva sempre la cosa più ovvia: che avrebbero vinto e che erano talmente forti da coprire lo spread senza problemi. La cosa peggiorò quando durante queste telefonate Paul iniziò ad incaricare sempre più spesso il suo amico di piazzare per conto suo dei soldi su delle partite, anche quelle dei Packers ed il contratto standard dei giocatori NFL proibiva esplicitamente di scommettere sugli incontri della Lega, dietro pena di sospensione. Hornung non si mise mai nella pericolosa condizione di dover fare o meno qualcosa per modificare il risultato di una partita su cui aveva scommesso, però si rendeva conto della posizione vulnerabile in cui si trovava e tuttavia questo non lo turbava più di tanto, anzi aggiungeva ulteriore brivido alla sua vita.

I Packers intanto avevano vinto il loro secondo Championship consecutivo al termine di un 1962 in cui erano stati virtualmente imbattibili, però agli inizi del 1963 il Commissioner Pete Rozelle aveva formato un pool composto da 16 ex agenti dell’FBI con l’incarico di investigare su alcune voci che diventavano sempre più credibili, cioè che esistesse un giro di scommesse sulla Lega a cui partecipavano gli stessi giocatori.
Uno dei nomi che venne fuori fu proprio quello di Hornung, Lombardi lo chiamò nel suo ufficio e Paul gli giurò di essere estraneo ai fatti. Il coach di solito credeva a quello che gli dicevano i suoi ragazzi finchè non gli fosse stato provato il contrario. Ma le indagini di Rozelle rivelarono i fatti per come erano realmente e Hornung firmò un documento in cui ammetteva tutto al Commissioner. Il risultato fu la sospensione a tempo indeterminato dalla Nfl per lui e per un’altra superstar, il lineman dei Detroit Lions Alex Karras.
Lombardi uscì sconvolto da questa storia, gli sembrò che il cielo gli fosse caduto addosso: Paul era stato un folle a scommettere, aveva tradito la sua fiducia mentendogli ed infine aveva confessato tutto a Rozelle prima che a lui stesso. Un figlio aveva mentito ad un padre, il rapporto tra i due uomini non sarà più lo stesso e la stessa salute di Lombardi aveva preso una prima severa bastonata.
Per tutto il 1963 ai Packers mancò la leadership di Hornung, se dal punto di vista del personale e del talento in campo lo rimpiazzarono molto bene, quello che non riuscirono a sostituire fu il suo modo di elevare il livello di gioco della squadra e dei compagni. Per la prima volta dalla rookie season di coach Lombardi arrivarono secondi nella divisione dietro i Bears pur perdendo solo due partite.
Nel marzo del 1964 la Lega rivalutò la posizione dei due atleti, specie per il fatto che entrambi avevano ammesso la colpa e Rozelle decise di annullarne la sospensione. Un provvedimento simile per fatti non relativi alle droghe rimarrà l’ ultimo fino alla sospensione di Pacman Jones per la stagione 2007. Nel 2006, in una intervista con Bob Costas, Hornung dichiarò che furono le costanti pressioni di Lombardi sul Commissioner a risolvere la sua posizione. In cambio egli giurò al suo padre adottivo che non avrebbe mai più avuto nulla a che fare con le scommesse e con Las Vegas ed addirittura che non sarebbe mai più andato a vedere il Kentucky Derby, cosa che faceva ogni anno, finchè avesse giocato nella NFL.
Paul dimostrò le sue buone intenzioni per il futuro arrivando volontariamente a Green Bay alla metà di aprile per iniziare la preparazione. Sprint sulle 100 e 50 yards, su e giù incessantemente per gli scalini dello stadio ed il Golden Boy si rimise in perfetta forma per la nuova stagione.
Il primo giorno del training camp, mentre Hornung sistemava le proprie cose nella solita stanza, il suo abituale compagno di camera, McGee, entrò dicendo: “Non so se quest’anno posso dividere la camera con te. Si suppone che io non debba essere associato a degli scommettitori”. Il comeback del Golden Boy era comunque l’ argomento del giorno e metà dei giornalisti Americani erano a Green Bay per raccontare la storia.

