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Troy Aikman

Nel mondo dello sport ci sono dei giocatori che trascendono i colori della propria squadra. Uomini che magari non riescono ad accattivarsi le simpatie di tutti i tifosi, ma per quello che fanno vedere in campo, ne guadagnano il rispetto e la stima. Queste sono le leggende, eroi sportivi che scatenano ricordi, che regalano certe emozioni anche solo a sentirne il nome, anche senza mai averli visti giocare, ma attraverso il racconto della loro leggenda. Troy Aikman è una di queste leggende.

L’High school e College
Nato a West Corvina, in California, il 21 novembre 1966, Troy Aikman è il più piccolo dei tre fratelli nati da Charlyn e Kenneth Aikman. Vive a Cerritos in California per i primi 12 anni della sua vita, per poi trasferirsi con la famiglia in una fattoria dell’Oklahoma. In California aveva già mosso i primi passi sia nel baseball che nel football, ma nella sua nuova scuola nell’Oklahoma, la Henryetta high school, viene messo a fare il fullback e lui non ha il coraggio di dire al coach che è un QB. Alcuni raccontano che ritorna a farlo dopo che in allenamento riesce a scaraventare un pallone a 65 yards con una sbracciata spaventosa, forse è solo una storia, ma la cosa importante è che si riprende il suo ruolo, e lo fa così bene che riporta dopo 25 anni la sua high school ai playoffs. Anche se l’Henryetta viene eliminata al primo turno, la sua maglia da football viene ritirata, e viene convocato a disputare l’all star game dello stato, in cui impressiona con un TD pass da 80 yards.

Finite le superiori, la scelta di Aikman di andare al college non è facile da prendere. Non ha solo il problema di quale borsa di studio accettare tra le tante offerte, come accade a tutti i più promettenti prospetti sportivi che si apprestano ad entrare nel mondo universitario. Per Troy una grande tentazione viene da un’offerta di contratto dei New York Mets. Però il ragazzo californiano al guantone preferisce la palla ovale, entrando nel programma di Oklahoma dove il suo HC è un certo Barry Switzer.
È lui il QB titolare, e inizia subito a far capire di che pasta è fatto. Se ne accorgono Minnesota, Kansas State, Texas (diciassettesima nel ranking) e una Miami Univesity allenata da un altro HC che segnerà in futuro sia la carriera di Aikman che di Dan Marino, anche se in modi differenti: Jimmy Johnson. L’inizio collegiale è ottimo, ma la sua stagione finisce prematuramente il 19 ottobre a causa di un sack che gli spezza una caviglia. Questo infortunio manda in rampa di lancio il suo backup, Jamelle Holieway, freshman che guida i Sooners sino alla vittoria nell’Orange Bowl contro Penn State. E come si può cambiare il QB che ti fa vincere l’Orange Bowl? Questa domanda se la pone anche Troy, che decide così di cambiare università per non perdere il treno che lo deve portare al draft NFL. Su consiglio dello stesso Switzer, si trasferisce a UCLA, tornando nella natia California, scelta fatta perchè l’HC Terry Donahue predilige e dà molto spazio al gioco aereo. Per le regole sui trasferimenti nei college Aikman opta per la redshirt, così dopo un 1986 senza giocare, l’anno seguente prende in mano il timone della squadra ed in due stagioni i Bruins ripetono un record di 12-2, e già nell’anno da junior li porta alla vittoria contro Florida nell’Aloha Bowl del 1987.
L’anno da senior gli regala il Davey O’Brien Award, ovvero il titolo di miglior QB della nazione, primo orsacchiotto a ricevere questo riconoscimento, e arriva terzo nella corsa all’Heisman Trophy. Conclude la sua carriera universitaria trionfando al Cotton Bowl contro Arkansas, registrando il più alto rating dell’intera storia NCAA, diventando il secondo passatore della storia dell’ateneo in soli due anni con 5298 yards più 41 TD pass, e facendo bella figura a casa di quel Jerry Jones, proprietario dei Dallas Cowboys, che ha la prima chiamata al draft dell’estate.
La prima scelta pare quindi scontata, visto che anche tutta la stampa texana lo nomina già come prossimo QB dei Cowboys, ed in poco tempo tutti i tifosi già lo vedono con il casco argentato in testa. Lo stesso Tom Landry, che lo ha visionato nei workouts al Texas Stadium prima del Bowl, ne rimane impressionato.

