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La Storia del Draft

Il Draft per gli sport professionistici degli United States è sempre stato un momento molto particolare, seguito in modo quasi morboso (soprattutto negli ultimi anni) dai fans, dai media, e da chiunque abbia a che fare con NFL, NBA, MLB e NHL.
Il più conosciuto e pubblicizzato è sicuramente quello del basket, in quanto il più breve (solo 2 giri) e quello con il maggior appeal televisivo.

Il Draft che riguarda il football americano ha un interesse molto vivo in America, ed è diventato un appuntamento dal sapore di ricorrenza nel mondo della NFL, quasi come le partite del Thanksgiving Day o il Super Bowl.

La sua origine è datata 1936, quindi ben 70 anni orsono, quando ancora il football era nella sua fase pionieristica e l’allora proprietario dei Philadelphia Eagles, Bart Bell, ebbe l’idea di introdurre un sistema per scegliere i talenti provenienti dal College, andando in ordine inverso rispetto alla classifica del campionato precedente.

Così prima nel febbraio e poi nel dicembre di quell’anno, i teams della Lega si riunirono a Philadelphia per scegliere i migliori prospetti della nazione. Nel primo Draft i giri di scelta furono nove, e il primo giocatore scelto in assoluto fu l’ Heisman Trophy Jay Berwanger, chiamato dagli Eagles e poi girato ai Bears, con i quali non ebbe un gran rapporto, dato che il leggendario owner George “Papa Bear” Halas rifiutò la richiesta del giocatore di 250.000 dollari di ingaggio, e lo mandò a vendere gomma piuma in uno dei suoi stabilimenti.

Alla fine del 1936 ci fu il secondo Draft, con un giro in più di scelta, e successivamente nel corso degli anni, il numero dei giri di scelta aumentò a dismisura fino ad arrivare addirittura ai trenta giri degli anni 40 e 50. Visto che un numero così alto portava le squadre a scegliere assoluti carneadi negli ultimi giri, negli anni 60 e 70 i round di scelta diminuirono a venti, mentre dal 1977 fino al 1992 si attestarono sui dodici. Oggi i giri totali per il Draft sono sette, numero incredibilmente basso rispetto ai primi anni, ma che comunque dà la possibilità ai team di avere un buon numero di innesti per costruire squadre vincenti.

All’inizio degli anni 60, la nascita della AFL (American Football League) e la sua conseguente battaglia contro la NFL per il dominio del football americano negli States, diede al Draft una parvenza di riunione segreta, tenutasi in luoghi sconosciuti, in cui entrambe le leghe cercavano di sottrarre all’altra i migliori prospetti universitari uscenti.

Questa vera e propria battaglia si svolse tra il 1961 e il 1966, e molti grandi nomi del football, tra cui Joe Namath, Billy Cannon, Mike Ditka, Earl Olsen o Gale Sayers, dovettero scegliere in quale delle due leghe giocare.

Dopo il 1966 la AFL e la NFL decisero di sotterrare l’ascia di guerra e, alla fine di quell’anno, decisero che dal 1970 il Draft sarebbe stato unico.

Ora, come detto, il Draft coinvolge un numero spropositato di giornali, televisioni e siti web, che già due o tre mesi prima del giorno fatidico, stilano una serie di Mock Draft (ipotesi di draft), in cui studiano tutte le varie problematiche dei team e cercano di associarne il giocatore giusto o quello più forte disponibile, provando quindi a indovinare quali saranno le future chiamate a fine Aprile.

L’ultimo weekend di Aprile, con milioni di fan e addetti collegati, il Commisioner da inizio alle danze, che iniziano il primo giorno con la chiamata delle prime scelte e poi, nel secondo, con i restanti giri.

Dal 1993, per evitare che le squadre NFL perdessero troppo facilmente e con manovre non sempre legali, i propri free agents, la Lega ha introdotto un sistema di compensazione tramite scelte, per cui un team che firma un giocatore restricted free agent (giocatori con contratto scaduto e 3 anni di permanenza nella stessa squadra) dovrà dare all’altro team una scelta che va dal terzo al settimo giro.

Inoltre dal 2002, per dare una possibilità ai giovani non eleggibili nel Draft vero e proprio, la NFL ha creato un Supplementary Draft, che si svolge nel mese di luglio, in cui le squadre professionistiche possono chiamare uno di questi giocatori, perdendo però la possibilità di avere nel Draft di Aprile dell’anno successivo il pick usato nel Supplementary. Non a caso pochissimi sono i giocatori scelti in luglio, e quasi sempre oltre il terzo giro, in quanto le squadre non vogliono perdere un primo o un secondo giro del Draft futuro.

Fin dal primo anno, il Draft NFL ha visto come protagonisti assoluti tutti quei giovani che nel college football avevano lasciato un segno indelebile del loro talento, e che speravano di ripetere le loro gesta e i loro risultati anche nel mondo professionistico.

Gli Heisman Trophy , cioè i giocatori di college che al termine della stagione ricevevano il più importante premio individuale del football NCAA, avevano sempre una corsia preferenziale all’interno del Draft, con le squadre abbagliate dai numeri accumulati al college e soprattutto dal prestigio del premio a loro assegnato.

Come detto in precedenza, il primo giocatore scelto in assoluto nella storia del Draft fu un Heisman Trophy , e nel corso degli anni altri sedici giocatori hanno combinato il premio di miglior giocatore del College con la prima chiamata nel Draft successivo.

