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Rich Gannon: l'ultimo Grande Raider

“If I could have started my career in this situation, then of course I would have been successful. But that’s not the way things work. You have to grab opportunities and not let go.”

Quella che vi andremo a raccontare di seguito, è la storia di come si possa diventare il quarterback più forte della Lega a 37 anni, e di colui che riuscì in quest’intento: Rich Gannon.
Leadership e sangue freddo, unite ad una buona mobilità e ad un braccio preciso, furono le doti principali che contraddistinsero il suo modo di stare in campo, ma se noi oggi siamo qui a ricordarne le gesta, lo dobbiamo soprattutto alla sua immensa forza di volontà, alla sua testardaggine e alla fiducia che riponeva nei propri mezzi e nel proprio talento.

Richard Joseph Gannon nacque il 20 Dicembre 1965 a Philadelphia, nella Pennsylvanya, figlio acquisito di Bill Brown, ex runningback 4 volte al ProBowl. Nella Città dell’Amore Fraterno, visse la sua gioventù e frequentando l’high school al St. Joseph’s Preparatory, dimostrò subito notevoli abilità nelle attività sportive, soprattutto di squadra: ottenne infatti diverse borse di studio per meriti non solo legati al football ma anche ad altri sport come la pallacanestro ed il canottaggio.

Il suo futuro però era senza dubbio legato alla palla ovale. Nel 1983 si trovò a dover scegliere il posto migliore dove proseguire gli studi, ma soprattutto dove poter migliorare e mettere in mostra le proprie capacità balistiche: la decisione ricadde sull’Università del Delaware a Newark, non troppo lontana da casa, e che disponeva di un coaching staff di primissimo livello NCAA. Head Coach di quella squadra, ormai già dal lontano ’66, era il leggendario Harold “Tubby” Raymond, celebre per l’impostazione di gioco basata sulla sua Wing-T Offense che ben presto avrebbe esaltato anche le abilità del giovane Rich. Fu il quarterback titolare dei Blue Hens per tre stagioni dal 1984 al 1986, con un record complessivo di 24 vittorie e 11 sconfitte: nell’84 guidò la sua Delaware al 19° posto nel ranking nazionale e nell’86 addirittura al 13° portandola di peso ai quarti di finale del torneo NCAA. Nel suo ultimo anno al college fu nominato Player of the Year per la Yankee Conference e stabilì una lunga serie di record individuali (ben ventuno) per il suo ateneo.

Al termine dei canonici quattro anni di università, era pronto per il grande salto tra i professionisti: al draft del 1986 venne scelto solamente al quarto giro, 98° assoluto, da New England. I Patriots all’epoca erano reduci da una stagione eccellente terminata solamente con una fallimentare sconfitta al Super Bowl, ed avevano tra i propri punti di forza il QB Tony Eason; perciò proposero a Gannon di reinventarsi nel ruolo di defensive end: egli rifiutò categoricamente e perciò fu presto scambiato con i Vikings per un paio di scelte al prossimo draft.

I primi tre anni a Minneapolis Rich non vide molto il campo: l’HC Jerry Burns ne fece di lui il QB di riserva dietro il titolare Wade Wilson, nel periodo tra l’’87 e l’’89 in cui la squadra giungeva puntualmente alla post-season senza però mai arrivare fino in fondo. Per lui solo sette scampoli di gara nei primi due anni, nessuna presenza nell’’89.

Il 1990 portò a Minneapolis un’aria di rifondazione: a trarne vantaggio fu il giovane Gannon che gradualmente conquistò la fiducia di coach Burns e prese il posto di Wilson come signal caller titolare. Le prime due stagioni da starter le chiuse superando in entrambe le 2000 yards lanciate, con un saldo complessivo di 28 touchdown e 22 intercetti e con un QB rating in costante crescita, senza però riuscire a trascinare i Vikings alla post-season.