Nell’NFL
Il draft non riserva sorprese, così il primo ragazzo ad indossare il cappellino dei Cowboys è l’All american di UCLA. La squadra di Dallas è una franchigia storica e gloriosa, già definita “America’s Team” per il grandissimo seguito che ha nel paese, ma ora è bisognosa di ricostruire dopo una stagione in cui aveva toccato un disastroso 3-13. Però il posto da titolare non è garantito, perchè il nuovo coach Jimmy Johnson, che ha da poco sostituito il leggendario Tom Landry, porta a casa dal draft supplementare anche il suo QB di fiducia da Miami Steve Walsh, che aveva giocato al college per Johnson e per gran parte del nuovo staff dei ‘boys. Nonostante ciò, già dal training camp Aikman si prende il posto, e diventa il primo QB rookie ad esordire dopo un certo Roger Staubach nel ’69, che prima di lui aveva scritto le pagine più gloriose della franchigia.
Le aspettative sul ragazzo californiano sono grandissime, per la voglia di tornare grandi che aleggia sul cielo del Texas, ma Johnson fa moltissimi esperimenti, scambia giocatori tra cui l’unico pro bowler Hershel Walker in cambio di scelte, impedendo così al suo rookie QB di avere un pacchetto di ricevitori fisso con cui sviluppare una chimica di gioco, un affiatamento, un feeling. Il risultato è che la stagione si chiude con un terrificante 1-15.
Nel suo esordio, i Cowboys rimediano uno shootout contro i New Orleans Saints (28-0), mentre nella partita successiva contro Atlanta, lancia il suo primo TD a Micheal Irvin, iniziando la favola di una delle combo più forti della storia di questo sport. Però lancia anche due intercetti e la partita viene vinta da Atlanta. Più o meno, tutti i match hanno questo andamento, e in più salta la parte centrale della stagione per una frattura ad un dito. Però anche in un’annata così storta per la squadra, qualche raggio di luce passa attraverso le nubi, ed il QB californiano fa intravvedere di che cosa è capace, tanto da settare il nuovo record di Yards lanciate per un esordiente a 397 contro i Phoenix Cardinals.
La sua stagione di matricola si conclude con un record di 0-11, e statistiche personali di 155 su 293 per 1749 yards, 9 TD, 18 INT, ma anche con la nomina nell’All rookie team.

La riscossa parte nel ’90, e segna l’inizio di una decade che regalerà successi e gloria eterna sia al giocatore che alla franchigia. Da una delle scelte, la diciassettesima, ricevuta nella trade di Walker arriva un altro RB, Emmitt Smith. Ancora nessuno lo sa, ma Dallas in 3 draft ha appena costituito forse il trio in attacco più devastante della storia del football. E infatti, con i 3 ragazzi, la squadra si trova ad un record di 7-7 a due partite dalla fine della stagione. Ma la sorte purtroppo decide che proprio nel momento decisivo Aikman si infortuni e la sua stagione finisca. Con lei, anche i sogni di post season dei Cowboys, che perdono le ultime 2 partite, chiudendo con un record di 7-9.
Il fatturato del prodotto di UCLA è però sensibilmente migliorato, con 2579 yards, 11 TD e 226 completi su 399 passaggi.
Playoffs mancati, ma lui e la squadra hanno fatto vedere che c‘è tutto per vincere. Basta avere pazienza. Troy in particolare dimostra una capacità di vincere la partita quando questa è in bilico che ha dell’impressionante, e non solo se rapportata alla sua giovane età. In ben 6 match ha condotto drive vincenti nell’ultimo quarto di partita, 6 ultime frazioni di gioco in cui ha completato il 71,1% dei passaggi, per 456 yards, 2 TD e nessun intercetto. Il ragazzo ha il ghiaccio nelle vene. Ecco perchè il suo soprannome che lo accompagna dall’high school è “Iceman”.

Nel ’91 la squadra continua a crescere, ma ancora una volta, con un record vincente di 6-5, Troy subisce un infortunio che lo tiene fuori per il resto della stagione regolare. Il suo Backup Steve Beuerlein però guida i Cowboys ai playoffs vincendo tutte le rimanenti 5 partite, tra l’altro battendo gli acerrimi rivali dei Redskins, fino a quel momento imbattuti. La nota meno dolce di queste vittorie è che Beuerlein non riesce a produrre un gioco valido quanto quello dell’ex Bruin, e così, al divisional ritorna a giocare un appena recuperato Aikman che però deve rimandare la sua prima vittoria nella post season, perchè i Lions si impongono sui texani per 38-6.
Ma Iceman è il miglior QB della NFC. Ha completato il 65,3% dei passaggi, con 2750 yards e 11 TD, e viene selezionato per il suo primo pro bowl. Dopo di questo, ne disputerà altri cinque, e tutti consecutivi.

