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Vince Lombardi

Nel febbraio del 1967 Vince Lombardi fu invitato a tenere un discorso alla riunione annuale della American Management Association che si teneva a New York. Nel corso della sua incredibile carriera come capo allenatore dei Green Bay Packers la percezione degli Americani della sua figura era ormai giunta ad una completa maturazione. Lombardi non era più solo l’ allenatore di football più vincente di quell’ epoca, ma un’ icona nazionale, il simbolo stesso della vittoria e della leadership. Era quindi naturale che il mondo della politica e degli affari avesse una forte attrazione per lui, attrazione ricambiata in toto da Lombardi che negli ultimi anni della sua vita si dedicò molto a queste attività extra sportive. I suoi “motivational speaking” derivavano ovviamente dalla sua personale filosofia ed erano incentrati su sette punti fondamentali che rappresentavano 50 anni di esperienze terrene ed il preludio ad una vita eterna tra gli immortali dello sport.

You have to pay the price
Vincent Thomas Lombardi nasce a Brooklyn l’ 11 giugno del 1913, primo di cinque figli. I suoi genitori, Harry Lombardi e Matilda Izzo, erano entrambi figli di emigrati dal Sud Italia. I Lombardi erano di origini napoletane, gli Izzo provenivano da Vietri di Potenza, un piccolo paese di montagna da cui molti abitanti emigrarono intorno al 1870 attirati dalle offerte di lavoro di ditte che cercavano manovalanza per la costruzione del ponte di Brooklyn.
Fin dall’infanzia Vince fu avvolto nell’abbraccio protettivo della famiglia Izzo, 13 figli che avevano generato a loro volta un vero e proprio piccolo esercito. Un esercito agli ordini di un comandante di ferro, Matilda, che era soprannominata “La Duchessa” per i suoi modi da perfezionista e per la dura disciplina che impartiva a fratelli, figli e nipoti. Harry provvedeva al sostentamento economico della famiglia con la sua impresa di mercante di carni all’ ingrosso sulle rive del fiume Hudson.
Le sere ed i giorni di festa erano dedicati allo svago ed alle riunioni della famiglia. Si banchettava, si giocava a carte ed a biliardo, si danzava. Crescendo in questa atmosfera mista di duro lavoro, rigida disciplina familiare e religiosa, all’interno di un grande nucleo come quello degli Izzo, Vincent iniziò a sviluppare alcuni concetti che sarebbero stati poi la base della propria personalità e su cui di conseguenza avrebbe impostato la sua etica lavorativa: bisognava avere rispetto per l’ autorità, obbedire agli ordini, impegnarsi duramente, comprendere il significato dell’ appartenenza ad un gruppo, all’ interno del quale poi non sarebbero mancati momenti piacevoli e grandi risultati da condividere in seguito con tutti.

To compete and to win
Non passò molto tempo prima che Vince scoprisse quale fosse il suo sport preferito. Iniziò a praticare il basket ma non era abbastanza elastico nei movimenti per emergere. Passò al baseball giocando da esterno e da catcher, ma essendo miope era limitato come battitore in attacco.
Il football era perfetto per lui. Anni dopo avrebbe detto Il football mi affascinò fin dal primo contatto. Impatto, violenza controllata, un gioco dove la missione è colpire qualcuno con forza e punirlo. Mettere alla prova il corpo, la mente e lo spirito. Sfinirsi e cercare redenzione attraverso la fatica.
Harry ammirava molto lo spirito competitivo del figlio e lo spronava quando rientrava a casa acciaccato dopo un allenamento o una partita con delle frasi di incoraggiamento del tipo No one is ever hurt! oppure Hurt is in your mind, contribuendo così a forgiare un carattere da leader.
All’età di 15 anni, però, la componente mistica della personalità di Lombardi sembrò prevalere e Vince prese la decisione di entrare in seminario, iscrivendosi alla Cathedral Preparatory School, curiosamente una scuola che non aveva un programma di football. Non portò a termine i sei anni richiesti e non diede mai in seguito una spiegazione per questa rinuncia, ma il fatto di dover rinunciare al football deve aver giocato un ruolo fondamentale. In seminario comunque Lombardi prese l’ abitudine di andare a messa e di comunicarsi quotidianamente, un’ abitudine che non abbandonerà mai.
Il passo seguente fu quello di entrare alla St. Francis Academy di Brooklyn per completare il suo anno da senior e conseguire il diploma di high school, questa volta con una scholarship dovuta al football. Alla St. Francis Lombardi giocò praticamente tutti i down delle sei partite disputate, da fullback in attacco e da linebacker in difesa, guadagnandosi la reputazione di giocatore punitivo. Vincendo cinque incontri su sei la St. Francis si aggiudicò il prestigioso titolo delle scuole cattoliche di New York, ma il momento che Lombardi ricorderà per sempre sarà alla fine della loro unica sconfitta contro Erasmus Hall, high school guidata dal braccio d’ oro di Sid Luckman . Sedendo esausto su una panca a fine partita, durante la quale mise a segno alcuni feroci “hits” ai danni di Luckman, Lombardi disse di aver provato per la prima volta nella sua vita quello che lui definiva il proprio Nirvana personale: quella sensazione mista di sfinimento e gioia data dal fatto di aver lottato duro fino all’ ultimo briciolo delle proprie forze senza essere intimidito da altri giocatori più grandi o più veloci di lui.
Grazie alle sue buone prestazioni Lombardi si guadagnò un’ altra prestigiosa scholarship, questa volta per il college. Nel 1933 c’era grande competizione tra i tre migliori programmi di college football della città e Vince scelse di frequentare Fordham piuttosto che la Columbia o la New York University, una scelta che sembra a posteriori essere cruciale per la costruzione del “mito Lombardi”. Da questo momento in poi si inizia a delineare un “cerchio del destino” che si chiuderà con le vittorie conquistate come head coach dei Packers.
Il capo allenatore di Fordham era “Sleepy” Jim Crowley che, da studente di high school, aveva iniziato a giocare per la squadra di Green Bay East High, il cui allenatore era Earl “Curly” Lambeau, il futuro fondatore dei Packers. Lambeau aveva studiato a Notre Dame, dove indirizzò Crowley per il college, agli ordini di Knute Rockne. A Notre Dame Crowley fece parte di un backfield poi diventato celebre come “The Four Horsemen of the Apocalypse”.
Al primo giorno di training camp Lombardi dovette subire lo spostamento dalla sua posizione di fullback a quella di guardia, e la transizione non fu facile. Giocare in linea d’ attacco significava dover essere allineato a pochi centimetri dal suo avversario diretto, e per lui che era miope adattarsi a dei tempi di reazione allo snap molto ridotti fu dura, ma alla fine la sua ferrea volontà ebbe ancora una volta la meglio: imparò a giocare nella nuova posizione e si guadagnò un posto da titolare.