L’opening game contro i Chicago Bears sembrò mettere tutti d’accordo perché i Packers vinsero e Hornung giocò una delle sue classiche partite all-around, segnando tre field goals, correndo le sweep e completando degli option pass. Ma quello fu l’unico momento brillante della stagione perché un grave infortunio a Jerry Kramer e l’inaccuratezza di Paul come calciatore costarono alcune sconfitte e la squadra si piazzò di nuovo seconda.
Nel 1965 il livello di gioco di Hornung scese ancora, nonostante Lombardi avesse preso un calciatore a tempo pieno per ridurre la pressione sul suo Golden Boy. Tom Moore e Elijah Pitts rubavano sempre più minuti di gioco a Paul ed addirittura in una partita contro i Vikings successe l’impensabile: Hornung fu in panchina per quasi tutto l’incontro! Ma, come al solito, i fuoriclasse si svegliano sempre quando ce n’è bisogno, e, nella partita chiave della stagione contro la capolista Baltimore, Paul tirò fuori ancora una volta le sue magie. Ferito nell’orgoglio per essere stato messo fuori lineup nella partita precedente, passò tutta la settimana ad allenarsi in modo forsennato, la sera rimaneva in camera bevendo solo analcolici e la difesa dei Colts ne pagò le spese. Segnò cinque touchdowns, tre su corsa e due ricevendo lunghi passaggi da Starr, ma il gioco decisivo per l’incontro lo mise a segno con un tackle. Sul 14-13 per i Packers un difensore dei Colts ricoprì un fumble di Taylor e sprintò verso la endzone, ma Paul lo raggiunse e lo placcò sulle quattro yards. Sul gioco seguente il linebacker Dave Robinson intercettò il passaggio del quarterback di Baltimore e segnò un touchdown che praticamente chiuse l’incontro.

Il Championship contro i Cleveland Browns , giocato nella neve e nel fango del Lambeau Field fu l’ultima grande partita della coppia Taylor & Hornung. Insieme corsero per più di 200 yards e Paul segnò su una sweep riconquistando per Green Bay la nomea di Titletown USA.
L’anno seguente i Packers giunsero a disputare il primo Super Bowl della storia contro i Kansas City Chiefs ma il contributo di Hornung per quella stagione fu minimo a causa di un infortuno che lo tenne fuori anche dalla finalissima, vinta per 35-10. Paul passò il tempo ad organizzare il suo imminente matrimonio con Patricia Roeder, una ragazza di Green Bay che stava tentando la carriera di attrice ad Hollywood.

Durante la offseason si tenne il draft supplementare per formare il roster della nuova franchigia dei New Orleans Saints. Ogni squadra doveva mettere a disposizione otto giocatori e Lombardi incluse Hornung in questa lista credendo che i Saints non lo avrebbero mai scelto date le sue pessime condizioni fisiche. Il coach non potè credere ai suoi occhi quando vide il nome del suo Golden Boy incluso nella lista delle scelte. Lombardi era furioso ed amareggiato, aveva rischiato ed ora pensava di aver rovinato definitivamente il suo rapporto con Paul contravvenendo a tutti i dettami di lealtà che andava predicando da anni. Quello che il coach non poteva sapere era che lo stesso Hornung aveva orchestrato tutto chiamando il coach dei Saints, Tom Fears, e rivelandogli che sarebbe stato messo sulla lista. Fears, ex assistente a Green Bay, gli chiese in che condizioni fosse ed Hornung gli nascose la realtà dei fatti. La recita del personaggio Hornung proseguì quando furono resi pubblici i risultati del draft, Paul si dichiarò molto sorpreso che i Packers l’avessero scaricato ma che non nutriva alcun sentimento di rancore verso di loro. Business first: ambedue le parti ricavarono grossi vantaggi da questa operazione, Paul ebbe un contratto da favola e la possibilità di condurre uno show televisivo, i Saints si erano assicurati un nome di punta col quale poter vendere i biglietti della loro opening season. Un nome al quale si aggiunse subito dopo quello del backfield mate di Paul, Jim Taylor, anch’egli attratto dai soldi che gli offriva l’ expansion team per chiudere la carriera nella sua nativa Louisiana.
Purtroppo tutto questo battage pubblicitario non trovò un riscontro sul terreno di gioco: Taylor ebbe una stagione disastrosa, la peggiore dal suo anno da rookie a Green Bay, quella di Hornung non iniziò nemmeno. I medici gli riscontrarono dei gravi danni alla colonna vertebrale e lo avvisarono che un altro colpo lo avrebbe potuto ridurre a vivere su una sedia a rotelle.
L’epopea di Thunder & Lightning era finita, i due si ritirarono ufficialmente dal football giocato alla fine di quella stagione. “I’ve had ten beautiful years” fu la frase che sancì il ritiro del Golden Boy.