Il ’92, il suo quarto anno nella lega, lo vede già superare quota 10000 yards lanciate, traguardo tagliato in solo 52 partite, ed i suoi 302 completi in una stagione sono già la seconda prestazione di sempre per chi ha indossato il casco blu e argento.
Ma più importante di tutti i record, questo è l’anno che riporta il Vince Lombardi Trophy in Texas. La stagione si chiude con un 13-3 frutto di un attacco devastante e di una difesa che non concede niente. Nei tre incontri di post season i Cowboys segnano la spaventosa cifra di 116 punti, andando a distruggere per 52-17 al grande ballo di Pasadena un altro team leggendario, quei Buffalo Bills di Jim Kelly che però non sono mai riusciti a mettersi un anello al dito. Per Aikman invece il traguardo viene raggiunto in soli 4 anni di militanza nella lega. Una squadra infinitamente talentuosa, le cui pietre preziose sono i già citati hall of famer Micheal Irvin ed Emmitt Smith, che con l’ex Bruin hanno formato “la tripletta”, il cui significato è specificato dallo stesso Irvin: “non ci chiamavano la tripletta solo perchè eravamo in tre, ma soprattutto perchè abbiamo vinto tre titoli!”. Però l’aver vinto con così tanto talento in squadra non deve togliere nulla alle qualità di Aikman, anzi, ci dà un’idea di come questo ragazzo fosse un leader, capace di gestire e guidare una squadra che aveva un potenziale che è stato sfruttato con lui al timone. Infatti il Super Bowl XXVII è la sua consacrazione, con 22 su 30 al lancio, 273 yards e 4 TD. La nomina MVP della finale è un’ovvia conseguenza.

La prima stagione regolare da campioni in carica si chiude per i texani con un record di 12-4. La tripletta, il tight end Jay Novacek e l’altro WR Alvin Harper rappresentano un rebus irrisolvibile per le difese avversarie, come spiegato sempre da Irvin: “Tutti sapevano come giocavamo, ma lo stesso non riuscivano a fermarci” , ed i ‘boys sono lanciatissimi verso il secondo anello consecutivo. Aikman migliora per la quinta stagione consecutiva le proprie statistiche, concludendo la regular season con un rating di 99, secondo migliore di sempre a Dallas. Sulla strada per l’olimpo, ancora i Bills. Questa è una finale diversa dalla precedente, che non aveva avuto storia. Questa volta Buffalo chiude davanti il primo tempo, e riesce a limitare l’attacco avversario. Ma nel secondo tempo Emmitt Smith sale in cattedra e ancora il trofeo viene alzato dai Cowboys, che al Georgia Dome di Atlanta vincono in rimonta per 30-13. Troy non gioca una finale paragonabile a quella di 365 giorni prima, non lancia TD bensì un intercetto, ma lo stesso guida con criterio i vari drive offensivi completando 19 passaggi su 27, ancora una volta olte il 70% in finale, per 207 yards totali, e lasciando che l’inerzia della partita venga svoltata dall’immarcabile Emmitt Smith degli ultimi 2 quarti.
Purtroppo la squadra favorita per essere la prima ad arrivare al treepeat nel football perde il suo head coach, che si prende di petto con Jerry Jones, il quale decide così di sostituirlo con Barry Switzer, il primo coach universitario di Aikman.

Nel ’94 si ripete una stagione regolare da 12-4, e si ripete il titolo della east. Divisonal contro Green Bay. La squadra del Wisconsin guidata da Brett Favre sta adoperandosi per prendere l’eredità in NFC dei Cowboys. E ci riuscirà. Ma non quest’anno. Contro i cheesheads, Aikman lancia 23 su 30 per 337 yards, mandando sia Irvin che Harper che Novacek oltre le 100 yards di ricezione. E il passaggio di 94 yards fatto ad Harper è il più lungo, al momento, della storia dei playoffs. Non è ancora giunto il momento di abdicare in favore dei Packers. Ma nel Championship della NFC la storia cambia. Il sogno del primo threepeat della storia dell’NFL si infrange contro i San Francisco 49ers di Steve Young e Jerry “World” Rice per 38-28, nella prima finale di conference portata a casa dai cercatori d’oro dopo che le precedenti 2, sempre contro i texani, erano risultate in una sconfitta. I ‘niners sfruttano al meglio un inizio di partita inverosimile degli avversari che perdono 3 palloni e si trovano sotto per 21-0 in 5 minuti, svantaggio così grande che non riescono più a rimontare nemmeno con un Aikman che stabilisce i record di passaggi tentati, completati e di yards lanciate per un championship.