Nel momento in cui Crowley spostò di ruolo Lombardi chiuse la connessione tra passato e futuro, creando i presupposti per la nascita del prossimo mito.
Tra i freshmen di quell’ anno figurava anche Wellington Mara, figlio del proprietario dei New York Giants, e tra i due si instaurò subito una grande e duratura amicizia.
Durante i quattro anni di college Lombardi subì anche degli infortuni dovuti al fatto di giocare una posizione per cui era fisicamente “undersized”, ma insieme ai suoi sei colleghi di reparto costituì una linea d’attacco punitiva e virtualmente impenetrabile in difesa. Soprattutto le prestazioni difensive fecero guadagnare alla linea l’ appellativo di “The Seven Blocks of Granite”, prestazioni che portarono Fordham ad essere costantemente tra le prime dei rankings nazionali e solo un pareggio ed una sconfitta nelle due ultime giornate della stagione 1936 impedirono ai Rams di partecipare al Rose Bowl.

Una delle vittorie che durante quella stagione contribuirono a creare il mito del “Fordham Wall” fu quella contro la Southern Methodist University. I Texani si presentarono al Polo Grounds con tutto il loro arsenale offensivo e per tutta la partita demolirono i padroni da casa con un gioco impostato sui passaggi, guadagnando 213 yards a zero (!), ma non riuscirono a segnare. Per sei volte la difesa di Fordham si trovò sul punto di capitolare, schiacciata al limite della propria endzone, e per sei volte la linea impedì agli avversari di attraversare la goal line. Verso la fine della partita i Texani tentarono un passaggio di troppo, il defensive back Johnny Lock intercettò la palla e segnò un touchdown da 75 yards che chiuse la partita.
Purtroppo il football giocato finì per Lombardi con la fine del college. Dei Seven Blocks of Granite solo il centro Alex Wojciechowicz giocherà nella NFL, con Detroit e Philadelphia.

