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Reggie White: The Minister Of Defense

L’attacco vende i biglietti, la difesa vince le partite. Questa è una delle massime più famose del football nonchè dello sport nord americano in generale. Lo è diventata perchè in linea di massima è una considerazione che si è rivelata veritiera. E come i reparti offensivo e difensivo hanno una visibilità diversa, gli stessi uomini che li compongono non godono sempre della stessa notorietà. Così giocare in difesa significa talvolta essere un eroe nell’ombra, anche se “fai accadere” le cose che avvengono sul campo in favore della tua squadra.
Questo però non è il caso di Reggie White, soprannominato il ministro della difesa, temuto dai quarterbacks avversari, ma anche così amato da essere stato votato in epoca recente come il giocatore più rappresentativo della storia degli Eagles.
Reggie ha avuto una grandissima carriera, è attualmente il secondo nella classifica riguardante i sack ed ha il suo busto a Canton, nella Hall of Fame dove rimarrà a memoria di tutte le volte che ha messo le mani addosso ai QB avversari e di tutti gli uomini delle linee offensive che non hanno trovato il modo di arginarlo. Però la sua è anche una storia triste perchè è venuto a mancare a soli 43 anni a seguito di un’aritmia cardiaca provocata da dei disturbi con i quali conviveva da parecchio tempo. Ma noi non idagheremo sui motivi della sua morte, quanto su quelli che lo fanno ricordare.

La storia che porta il ragazzo del sud a guadagnarsi sul campo la nomina a Ministro della Difesa, inizia nel Tennessee, uno di quegli stati in cui il football è più simile ad un culto che semplicemente ad uno sport. Come tantissimi atleti, all’high school si cimenta in più discipline, ed alla palla ovale affianca quella a spicchi da basket, dimostrandosi un ottimo giocatore in entrambi gli sport. Ma il suo destino non è legato al parquet, bensì al prato verde.
Arriva così al college, diventando un end di Tennessee, e nella sua carriera con i Volunteers mette a segno tutti i record di sack possibili. Non solo per un match, ma anche per un singolo giocatore nell’arco della sua permanenza nell’università, stabilendo un primato ancora imbattuto, ed ovviamente diventa All American.

Uscito dall’università però non si allontana troppo da casa, e va a giocare a Memphis, quindi non nella NFL ma nella USFL, giocandovi nelle stagioni 1984 e ’85. Ma questa lega proprio nell’85 fallisce, lasciando così a White l’opportunità di misurarsi al massimo livello di competitività. I suoi diritti sono posseduti dai Philadelphia Eagles, che lo avevano scelto nel 1984 come quarta scelta del draft supplementare, e che quindi non esitano a metterlo a roster.

A Philadelphia diventa una leggenda. Al suo primo anno vince il premio per miglior rookie difensivo, per essere quindi selezionato nella stagione seguente per il primo di 13 Pro Bowl consecutivi che giocherà.
Come all’università, anche con gli Eagles ritocca verso l’alto alcuni record difensivi di franchigia, come ovviamente quello dei sack in una singola stagione, 21, e quelli totali, 124. Ma anche se non vincerà mai né il titolo né la NFC durante la sua permanenza nella Pennsylvania, si afferma come un giocatore realmente dominante.
Grosso, ma comunque veloce, aveva portato il ruolo di defensive end ad un livello superiore. Perchè non era solo un bisonte con un primo passo fulmineo, ma aveva anche la forza per mettere in difficoltà i QB con la bull rush, ovvero spingendogli addosso i propri uomini di linea.
Chi lo ha visto giocare dal vivo dice che era come un camion lanciato che passava sopra i tackle.

Ma anche se a Philadelphia si afferma già come uno dei più grandi pass rusher di sempre, ed è amatissimo dal pubblico, nel ’92 diventa free agent e gli Eagles lo perdono in direzione Wisconsin.
In quegli anni, come dirà più tardi il GM dei Packers Ron Wolf, ci sono stati solamente 2 free agent veramente dominanti. Uno era Deion Sanders, l’altro è stato proprio White. Con la sua acquisizione, i Packers avevano inserito nel loro organico un giocatore che risulterà poi fondamentale per spezzare l’alternanza tra San Francisco e Dallas alla vetta della NFC.
Il suo biglietto da visita è la frase ”I bring the sack to the pack”. E così sarà. Con Green Bay continua a migliorare i suoi record, ma la cosa più importante è che ora gioca in una squadra che anche grazie a lui è cresciuta sino a diventare una contender per il titolo, cosa che a Green Bay non si vede dalle epoche gloriose ma ormai remote di Vince Lombardi. Ma tutti questi anni senza trionfi terminano con il Super Bowl XXXI a New Orleans contro i New England Patriots di Bill Parcells e del QB Drew Bledsoe che incontrerà Reggie nel suo backfield per ben 3 volte, record per la finale eguagliato solo nel 2008. Di questi 3 sack, 2 arrivano a distanza di pochi secondi, e mettono anche il suo sigillo al primo, ed unico, titolo che vincerà in carriera.