Il 1995 è la terza stagione consecutiva che si chiude con un record di 12-4 per Dallas, grazie anche ad Iceman che lancia per più di 3000 yards, 16 TD e soli 7 INT, rimanendo come di consueto sopra il 60% di passaggi completati.
Nella post season vengono regolati prima gli Eagles, e poi Green Bay, la quale si rende conto che l’equazione “partita in bilico + Aikman come QB avversario = sconfitta” è ancora validissima: con un ultimo quarto in cui annichiliscono i Packers, i ‘boys vanno a giocare la terza finale in 4 anni. Il Super Bowl XXX li vede di fronte agli Steelers, altra franchigia storica della lega, e quella che si porterà il Vince Lombardi Trophy a casa raggiungerà San Francisco a 5 titoli vinti.
Finisce 27-17 per i texani, con Troy che non domina, ma è al solito precisissimo quando conta con un 15 su 23 per 209 yards ed un bel TD lanciato a Novecek. Inoltre stabilisce un altro record diventando il primo QB a vincere tre titoli prima di diventare trentenne.

L’anno successivo infortuni e dissapori con il coach Switzer non gli hanno impedito di completare una grande stagione a livello statistico da 3126 yards lanciate e il 63,7% di completi, stabilendo anche il record di franchigia per passaggi completati senza un intercetto, arrivando a 156. Però la squadra si sta sgretolando tra infortuni e problemi extra-sportivi. Nonostante ciò chiude 10-6 la stagione, ed Aikman riesce così a trascinare la squadra ai playoffs, passeggiando sui Vikings nel primo turno, ma nel divisional si piega ai Carolina Panters per 26-17 lanciando 3 intercetti.

Le cose peggiorarono sensibilmente nel 1997, con un campionato concluso con un record perdente di 6-10, e questo nonostante Troy sia il primo QB di Dallas a concludere 3 stagioni consecutive oltre le 3000 yards lanciate, e con le 130 messe a referto contro i Packers, raggiunge le 25000 in carriera. Ma niente post season per la prima volta dal ’91.

Quella del 1998 è un’altra stagione difficile per Aikman, difeso da una linea offensiva che ormai scricchiola e che non riesce più a proteggerlo a dovere, tanto che subisce l’ennesimo infortunio, e questo lo costringe a saltare 5 partite di stagione regolare. A fine campionato totalizza solo 2330 yards lanciate e 5 TD pass. La post season viene centrata, ma dura lo spazio di una partita, perchè nel wild card gli Arizona Cardinals si prendono la vittoria al Texas Stadium, in una partita in cui il gioco di corse smette di funzionare nel finale, e Troy è costretto a forzare il gioco per via aerea, ma senza successo.
Fortunatamente, questo è anche l’anno di un’importante vittoria, quella contro un cancro alla pelle prima diagnosticatogli e poi trattato e curato con successo.

La stagione seguente è ancora sportivamente amara. Si chiude con il record di 8-8, abbastanza per garantire un posto nelle wild card ed un viaggio a Minneapolis, dove però i Vikings vincono per 28-10 ed Aikman lancia per 286 yards ed un intercetto, in quella che sarà la sua ultima partita di post season.

L’ultima stagione ed il ritiro
Nel 2000 subisce un altro infortunio ad inizio stagione contro Philadelphia, e contro i New York Giants lancia ben 5 intercetti. Ormai i giorni migliori sono andati e queste partite sono la Morte del Cigno. La linea non lo difende più, lui soffre di moltissimi problemi fisici, ma continua a giocare con lo spirito di un gladiatore. Purtroppo la stessa squadra non è più competitiva, con star ormai avanti con gli anni e mancanza di talento che impongono una inevitabile rifondazione. La carriera di Aikman finisce contro i Washington Redskins, il cui LB LaVarr Arrington gli assesta un colpo terminale, che gli produce il decimo trauma cranico in 12 anni di football. La stagione finisce con un triste record di 5-11, ma più triste ancora è l’addio che sta per dare ai Cowboys e a tutto il mondo del football uno dei più grandi di sempre. Jerry Jones decide di rilasciarlo, così Troy diventa free agent, ma la sua carriera non ha una continuazione: “Me la sentivo ancora di giocare, ma non ho trovato nessuna squadra disposta a prendermi”.