Striving for perfection
Gli anni del college furono fondamentali anche perché Vinnie fece il suo incontro con Marie Planitz, figlia di un agente di borsa di origini Tedesche, che sarà la sua compagna per tutta la vita. Agli inizi però la loro unione venne vista con qualche riserva dal padre di Marie, che sperava per la figlia qualcosa di meglio del figlio di un macellaio Italiano.
Nei due anni seguenti al diploma Lombardi provò a continuare col football giocato ma era considerato non idoneo, sia fisicamente sia come talento per giocare nella NFL. Fece qualche breve apparizione nella American Professional Football Association, giocando per i Brooklyn Eagles ed i Wilmington Clippers, provò anche ad iscriversi ai corsi di legge serali a Fordham ma intanto sbarcava il lunario aiutando il padre. Era un periodo di decisioni ma anche di confusione.
Un periodo che terminò all’ improvviso quando ricevette una telefonata dal suo ex quarterback del college, Andy Palau, che aveva accettato il lavoro di football coach in una high school cattolica del New Jersey di nome St. Cecilia e cercava un assistent coach. Una telefonata che segnò l’inizio della carriera da allenatore di Vince.
A St. Cecilia Lombardi fu anche head coach della squadra di basket ed insegnava materie come fisica, chimica e latino, sviluppando così le sue innate qualità pedagogiche. Nel 1942 Palau lasciò il posto per andare ad allenare alla loro “alma mater” Fordham e per Lombardi si aprirono le porte per il primo lavoro da football head coach della sua vita.
Intanto si era anche sposato con Marie ed era diventato padre di Vincent Jr., ma le strategie offensive per il football ormai occupavano la sua mente a tempo pieno. Fu in questi anni che Vince pose le basi per il suo modo di allenare. Era un grande fautore di tutti i metodi che si basassero sulla ripetizione continua ed ossessiva degli schemi, diceva che ciò rendeva i giocatori istintivi e senza paura. Dal punto di vista tattico stava mettendo a punto delle variazioni della classica “T-formation”, con degli schemi che facevano passare tutto il gioco dalle mani del quarteback, il quale poteva poi mandare fuori bilanciamento le difese con dei falsi handoffs o mandando un ricevitore in movimento, ponendo le basi per il ruolo da “generale in campo” che la posizione di quarterback avrebbe assunto nel football moderno.
I risultati furono strabilianti. Saints, come era chiamata la scuola, divenne una squadra imbattibile, tra il 1942 e il 1945 inanellarono anche una striscia di 32 partite senza sconfitte, di cui 25 vittorie consecutive.
Il 1947 fu importante perché Vince e Marie ebbero un’ altra figlia, Susan, ed anche perché si aprì uno spiraglio sul lavoro che Lombardi desiderava più di ogni altra cosa: allenare a Fordham.
La scuola aveva ripreso il programma di football abbandonato durante la guerra e Lombardi fu ingaggiato come insegnante di educazione fisica, allenatore dei freshmen e avrebbe dovuto installare la T-formation. Ma tutti si aspettavano che a breve sarebbe diventato il nuovo head coach.
Il sogno però non si avvererà mai, soprattutto per ragioni “politiche”. Il direttore della scuola, padre Gannon, non era intenzionato a riprendere il programma di football a pieno regime perché aveva paura che gli atleti potessero farsi coinvolgere in uno degli scandali che stavano avvenendo sempre più frequentemente tra i vari atenei se la squadra avesse di nuovo raggiunto un livello di importanza nazionale, e decise che tutto il dipartimento atletico avrebbe dovuto mantenere un basso profilo. Lo sport avrebbe rappresentato solo qualcosa in più che uno svago per gli studenti di Fordham.
Quindi, nonostante i mediocri risultati della squadra di football, l’ allenatore Danowski ebbe un nuovo contratto e Lombardi, dopo solo due stagioni, accettò a malincuore il posto di coach della linea d’ attacco all’ Accademia Militare di West Point, agli ordini del colonnello Red Blaik.

Too much freedom not enough authority
Quello che a prima vista poteva sembrare un passo indietro per la carriera di Lombardi invece fu un momento decisivo per completare la sua formazione. Era entrato in una dimensione sportiva che era quasi il top come livello di gioco e come tipo di competizione. E poi stavolta avrebbe imparato direttamente dal migliore. Blaik era considerato all’ epoca un mago delle strategie offensive e le sue squadre inanellavano grandi risultati. Nel 1944 e 1945 avevano vinto due titoli nazionali consecutivi. Nel 1948 Army era finita sesta nel ranking nazionale, imbattuta, con solo un pareggio all’ ultima giornata. Blaik avrebbe potuto scegliere chiunque per quel lavoro, ma aveva una grande considerazione per Vinnie.
Lavorare in un’ accademia militare creò per Lombardi una connessione con lo spirito ed i metodi che aveva appreso dai Gesuiti a Fordham, solo che qui tutto era eseguito a pieno regime “marziale”. Il lavoro di Blaik era impostato sulla disciplina, l’ organizzazione, la pianificazione, la maniacale cura per i dettagli, le ripetizioni e soprattutto ore e ore a studiare filmati. Lombardi fece suoi questi metodi e perfezionò in questo contesto la sua formazione umana e professionale.

Nei primi due anni i risultati furono ottimi, la squadra restò imbattuta per tutta la stagione 1949 e fino all’ ultima partita del 1950, quando, nel tradizionale “showdown” contro Navy, i ragazzi di Blaik persero a sorpresa 14-2 pur essendo fortemente favoriti. Una grossa delusione per tutto l’ ambiente, ma questo era solo il preludio della tempesta che si sarebbe abbattuta sull’ ateneo l’ anno seguente.
Nell’ Aprile del 1951 emerse da alcune testimonianze che un centinaio di cadetti avevano creato un sistema per appropriarsi delle risposte esatte degli scritti di varie materie e per farle circolare tra di loro. Dalle indagini risultò che quasi tutta la squadra di football era coinvolta e furono espulsi dall’ accademia ben 83 allievi, tra cui 45 giocatori della squadra, incluso Bob Blaik, figlio dell’head coach e quarteback titolare.
I due anni seguenti allo scandalo furono disastrosi, con i giocatori reclutati dalla squadra di educazione fisica e tra “chiunque volesse farsi ammazzare di Sabato pomeriggio”.
Anche in questa occasione Lombardi ebbe però modo di apprendere una grande lezione che gli sarebbe stata utile una decina di anni dopo. Blaik era un seguace ed intimo amico del Generale McArthur, all’ epoca comandante delle Forze Armate di stanza in Estremo Oriente, grande appassionato di football, il cui motto era “There’s no substitute for victory”. Questo però non significava che la vittoria, in qualsiasi campo, dovesse essere ottenuta in spregio delle regole d’onore a cui si ispira la vita di un militare, quindi Blaik non chiese al suo amico di insabbiare lo scandalo né di salvare la carriera del figlio, cosa che McArthur avrebbe potuto senz’ altro fare.
Un altro problema col quale iniziò a dover fare i conti Vince era di carattere familiare. Il football assorbiva quasi tutto il suo tempo, però, finché la famiglia viveva a New York, Marie era distratta dalla vita sociale della grande città, ora, abitando lontano dalla metropoli, aveva iniziato ad affogare le frustrazioni nell’alcool. Forse questo fu uno dei motivi che spinsero Lombardi ad accettare la proposta del suo vecchio collega di università Wellington Mara di diventare il nuovo offensive coordinator dei New York Giants, iniziando così la sua carriera tra i professionisti della NFL.