L’appuntamento con la prima partita di playoff per Rich sembrerebbe poter giungere nella stagione ’92. L’Head Coach Dennis Green, subentrato appena quell’anno a Burns, aveva a disposizione un team piuttosto competitivo e nel ruolo di quarterback sembrò voler dare fiducia ai progressi di Gannon. Ma se la squadra pareva lanciatissima verso l’accesso alla post-season, per il nostro le cose non andarono altrettanto bene: il rendimento non fu quello in continuo progresso delle stagioni precedenti e dopo 12 partite, venne sostituito dal QB Sean Salisbury, ingaggiato dalla CFL (Canadian Football League).

Per Gannon arrivò il momento di cambiare aria: scambiato con i Redskins per una scelta al draft, successivo giunse quindi nella Capitale, per quella che si dimostrerà essere la tappa più sfortunata della sua carriera. Washington era reduce da un’ottima annata e nel ruolo di quarterback Rich si ritrovò davanti il titolato Mark Rypien, peraltro in un ottimo momento di forma. Quest’ultimo però s’infortunò alla seconda di campionato, aprendo al nostro le porte dell’undici titolare. Purtroppo durante il periodo di convalescenza di Rypien, Gannon deluse le attese, in primis quelle di coach Petitbon, e venne riposto in panchina dopo soli quattro incontri, coi Redskins che nel frattempo scivolavano nei bassifondi della lega.

E ad un 1993 deludente seguì un 1994 ancora peggiore: un grave infortunio ai tendini della spalla gli precluse ogni possibilità di rivalsa, tenendolo fuori per tutta la stagione. Allo scadere di quest’ultima, Rich si liberò dal contratto coi Redskins e firmò come free-agent per i Chiefs.

In quel di Kansas City si ritrovò a dover ripartire nuovamente daccapo: era il 1995 e Richard, alla soglia dei 30 anni, non aveva ancora dimostrato che una minima parte del suo talento. Designato al ruolo di back-up del veterano Steve Bono, nelle prime due stagioni seppe guadagnarsi la stima ed il rispetto dello spogliatoio, facendosi sempre trovare pronto quando veniva chiamato in causa.

Il 1997 preparò i Chiefs ad una stagione dalle grandi prospettive: Coach Marty Schottenheimer aveva a disposizione una squadra da titolo, coperta in tutti i reparti, forse fin troppo in alcuni. Nel ruolo di QB ad esempio, dove a far compagnia a Gannon non c’era più Bono ma il più giovane Elvis Grbac: entrambi erano pronti per un posto da titolare e sin dal camping estivo si aprì una controversa situazione tra loro due ed il coach; alla fine Schottenheimer decise di puntare su Grbac. Dopo dieci gare però, sul record di 8-2 per i Chiefs, Elvis si infortunò e dovette lasciare il posto di comando al nostro Rich: dopo una sconfitta iniziale con Jacksonville (chiusa comunque con ben 314 yards lanciate), Gannon condusse i suoi a 5 vittorie consecutive, assicurando una comoda post-season a Kansas City. Nel frattempo Grbac tornò a disposizione e Schottenheimer non se la sentì di rinnegare la sua scelta fatta in tempo di pre-season: Gannon venne rimesso in panchina, costretto ad assistere i suoi compagni affondare nel Divisionale contro Denver.

L’anno dopo si ripresentò la medesima situazione: Rich venne ancora una volta delegato in panchina, chiamato in causa solamente quando Grbac era costretto a star fuori per infortunio; stavolta però Kansas City chiuse con un record negativo di 7-9 e rimase fuori dai playoff. Non gli rimase altre da fare che attendere la fine della stagione e ritornare in estate nel mercato dei free-agent, dove venne messo sotto contratto dagli Oakland Raiders: per l’ormai trentaquattrenne Gannon si apriva così l’ultimo ed il più importante capitolo della sua vicenda sportiva.