“Sonny, you’re gonna love the guy”. Queste furono le parole pronunciate da Paul che tranquillizzarono un preoccupato Sonny Jurgensen mentre iniziava la sua breve relazione col nuovo head coach dei Redskins Vince Lombardi all’alba della stagione 1968. Il talentuoso quarterback di Washington, che aveva la stessa reputazione di playboy ed amante della vita notturna del Golden Boy, temeva che con l’ arrivo del nuovo allenatore iniziasse un’era di vita monastica e piazzò una telefonata a Louisville per chiedere lumi sull’argomento. Ma Paul era rimasto fedele ai colori che aveva vestito per un decennio e non dimenticherà mai che se era arrivato in cima al mondo lo doveva essenzialmente ad un solo uomo. Qualche mese prima aveva presenziato sulla sideline dei Packers durante il famoso Ice Bowl contro i Cowboys per ispirare e motivare i suoi ex-compagni. Anche in recenti interviste ha espresso ripetutamente la sua lealtà nei confronti del suo “football father”. Quando gli è stato chiesto se il modo di allenare di Lombardi funzionerebbe ancora oggi ha risposto: “E’ un metodo sempre attuale perché Lombardi non ci insegnava solo a vincere ma soprattutto ci faceva capire la ragione per cui dovevi fare una determinata cosa. Partendo dai fondamentali ci diceva sempre che se sei in grado di bloccare e placcare bene puoi competere con chiunque.”
Riguardo al suo stile di vita fuori dal campo: Se avessimo avuto un coach più permissivo non avremmo vinto nulla ed io non avrei avuto successo perchè (testuale) “i need my ass to be kicked”. Lombardi un giorno mi disse “Tu e Max McGee mi mancate molto perchè nessuno infrange le regole come voi. Se non ho nessuno da multare non posso impartire la disciplina agli altri.”

Un po’ critico verso la NFL della free agency ha affermato: “La nostra forza era quella di un gruppo che aveva lavorato insieme per sette/otto anni. Quando Bart entrava in campo spesso non c’era alcun gioco chiamato prima che avesse dato un rapido sguardo alla difesa direttamente dalla linea. Un segnale e boom, si partiva. E nessuno faceva il minimo errore mentale. Ma questo ora è molto difficile perché non si lavora con lo stesso nucleo per più di tre/quattro anni. Inoltre il livello medio del giocatore NFL è sceso da quando ci sono oltre 30 squadre nella lega. Con 32 giocatori a roster per 12 squadre c’ erano solo 384 posti di lavoro nel football professionistico, oggi ce ne sono cinque volte di più. Nei miei primi due anni avevamo tre quarterbacks che oggi sarebbero starters per ognuna delle 32 squadre e lo stesso eravamo una franchigia perdente”.

Paul Hornung è stato introdotto nella College Hall Of Fame nel 1985 e l’anno dopo a Canton tra gli immortali della NFL, molto in ritardo rispetto alla sua eleggibilità se valutiamo quello che ha rappresentato per il football moderno. Inoltre il “Paul Hornung Award” è assegnato annualmente al migliore giocatore di liceo dello Stato del Kentucky.

Libri letti
Maraniss-When pride still mattered (Biografia ufficiale di Vince Lombardi)
Garner-Echoes of Notre Dame Football
Dick Shaap “Green Bay replay. The Packers’ return to glory”.
Barber & Fawaz “NFL’s greatest. Players, events and games”.

Siti web visitati
Wikipedia
Und.cstv.com (Sito della Notre Dame University, sezione atletica)
Sito della Pro Football Hall Of Fame

Legends | by Domenico | 04/01/08

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