Discipline
I Giants nel 1953 operarono un completo “restyling” della società. Il nuovo head coach era Jim Lee Howell, che sostituiva Steve Owen dopo 23 anni, l’ ultimo dei quali aveva rappresentato il punto più basso della sua tenuta da allenatore e la squadra aveva chiuso la stagione con il pessimo record di 3-9. Coach Howell formò quindi quello che è considerato il migliore duo di coordinatori che una squadra abbia mai avuto quando ingaggiò anche Tom Landry per dirigere la difesa.
Dopo aver guardato filmati per sei mesi Vince ebbe il suo primo impatto con i Pro all’apertura del training camp, e fu impressionato dalla differenza di talento atletico rispetto agli universitari e dal livello del loro gioco. Considerò un dono di Dio poter allenare quotidianamente un fuoriclasse come Frank Gifford e decise di farne l’ epicentro dei propri schemi, dovendo anche rivitalizzare un running game deficitario. Giunse inoltre alla conclusione che in tutte le formazioni avrebbe inserito un flanker, perché le difese dovevano sentirsi costantemente minacciate dal passing game.
E ancora dall’ osservazione dello stile di corsa di Gifford, che aveva l’ abilità e l’ istinto di trovare gli spazi vuoti concessi dalle difese piuttosto che colpire un buco designato, Lombardi sviluppò un semplice concetto che sarà alla base della sua filosofia offensiva tra i Pro: libertà all’ interno di una struttura. I suoi running backs dovevano avere delle opzioni in base a come reagiva la difesa avversaria e a ciò che essi leggevano. Lo schema che diventerà il suo trademark play, la power sweep, fu concepita proprio durante i primi training camps con i Giants. Uno schema che richiedeva precisione, sincronismo ed intelligenza, e Lombardi aveva la forza mentale ed il background per insegnarlo alla perfezione a undici colossi.
Nel 1955 la cura Lombardi iniziò a produrre i primi risultati con un bilancio finalmente positivo, e l’anno seguente i Giants produssero il secondo miglior record della lega qualificandosi per il Championship della NFL, disputato allo Yankee Stadium contro i Chicago Bears . In una gelida domenica di Dicembre i vari Gifford, Conerly, Huff e Webster impartirono una severa lezione ai Bears, prevalendo per 47-7.

Il 1957 invece finì, dopo un promettente avvio, sotto i colpi dell’incontenibile rookie di Cleveland Jim Brown, che nell’ultimo incontro dell’anno demolì i Giants per 34-28, eliminandoli dai playoffs.
Ancora i Browns furono protagonisti di due memorabili incontri giocati allo Yankee Stadium in due domeniche consecutive alla fine della stagione 1958. La prima fu disputata nell’ ultima giornata di campionato e solo con una vittoria i Giants avrebbero agguantato Cleveland in testa alla divisione. Brown si dimostrò ancora una volta “unstoppable”, ma stavolta i Giants prevalsero con un field goal di Pat Summerall da una distanza impossibile e col campo ricoperto di neve. La domenica seguente le due squadre si ritrovarono ancora di fronte per il tie-break divisionale e fu la difesa a compiere il capolavoro di fermare Jim Brown : solo 8 yards in 7 portate. Fu uno shutout deciso da un trick play chiamato da Lombardi nel finale, una doppia reverse con un passaggio laterale di Gifford per il quarterback Conerly che entrò indisturbato in meta.
Queste due vittorie prepararono le scenario per quella che è considerata la più grande partita di football mai disputata: la finale NFL del 1958 tra Giants e Baltimore Colts. In un clima di attesa spasmodica, 70.000 tifosi delle due squadre sugli stands e milioni davanti alla tv, furono testimoni di un epica battaglia tra la fortissima difesa dei Giants e lo spumeggiante attacco dei Colts guidato da Johnny Unitas . I Giants recuperano una partita che sembrava persa e si portano in vantaggio 17-14 a due minuti dalla fine, ma un posizionamento della palla sfavorevole per pochi centimetri su una corsa di Gifford non gli permette di chiudere il down che darebbe loro la vittoria e sono costretti a ridare la palla a Unitas. Il fuoriclasse dei Colts conduce un drive magistrale e porta la squadra a calciare il field goal del pareggio a sette secondi dalla fine. Per la prima volta una finale NFL si deciderà con la nuova regola del “sudden death overtime”, la squadra che per prima segna dei punti si aggiudica partita e titolo. La monetina assegna la palla ai Colts, Unitas gioca tredici giochi di perfetto football offensivo sotto gli occhi dell’ impotente Lombardi e senza che la difesa di Landry possa mettere rimedio quando il fullback Alan “The Horse” Ameche varca la goal line per il touchdown decisivo con una corsa da una yard.
Gifford sembra avvilito e si addossa la colpa della sconfitta per la mancata conversione del primo down alla fine del quarto quarto, ma Lombardi lo rincuora con la frase: Non saremmo neanche stati qui senza di te, dimostrando quanta considerazione avesse per il suo running back, un atteggiamento paterno che avrà sempre, in futuro, anche con i due suoi “football sons” a Green Bay, Paul Hornung e Bart Starr, ma che non riuscirà mai ad esprimere compiutamente con i suoi due figli naturali, Vincent e Susan.
La corsa di Gifford e la mancata chiusura del down sarà anche l’ ultimo gioco chiamato da Lombardi come assistente, meno di un mese dopo Vince avrà il suo appuntamento con la Storia.