“There are certain things Rich brings to a team. He is a mobile guy. He does well in crunch time. He has an aura about him. We clicked right away. I’d never been around a guy who was so passionate about playing. Rich is the guy who made the difference” (Jon Gruden)

Nel lato neroargento della baia trovò una franchigia pronta per il grande salto ed allenata da un coach giovane e dalle grandi capacità, Jon “Chucky” Gruden: il suo gioco, il West Coast Offense, esalterà come mai prima le abilità di Rich che al tempo stesso si dimostrerà essere il miglior regista possibile che quest’impianto offensivo potesse chiedere. Divenne così titolare inamovibile e leader indiscusso di una squadra che ormai stava per mettere fine all’astinenza dai playoff nella quale era caduta, aggiungendo ogni anno dei pezzi pregiati a quella che sarebbe poi diventata da lì a poco una vera e propria corazzata.

Il primo anno ad Oakland si chiuse con un record di squadra di 8-8, mentre Gannon grazie ad un’ottima stagione da 3840 yards lanciate e 24 td pass contro 14 intercetti venne convocato per la prima volta al Pro Bowl.

Lasciata alle spalle la prima esperienza hawaiana, Rich si ritrovò ad affrontare con i suoi compagni una prima trionfale stagione. I Raiders terminarono la regular season con un record 12-4, vincendo dopo nove anni di astinenza il titolo della AFC West Division e giungendo direttamente al secondo turno di playoff: la prima gara di postseason per Gannon fu una facile vittoria su Miami per 27-0. L’accesso al Super Bowl per Oakland passava dal Championship contro Denver, ma la sorte non fu dalla loro: un infortunio alle costole incorso a Gannon durante le prime fasi di gioco, precluse ai neroargento ogni possibilità di vittoria: 16-3 per i Broncos e addio sogni di gloria.

Il 2001 ad Oakland giunse un’altra pedina fondamentale per l’attacco di Gruden: il mitico Jerry “World” Rice, che andò a far coppia nella batteria dei ricevitori al servizio di Rich con un altro grandissimo, Tim Brown. Con le premesse di un team ancora più competitivo, i Raiders portarono a termine un’altra buona regular season, conclusasi con un record di 10-6 e con la vittoria di un nuovo titolo divisionale. Costretti al turno di Wild Card, Rich e compagni dovettero sbarazzarsi in casa dei New York Jets, prima di accedere al delicato Divisional contro i Patriots. In un Foxboro Stadium imbiancato dalla neve fioccante, i Raiders sembravano riuscire a prendere il sopravvento sui padroni di casa e si portarono in vantaggio per 13 a 3 dopo tre quarti di gara. Nel quarto periodo, New England accorciò le distanze sul 13-10 e quando mancavano due minuti allo scadere, col possesso a favore, videro il loro QB Tom Brady costretto al fumble dal cornerback avversario Charles Woodson: ma i Patriots contestarono la chiamata appellandosi all’ambigua tuck rule in vigore, chiedendo la prova televisiva che fece cambiare il fischio arbitrale in un semplice passaggio incompleto. New England ebbe quindi a disposizione la possibilità del field goal del pareggio dalle 45 yards e, nonostante le difficili condizioni climatiche, Adam Vinatieri non sbagliò, portando le due squadre all’overtime. Ai supplementari poi fu ancora un suo calcio piazzato a consegnare la vittoria ai Patrioti e ad accendere il rammarico negli animi dei Raiders, a causa di quella chiamata alquanto dubbia fischiata sul finire dei regolamentari. A questa cocente delusione inoltre si aggiunse in primavera l’addio, non privo di polemiche, dell’HC Chucky Gruden, passato sulla sidelines di Tampa Bay in cambio di una prima scelta al draft successivo: il suo posto fu preso da Bill Callahan.

Dopo tre convocazioni al Pro Bowl, di cui le ultime due culminate con la vittoria del titolo di MVP dell’incontro (mai nessuno aveva visto assegnarsi questo titolo per due anni consecutivi), Richard è atteso dalla stagione dell’assoluta consacrazione. Con 4689 yards lanciate, per 26 tds contro 10 intercetti ed un qb rating di 97,3 Gannon non solo condusse Oakland alla terza vittoria consecutiva nella AFC West Divison con un record di 11-5, ma portò a casa il prestigioso titolo di MVP della Lega. Ormai trentasettenne e dopo anni di sacrifici, episodi sfortunati e tanto duro lavoro, Rich finalmente raggiunse l’eccellenza nel suo campo e poteva a tutti gli effetti essere considerato il quarterback più forte in circolazione: l’unico obiettivo rimastogli da raggiungere era la partecipazione e la vittoria al Super Bowl, ed i suoi Raiders avevano tutte le carte in regola per arrivarci.