L’anno successivo ritorna al grande ballo, ma questa volta sono i Denver Broncos di John Elway ad aggiudicarsi la contesa, in una partita spettacolare e che spezza il dominio delle squadre della NFC.
Nell’estate di quello stesso anno si ritira per poi ritornare nel 2000 e giocare un’ultima stagione a Charlotte con i Carolina Panthers, ma lo fa a 39 anni, ed ormai fisicamente è lontano dai suoi giorni più luminosi.

Una caratte distintivo di White era dato dalla sua incrollabile fede. Ne dava dimostrazione sia sul campo che fuori. Durante le partite, aggrediva i QB avversari, e dopo averli stesi gli chiedeva ”è tutto ok? Che Dio ti benedica”. E poi si riposizionava sulla linea di scrimmage, pronto per ricominciare la caccia. Non solo, alla fine di ogni contesa, si metteva in ginocchio e con suoi compagni ma anche avversari, iniziava una preghiera in cui ringraziava il Signore per la partita, perchè nessuno aveva subito infortuni o gli chiedevano di vegliare su qualche giocatore se questi non era uscito dal campo incolume.
Invece fuori dal campo la sua fede gli ha creato qualche problema, dovuto alle sue dichiarazioni su come l’omosessualità sia una malattia che si può combattere, che gli hanno causato una serie di critiche e la perdita di un sostanzioso contratto televisivo per i pregame delle partite. Ma questo non ha comunque intaccato quanto ha fatto con il casco addosso, anzi, chiunque gli sia stato vicino ne ricorda non solo la leadership in campo, ma anche la grande umanità, la disponibilità ad aiutare il prossimo e l’impegno sociale.

Il giocatore, ma non solo, anche l’uomo White era amatissimo, e lo era tanto che il suo ricordo non è svanito con la morte, ed anzi, la sua maglia è stata ritirata da tutte le squadre in cui ha giocato eccetto i Panthers. Tennessee, Philadelphia e Green Bay lo hanno onorato in questo modo, e a Chattanooga, la sua città natale, gli è stata anche dedicata una strada. Infine, nel 2006 è arrivato il riconoscimento più importante, il coronamento della sua carriera, l’introduzione nell’arca di gloria al fianco delle altre leggende che hanno scritto la storia del football.

Come si può concludere un articolo su White? Come al solito non ci si deve fermare alle cifre ed ai record, perchè tutti i giocatori che ricordiamo ne detengono tanti, sennò non sarebbero nella Hall of Fame o comunque non ne descriveremmo le gesta. La carriera di White ci lascia di più, ci ricorda un giocatore che è stato tra i più rappresentativi non solo per gli Eagles, non solo per i Packers e nemmeno solo per gli stati del sud. E’ stato rappresentativo, è stato un simbolo dei giocatori di difesa. In lui si incarnano l’aggressività, la determinazione di andare a prendere il QB, di andare a recuperare il pallone, di combattere per difendere il proprio territorio. Ed è rappresentativo anche degli unsung heroes che nel football sono molti di più che in qualsiasi altro sport, perchè ad ogni battaglia vinta, il festeggiamento non è stato mai uguale a quello di un TD. Fermare un terzo down, guadagnare un punt da far calciare agli avversari è il risultato di uno sforzo che non verrà mai apprezzato quanto uno spettacolare lancio e ricezione da 6 punti. Ma cosa volete.. gli attacchi vendono i biglietti.. le difese voncono le partite.

“E’ forse il miglior giocatore che ho mai visto, ed è sicuramente il migliore con cui ho giocato insieme o contro. Nella vita ha aiutato molte persone. Ed era un grande amico dentro e fuori dal campo. Mancherà a tutti”. Brett Favre.

Legends | by Alvin Gabbana | 04/04/09

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