Leaders are made not born
Sembra sintomatico che quello che è considerato il migliore allenatore di football di ogni epoca sia arrivato nel luogo della definitiva consacrazione proprio nel periodo in cui il football stava entrando in una nuova era. Alla fine degli anni ’50 la televisione emerge prepotentemente come il mezzo principale per l’ entertainment degli Americani, ed anche la NFL ne trae beneficio aumentando esponenzialmente i contratti per la copertura degli incontri. Se girano sempre più dollari intorno alla lega è giusto che ne beneficino maggiormente i protagonisti principali, cioè i giocatori. Così, con un meeting di rappresentanti tenutosi al Waldorf Astoria di New York nel 1956, nasce la NFL Players Association, il potente sindacato che ha lo scopo di tutelare le carriere aumentando il potere contrattuale dei giocatori. Alcuni di essi iniziano anche a farsi rappresentare in privato da agenti, una figura che Lombardi odia perché si frappone tra lui e i suoi ragazzi, mediando il suo controllo totale della situazione.
Anche le città in cui si giocava a football stavano di conseguenza cambiando. C’era ovviamente l’ esigenza di spostarsi in mercati più floridi e le piccole città pioniere della nascita della NFL, come Decatur, Hammond, Canton, via via venivano sostituite con le metropoli.
In questo clima di crescente modernizzazione la franchigia dei Green Bay Packers sembrava sempre più anacronistica e sull’ orlo del disastro. Negli anni ‘50 il totale delle vittorie era stato meno della metà di quello delle sconfitte, nell’unico anno da head coach, il 1958, Scooter McLean aveva portato poi i Packers al peggior record di quegli ultimi anni: 1-10-1, con tutto quello che ne consegue per una squadra di football professionistico. Per una città di 60.000 abitanti situata nel posto più freddo degli Stati Uniti sembrava che il sogno di avere una squadra nella NFL, squadra i cui proprietari erano gli stessi cittadini e tifosi, stesse per svanire. Andare a giocare per Green Bay negli ultimi anni sembrava quasi una punizione per gli atleti, e gli undici proprietari delle altre franchigie stavano facendo pressione sul Commissioner Bert Bell per rivitalizzare i Packers al più presto, altrimenti avrebbero chiesto l’ esclusione dalla lega.
La nomina di Lombardi come head coach e general manager, considerato a quel punto come il più brillante tra tutti gli aspiranti ad un posto di capo allenatore, sembrò una manna per molti addetti ai lavori.

Appena dopo il suo arrivo nel Wisconsin Vince iniziò subito il lavoro scegliendo uno staff di assistenti, quindi si chiuse in sala film per dei giorni interi per studiare chi fossero i suoi giocatori e per cercare quello attorno al quale costruire il proprio attacco. Giunse ovviamente alla conclusione che il suo nuovo Gifford sarebbe stato Paul Hornung . Hornung era stato una stella a Notre Dame, dove aveva vinto un Heisman Trophy giocando anche come option quarterback e calciatore, e anche McLean lo aveva impiegato in tre ruoli. Dopo due anni deludenti tra i pro Hornung stava addirittura considerando il ritiro, ma Lombardi chiarì subito il concetto che nella sua squadra sarebbe stato l’ half back titolare.
Dopo aver passato tutto l’ inverno studiando filmati con il suo staff, in maggio Vince ebbe il suo primo approccio con alcuni dei giocatori, invitando i quarterbacks ad un minicamp. La prima differenza che Starr e le sue riserve notarono fu proprio sulle dimensioni del playbook di Lombardi, che era spesso non più di 4 centimetri contro i quasi 10 di quello di Mc Lean. I giochi erano molti di meno e la terminologia era infinitamente più semplice. Lombardi disse che avrebbero dovuto liberare la mente da tutto quello che avevano imparato perché con lui sarebbero ripartiti da zero.
Alla fine di luglio, al training camp con tutto il personale, i giocatori però si resero subito conto delle altre differenze rispetto al vecchio regime. Gli orari erano ferrei, gli allenamenti massacranti e le ripetizioni ossessive, bisognava rispettare il coprifuoco serale, vestire sempre in giacca e cravatta.
Durante le sessioni sul campo Lombardi non smetteva mai di gridare e incitare, il fullback Jim Taylor disse una volta: Un giocatore non sa quanto dolore può sopportare finchè non viene colpito, Lombardi trova sempre un modo di farti arrivare ben oltre quella soglia.
Quando i Packers sconfissero i Bears per 9-6 alla prima partita della stagione ci furono scene di tripudio tra giocatori e pubblico come se avessero vinto il campionato. Tutti avevano la sensazione che qualcosa era cambiato per il meglio, e infatti Lombardi portò subito la squadra ad un livello di nuova rispettabilità chiudendo la stagione 7-5, vincendo le ultime quattro gare ed addirittura aggiudicandosi il titolo di “NFL coach of the year”.