Oakland dimostrò essere anche nella post-season una schiacciasassi: macinò per 30-10 i New York Jets nel Divisionale e sconfisse per 41-24 i Tennessee Titans nel Championship. Il grande sogno di Richard e di tutta la Raider Nation era vicinissimo alla realizzazione, ma un ombra sinistra calava assassina sulle speranze dei neroargento: era quella dell’ex Chucky Gruden e dei suoi Buccaneers, che con una post-season altrettanto impressionante, raggiunse Oakland al Super Bowl XXXVII, per la sfida tra le due squadre più forti della nazione. Il miglior attacco contro la miglior difesa della NFL, ma c’era di più: la fenomenale macchina offensiva dei Raiders era la stessa che per tanti anni aveva guidato Gruden nella baia, ed il suo esecutore, Gannon, adesso si ritrovava contro il proprio mentore nella sfida più importante della sua vita, l’unico avversario che non poteva battere. Inoltre si aggiunse una settimana di avvicinamento all’evento dai connotati quasi irreali: a farne le spese furono proprio i Predoni che arrivarono all’appuntamento come svuotati dalla pressione, addirittura privi del loro centro Barret Robbins, sparito la vigilia della partita e ritrovato in pessime condizioni la mattina dopo. Non avevano scampo: per Chucky le offensive di Oakland erano come un libro aperto ed aveva previsto ogni loro mossa fin nei minimi particolari; il risultato furono i 5 intercetti consegnati da Rich nelle mani dei Bucanieri, record, a dir poco negativo, per un singolo Super Bowl. Fu un massacro: la difesa di Tampa dominò ogni tentativo di ripresa da parte di Oakland e vinse il titolo di campione con il risultato di 48 a 21. Su singola gara i Raiders avrebbero stritolato qualsiasi altro avversario, ma quei Buccaneers, con Gruden a guidarli, erano un ostacolo insormontabile per loro.

Da quest’ultima terribile delusione i Raiders non si ripresero più: la stagione seguente, dopo un avvio non esaltante, alla settima partita, sul record di 2-5, Gannon subì un nuovo infortunio alla spalla che lo tenne fuori per il resto della stagione. In assenza del proprio leader, lo spogliatoio andò in frantumi facendo emergere numerosi dissidi interni e contro coach Callahan, che, incapace di gestirli, chiuse l’annata con un record di 4–12 e venne esonerato dal suo incarico.

Sotto la guida del nuovo coach Norv Turner, Richard si ripresentò ormai 39enne ai nastri di partenza di una nuova stagione: dopo due ottime prime partite, alla terza subì ancora un infortunio, l’ultimo, stavolta al collo, che gli suggerì di abbandonare definitivamente l’attività agonistica: Il 6 agosto 2005 dichiarò davanti all’intera Raider Nation che per lui era giunto il momento di appendere il casco al chiodo.

Leader e ultimo reduce dei grandi Raiders di inizio millennio, Gannon ha segnato un’epoca importante, seppur breve, per Oakland, dimostrandosi all’altezza dell’eredità lasciatagli dalla lunga e celeberrima scuola di quarterback che l’avevano preceduto in maglia neroargento; in special modo dell’altro grandissimo Predone che aveva vestito il numero 12: Ken Stabler. A differenza di quest’ultimo, Rich non era stato baciato da un talento cristallino, ma dotato di un carattere combattivo, di un’etica lavorativa sbalorditiva, di una passione e di una dedizione per il gioco fuori dal comune, che portarono a maturare in lui una voglia di affermazione, che incontrerà pochi eguali nella storia di questo sport.

Legends | by Mike | 06/03/07

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