Con le sue 90 vittorie questo campione è il QB più vincente degli anni ’90 nonchè il più vincente di ogni altra decade. Purtroppo tutta la sua carriera, ma soprattutto le sue ultime due stagioni, sono state martoriate da una lunga serie di infortuni, che gli hanno impedito di stare ancora in campo.
Decide quindi di ritirarsi, lasciando un vuoto nel ruolo a Dallas che solo ora è stato colmato, ma lasciando anche stupendi ricordi in tutti i tifosi dei Cowboys e, ne sono convinto, in tutti coloro che amano il football.
Non dimentichiamoci mai che parliamo di un 6 volte pro-bowler che ha fatto volare il pallone per 32942 yards e ha fatto esultare un compagno ed i tifosi per 165 volte. É anche il decimo Qb di sempre come rating ed il terzo per percentuale di completi in carriera e, al momento del ritiro, Iceman deteneva o pareggiava 47 record di franchigia.
Ma non bisognerebbe mai valutare un giocatore solo in base alle statistiche, come non basta che porti un anello al dito perchè lo si definisca un vincitore.

Fuori dal campo Aikman è sempre stato molto impegnato. Nel 1998 viene eletto “NFL man of the year” per il suo impegno nel sociale che lo ha portato a creare una fondazione che costruisce zone di gioco e svago negli ospedali per bambini. L’allora presidente NFL Neil Austrian, nel conferirgli il premio, fece una sintesi del giocatore e dell’uomo: “Troy Aikman impersonifica l’ideale leadership sia sul campo da gioco che nella comunità”.
Oltre a questo, raccoglie tuttora fondi per le ricerche sui cancri infantili, e presta il suo volto nelle campagne di sensibilizzazione contro i pericoli del fumo.
Ma non ha abbandonato il mondo a cui appartiene, il suo football, e dal 2002 in coppia con Joe Buck fa l’analisi tecnica delle partite della Fox. Ed è stato bello sentirlo parlare delle emozioni che ha provato durante il suo primo Super Bowl mentre commentava la prestazione di Eli Manning al Super Bowl XLII.

Come si può concludere un riassunto delle gesta di un campione, che non sia solo ha vinto quella partita, ha perso quell’altra? Io ci provo, dicendo che il QB è il top spot del gioco. Parte tutto da qui. Questo è il giocatore che tutti ascoltano nell’huddle, quello che dice ai compagni cosa si sta per fare, che decide gli audible se vede cambiamenti nella difesa avversaria.. è colui che sguaina la spada e la punta contro il nemico. Ma per fare bene il suo lavoro non gli basta il talento. Quello serve per essere un grande giocatore. Per diventare una leggenda, un vincente, una guida, serve la leadership, cioè la capacità di infondere fiducia nei compagni, quella qualità che ti viene tacitamente attribuita nel momento in cui tutti ti guardano nei momenti difficili. Questo è un rispetto ed una fedeltà che ci si guadagna combattendo di fianco ai compagni usando sia la testa che il cuore. Il solo talento non basta. È questo che differenzia i grandi giocatori dalle leggende. Ed Aikman è una sintesi di tutto ciò.

Qualcuno lo ritiene il passatore più accurato di tutti i tempi, tutti sono concordi nel dire che fosse un grandissimo lavoratore, e passava tutta l’estate, ogni anno, a Valley ranch allenandosi ed allenandosi ancora, per stabilire e perfezionare l’alchimia con Irvin. Altri ritengono che sia anche colui che ha giocato con più dolore, che ha sopportato più sofferenze sul campo di qualsiasi altro suo collega.
Insomma, negli anni ’90 ha impersonato il QB tipico con grande braccio e grande mobilità per sfuggire alla pressione avversaria, grande etica del lavoro e spirito di sacrificio. Non solo, bastava vedere il suo sguardo quando urlava gli schemi dietro al centro, per riconoscere il fuoco nei suoi occhi.
Dicevo, non basta un anello al dito per essere definito un vincente. Bisogna avere dentro e sentire una propensione, un approccio allo sport, al lavoro, alla vita, del tutto particolare. Quale? In un’intervista, alla domanda “Che cosa ti è rimasto di più tra i ricordi del football?” la risposta è stata questa: “Il TD pass ad Alvin Harper [nel superbowl XXVII], perchè a quel punto abbiamo realizzato che avevamo vinto il titolo. Non ho mai alzato il dito facendo il segno del numero uno in tutta la mia carriera, quella è stata la prima e l’unica volta. È il ricordo che più mi è rimasto perchè dopo sono tornato sulla sideline, ed ho visto tutti festeggiare, ed è a questo che si indirizza tutta la mia carriera, il mio essere un’atleta: l’immagine del team che arriva al successo”.

Legends | by Alvin Gabbana | 23/07/08

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