Il 1960 vide il consolidarsi del duo Hornung-Taylor come trascinatori del gioco d’ attacco di Green Bay. Thunder & Lightning, come erano soprannominati, portarono il gioco di corse a dei livelli di precisione, efficacia e di interscambiabilità mai visti negli ultimi anni. Non erano i due running back più veloci o più forti della lega, ma semplicemente i più produttivi. Hornung sembrava a volte pigro, lento e non ispirato, ma nei pressi della goal line diventava inarrestabile.
Quell’ anno Taylor ebbe la sua prima stagione da 1.000 yards e Hornung segnò ben 176 punti, un record battuto solo nel 2006 da Ladainian Tomlinson.
Battendo i Rams per 35-21 all’ ultima giornata i Packers si aggiudicarono il titolo di divisione e la disputa della finale NFL contro i Philadelphia Eagles. Al loro ritorno a Green Bay trovarono una città intera ad accoglierli allo Austin Straubel Airport con canti che inneggiavano a Lombardi paragonandolo al Papa.
La finale però non andò secondo i piani, Hornung si infortunò senza poter ritornare in campo nel terzo quarto e Chuck Bednarik, l’ ultimo vero “60 minutes player” rimasto nella lega, placcò Taylor prima che potesse varcare la goal line all’ ultimo secondo per dare il titolo ai Packers.
Negli spogliatoi, con un profetico e celebre discorso, Vince disse ai suoi: Voi adesso non realizzate ancora che avreste dovuto vincerla questa finale, ma questo non succederà mai più. Voi non perderete mai più un championship.
L’ anno seguente iniziò ancora nel migliore dei modi, con i Packers che trituravano a piacimento gli avversari, ma a metà stagione Hornung, Nitschke e il ricevitore Boyd Dowler furono chiamati a prestare servizio nell’ esercito. Era l’ epoca della Guerra Fredda e il Presidente Kennedy aveva ordinato di chiamare i riservisti per l’ addestramento e di rinforzare la Guardia Nazionale. I Packers fecero appello ma non ci fu molto da fare. Hornung ebbe dei permessi speciali per disputare alcune gare, ma senza potersi allenare a dovere il suo gioco ne risentiva e la squadra divenne meno dominante, qualificandosi comunque per il championship , stavolta contro i New York Giants.
Lombardi e i suoi uomini rasentarono la perfezione. La gara fu preparata da Vince in tutti i particolari e con la squadra finalmente a disposizione a ranghi completi i Giants furono letteralmente umiliati. Hornung segnò 19 punti con un touchdown, tre field goals e quattro extra points. Durante il party post-partita Vince ricevette una telefonata, qualcuno voleva congratularsi con lui: era il Presidente Kennedy in persona.
La Storia aveva fatto il suo corso, Lombardi era giunto esattamente dove voleva: sulla cima del mondo del football.

Character and will
I Giants ebbero l’ occasione per la rivincita già l’ anno dopo, quando il Championship fu disputato a New York ancora dalle stesse due squadre. In una giornata freddissima le due difese prevalsero e la partita fu decisa da un insolito protagonista. Hornung si era trascinato per tutto l’ anno un infortunio al ginocchio ed aveva smesso di occuparsi dei calci dalla quinta giornata. Compito eseguito quella stagione dalla guardia destra Jerry Kramer con uno stile poco raffinato ma efficace. Calciando tre field goals ed un extra point Kramer fissò il punteggio finale a 16-7 ed i Packers vinsero la seconda finale NFL consecutiva.
Ma i progetti di Lombardi per un “three-peat” furono rovinati da fattori extra-sportivi quando le conseguenze di un altro scandalo si abbatterono ancora una volta su una sua squadra, proprio come era successo dodici anni prima. E come nel 1951 fu un figlio a dare un durissimo colpo ad un padre. Il suo “football son” prediletto, Paul Hornung fu sospeso a tempo indeterminato dalla lega insieme ad un’ altra superstar, Alex Karras dei Lions, per aver piazzato delle scommesse su alcune partite.
Tutto ciò determinò ovviamente un calo dei risultati della squadra, ma furono soprattutto il morale e la salute di Vince ad uscire devastati da questo episodio. Probabilmente Lombardi non riuscirà mai a perdonare del tutto Hornung, anche per il fatto di avergli tenuta nascosta la cosa dopo averla invece confessata al Commissioner Pete Rozelle. Una delle frasi preferite di Lombardi era Winning isn’t everything, it’s the only thing, un corollario della frase del Generale Mc Arthur, ma le cui implicazioni erano le stesse: pagare il prezzo della vittoria non significa vincere a qualsiasi costo. Per cui anche Lombardi, come Blaik tanti anni prima, non fece nulla, tantomeno una telefonata al Presidente Kennedy che avrebbe forse risolto la cosa, per impedire che la giustizia della NFL seguisse il proprio corso.
I Packers si piazzarono quindi secondi nella divisione alla fine della stagione 1963, una stagione durante la quale dovettero superare anche dei gravi infortuni a Bart Starr e Ray Nitschke e lo shock dell’ assassinio del Presidente Kennedy, che toccò Lombardi molto più di quello che dava a vedere.
Il coach però rimarrà colpito dalla prova di carattere dei suoi giocatori, che avevano trovato la forza di rialzarsi dopo essere caduti in ginocchio.

Ancora una brutta stagione seguì. Dopo brevi momenti di entusiasmo perché Rozelle decise di perdonare Hornung e Karras, che ricominciarono quindi a giocare, i Packers dovettero fare a meno per tutto l’ anno di Jerry Kramer per un infortunio e del centro Jim Ringo, ceduto agli Eagles. Con due quinti della linea d’attacco fuori, il gioco sulle corse ne risentì, ma i risultati avrebbero potuto essere molto migliori se Hornung non avesse avuto un pessimo anno come calciatore, sbagliando 26 field goals su 38 tentati e perdendo così alcune gare decisive.
Lombardi poi doveva fare i conti anche con il problema della sempre peggiore depressione di Marie, che addirittura in un paio di occasioni era caduta incosciente per abuso di alcool e farmaci antidepressivi. Per mitigare in qualche maniera gli effetti dello stress sul proprio fisico Vince aveva iniziato a giocare a golf, attività che lo distraeva molto, e ad interessarsi di finanza.
Partecipando ai meeting della lega nella sua qualità di general manager Lombardi spesso si trovava ad un tavolo con undici multi-milionari e si rese conto della differenza tra il suo stile di vita e quello degli altri proprietari, così iniziò ad associare il potere con il possesso del denaro e decise di investire in una compagnia immobiliare di nome Public Facilities Associates Inc., un’ azienda che costruiva edifici per rivenderli ad enti pubblici. Lombardi investì 6.000 dollari e ne ricavò più di un milione in meno di due anni. In seguito partecipò ad una cordata di investitori legati alla catena alberghiera Hyatt-Regency che stava tentando di assumere il controllo dei San Francisco 49ers , dei quali Lombardi sarebbe stato uno degli azionisti maggiori ed avrebbe avuto la carica di Capo dell’ Esecutivo, ma le offerte furono rifiutate e la cosa non andò in porto.
Nel 1965 Green Bay divenne di nuovo Titletown U.S.A.

Lombardi disse che la squadra di quell’ anno non era stata la sua più forte ma certamente quella di maggior carattere. Tutti i giocatori sfoggiarono il loro meglio quando più ce n’era bisogno. Contro Detroit i Packers perdevano 21-3 all’ intervallo e con un secondo tempo magistrale di Bart Starr, che lanciò 3 touchdown e segnò su una corsa, vinsero per 31-21. Hornung giocò male per quasi tutto l’ anno ma esplose con una prestazione da 5 touchdown in una decisiva partita contro i Colts per riprendere la testa della divisione. Ancora contro i Colts si giocò la gara di playoff e stavolta furono la difesa ed il nuovo kicker Don Chandler a rimontare una partita che sembrava persa, portarla all’ overtime e vincerla con un calcio dopo 13 minuti di supplementare.
Il Championship, l’ ultimo prima dell’ introduzione del Super Bowl, fu giocato a Green Bay contro Cleveland su un campo innevato. Le condizioni atmosferiche contribuirono a fermare Jim Brown e la difesa dei Browns non potè nulla contro le corse di Taylor e Hornung, che guadagnarono più di 200 yards in due, il Golden Boy segnò su una sweep suggellando la vittoria per 23-12.
I Packers furono inarrestabili nel 1966 ma la salute di Lombardi ne pagò un caro prezzo. Ormai tutto il suo essere era dedicato esclusivamente al tentativo di vincere in modo costante e lo stress che ne derivava stava prendendo il sopravvento. Iniziò ad avere problemi di digestione ed a soffrire di costipazione, rifiutandosi però di farsi esaminare con una colonscopia. Consumava litri di antiacido ed aveva bisogno di riposare ogni pomeriggio.
La stagione finì con 12 vittorie e solo 2 sconfitte, ed all’ orizzonte si profilava il grande scontro con i Dallas Cowboys guidati dal suo ex-collega Tom Landry per il Championship. La finale NFL quell’ anno aveva un sapore diverso, quasi da missione incompiuta, in quanto la vincente si sarebbe dovuta scontrare con la squadra campione della AFL nel primo Super Bowl. Tutto questo non fece altro che aggravare gli stati d’ansia ed il cattivo umore di Lombardi che, per risposta, preparò le partite in maniera ancora più maniacale. Contro i Cowboys Green Bay andò in vantaggio per 34-20 al quarto quarto e fu la difesa a prevenire la rimonta dei Cowboys con un intercetto su un passaggio disperato su un quarto down dalle due yards dei Packers che avrebbe mandato la partita in overtime.
Il Super Bowl, la cui denominazione ufficiale era World Champinship Game AFL vs. NFL, si giocò al Coliseum di Los Angeles contro la giovane franchigia dei Kansas City Chiefs, guidati dal proprietario Lamar Hunt, un ricco petroliere Texano che aveva voluto a tutti i costi fondare la lega rivale American Football League, portandola in pochi anni a poter competere in popolarità con la NFL. In un’ atmosfera di semi indifferenza, se paragoniamo l’ evento a quello a cui siamo abituati al giorno d’ oggi, 65.000 persone affollarono lo stadio, certamente un buon numero, ma si perdevano tra gli enormi spalti del Coliseum, che avrebbe potuto contenerne quasi il doppio.

La settimana di allenamento per i giocatori dei Packers fu condotta da Lombardi a ritmi massacranti ed alcuni di loro pensavano di non uscirne vivi. Vince sentiva questa gara in modo particolare, lui era quello che aveva tutto da perdere in caso di sconfitta. Quattro titoli NFL in sei anni sarebbero andati in fumo se avesse perso con la rappresentante di una lega considerata ancora inferiore.
Max McGee, il veterano tra i wide receivers, non avrebbe dovuto neanche giocare, ma per un infortunio a Boyd Dowler fu catapultato nella mischia e con una prestazione memorabile, 7 ricezioni per 138 yards e due touchdowns, fu inaspettatamente l’ eroe di quella gara, vinta dai Packers per 35-10.
E fu proprio negli spogliatoi dopo l’ incontro che Lombardi iniziò ad avere dei seri dubbi sul fatto di tornare ad allenare per un’ altra stagione, ma lo stimolo di avere un’ altra possibilità di vincere per tre volte consecutive era più forte di qualsiasi altro istinto e decise di provare ancora.
I Packers affrontarono la stagione 1967 con un grande cambiamento nel backfield poiché Thunder & Lightning avevano accettato le offerte della nuova franchigia dei New Orleans Saints per chiudere le loro carriere con dei grossi contratti da veterani. Donny Anderson, Elijah Pitts, Jim Grabowski e Chuck Mercein fecero del loro meglio per sostituirli e, pur con gli infortuni a Pitts e Grabowski, Green Bay riuscì a qualificarsi per la finale, ancora contro Dallas. La partita si disputò questa volta a Green Bay e passerà alla storia come “The Ice Bowl” per le temperature oscillanti tra i -25° e i -44° ed il campo trasformato in una lastra di ghiaccio. E, come l’ anno precedente, i Packers prevalsero con una quarterback sneak improvvisata da Starr all’ ultimo secondo.
Durante la settimana che portava al Super Bowl di Miami contro gli Oakland Raiders Vince prese la decisione di non continuare l’ anno seguente, avrebbe mantenuto solo la carica di manager, ma non divulgò la notizia per non distrarre la squadra. I sintomi dolorosi del suo malessere fisico erano decisamente peggiorati, lo stress mentale a cui si era sottoposto aveva raggiunto picchi altissimi e oltretutto non sopportava più quella fazione di giornalisti che lo denigrava. Un giornalista della rivista Esquire, Leonard Shecter, in un articolo intitolato “The Toughest Man”, lo descrisse come un tiranno che abusava della salute dei propri giocatori e che maltrattava i familiari.
I ragazzi vinsero facilmente il secondo Super Bowl per 33-14 e quella partita rappresentò il canto del cigno per i grandi Green Bay Packers degli anni ’60 .

Epilogo
La stagione dei Packers con il secondo di Vince, Phil Bengtson, promosso dallo stesso Lombardi al comando della squadra, fu la prima “losing season” dal 1958 e finì con un brutto 6-7-1.
Lombardi si rese conto di non poter fare a meno del contatto con il campo di gioco e cedette alle allettanti proposte del proprietario dei Washington Redskins. Azioni della squadra, potere decisionale illimitato, un ufficio enorme, autista personale, la possibilità di frequentare le persone più potenti d’ America, e non ultimo portare Marie fuori dal gelo del Wisconsin.
Separarsi da Green Bay però fu doloroso per entrambe le parti ma soprattutto per la squadra, che precipitò in una età oscura da cui uscirà solo alla metà degli anni ’90.
I Redskins ed il loro quarterback Sonny Jourgensen uscirono rivitalizzati dal primo anno di cura Lombardi ed ebbero la loro prima stagione vincente dopo 14 anni.

Vince però continuava a stare male ed i medici diagnosticarono un cancro intestinale poco prima del training camp del 1970. Il fatto di aver evitato di controllarsi con le colonscopie aveva sicuramente accelerato il processo e quando fu ricoverato all’ ospedale della Georgetown University il male si era esteso ad altri organi vitali. Per tutto il tempo del ricovero la sua stanza fu un continuo andirivieni di giocatori, amici, parenti e personalità varie, e tutti invariabilmente lasciavano la stanza in lacrime.
Vince Lombardi si spense la mattina del 3 settembre 1970.
Ai funerali, celebrati a New York, partecipò una folla immensa ed immersa in un incredulo silenzio.
Il Presidente Nixon inviò un telegramma firmato “The People”.

Probabilmente la figura di Vince Lombardi rimarrà unica nel mondo del football NFL. Non solo per i risultati, per le innovazioni tecniche e tattiche, per i metodi di allenamento o per il modo di motivare i giocatori. Potranno anche esserci in futuro personaggi più vincenti o più preparati tecnicamente, ma forse nessuno sarà associato in modo così indissolubile all’ immagine della Vittoria. Forse anche perché nessuno vorrà sacrificare la propria vita in modo così assoluto.

I believe in God, and I believe in human decency. But I firmly believe that any man’s finest hour – his greatest fulfillment to all he holds dear – is that moment when he has to work his heart out in a good cause and he’s exhausted on the field of battle – victorious.Vince Lombardi

Libri letti
Maraniss-When pride still mattered (Biografia ufficiale di Vince Lombardi)
Garner-Echoes of Notre Dame Football
Siti web visitati
GoArmySports.com (Sito web dell’accademia di West Point, sezione attività sportive)
James Howell’s college football scores (Grande database con tutti i risultati del college football)
Wikipedia
Und.cstv.com (Sito della Notre Dame University, sezione atletica)
Vince Lombardi.com

Legends | by Domenico | 01/08/07

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