Tra questi possiamo ricordare nomi che hanno fatto la storia del football, come Frank Sinkwich, scelto dai Lions nel 43, Paul Hornung , scelto da Green Bay nel 57 e protagonista della dinastia dei Packers di Vince Lombardi , Billy Cannon, primo grande furto della AFL alla NFL nel 1960, OJ Simpson scelto da Buffalo nel 68, primo running back a superare le 2000 yards corse in una stagione, Jim Plunkett, scelto da New England nel 1970, ma famoso per aver guidato gli Oakland Raiders di John Madden al titolo del 1980, il mitico Earl Campbell, scelto dagli Oilers nel 78, Bo Jackson, scelto da Tampa Bay nel 1986, prima grande star ad essersi divisa tra baseball e football pro.

L’ultimo Heisman Trophy scelto col primo pick assoluto è stato Carson Palmer, chiamato dai Bengals nel 2003, dopo aver fatto faville al college con USC, ed esploso nell’ultima stagione, che lo ha visto primeggiare nei td pass.

Proprio l’ Heisman Trophy è stato però fonte di numerosi abbagli presi dalle dirigenze delle squadre NFL, attirati dal nome, ma rimasti successivamente con un pugno di mosche.

Come non ricordare i nomi di Rashaan Salaam, Desmond Howard, Ron Dayne, Andre Ware, Archie Griffin, Terry Baker (considerato il primo di questa lista nera), di John Cappelletti o di Jim Spurrier (poi rifattosi come coach), arrivati al Draft con tutti gli onori del caso e con enormi aspettative, scelti al primo giro, ma mai competitivi ad alti livelli e relegati spesso a comparse nella loro carriera NFL.

Oltre a questi, ci sono stelle del College, vincitori di Heisman Trophy , che la NFL, al momento del Draft, ha dimenticato, non ritenendoli validi per una carriera tra i professionisti.

Emblematici i casi di Jason White, quarterback di Oklahoma e Charlie Ward, quarterback di Florida State, entrambi vincitori del maggiore premio individuale del college football, ma non scelti dal Draft successivo, il primo per chiari limiti che hanno fatto crollare il suo appeal fra i pro, il secondo per aver preferito il mondo della NBA a quello NFL, credendo di sfondare nel basket.

Il Draft NFL, come visto, ha sempre avuto un rapporto molto controverso con le superstars del college, trovando in loro o una miniera d’oro o la fonte di innumerevoli problemi, ma ci sono moltissimi casi in cui le squadre NFL hanno saputo avere l’occhio lungo o, se vogliamo, hanno avuto un pizzico di fortuna, pescando nel sommerso del Draft giocatori, che poi si sono rivelati delle gemme nel firmamento della storia del football.

Se prendiamo in esame solamente gli Hall of Famer ci sono casi emblematici che dimostrano quanto il Draft NFL sia difficile da decifrare a priori.

I due mitici quarterback degli anni 50, Bart Starr e Johnny Unitas, furono scelti rispettivamente al 17° e al 9° giro del loro Draft, diventando poi delle icone NFL negli anni successivi con le maglie di Green Bay e Baltimore. Starr fu il quarterback dei Packers dell’era Lombardi, dominatori incontrastati dei primi anni 60, in cui vinsero ben cinque titoli e i primi due Super Bowl della storia. Unitas venne addirittura scartato dagli Steelers, prima dell’inizio della sua stagione da rookie, ma poi seppe rifarsi ampiamente con i Colts, conquistando il titolo del 1958, perdendo il Super Bowl III del 68 contro i Jets di Namath, e trionfando in quello del 1970, all’età di 37 anni.

Uno dei più grandi defensive end della storia del gioco, David “Deacon” Jones, fu scelto dai Los Angeles Rams nel 14° giro del Draft del 61, formando successivamente con Merlin Olsen una delle coppie più devastanti viste sui campi NFL, dove collezionò anche 26 sacks in una sola stagione.

Roger Staubach, il leggendario quarterback dei Dallas Cowboys di Tom Landry, MVP del Super Bowl del 1972, fu scelto al 10° giro del draft del 64, nonostante l’Heisman Trophy vinto l’anno prima, ma frenato dal fatto di essere un cadetto della marina, e quindi aver passato i primi cinque anni di carriera lontano dai campi di gioco.

Per non parlare di un trio di ricevitori quali Charlie Joyner, John Stallworth e Steve Largent, scelti tutti al 4° giro dei loro rispettivi draft, e poi divenuti autentiche leggende degli anni 70 e 80, con la maglia di San Diego, Pittsburgh e Seattle.

Avvicinandoci ai giorni nostri, fa sensazione vedere Joe Montana scelto come 82° assoluto del Draft del 79, o due star della difesa quali Singletary e Howie Long chiamati al 2° giro nel draft del 1981. Per non parlare del mitico Draft del 1983, da molti considerato il migliore di tutti i tempi, in cui Jim Kelly venne scartato da tredici squadre, prima che i Bills ne facessero il loro QB, e addirittura Dan Marino dovette aspettare la fine del primo giro prima di sentire il suo nome accostato a quello dei Miami Dolphins.

Altri futuri Hall Of Famer quali Jerry Rice (16°), Emmitt Smith (17°) e Brett Favre (33°) non furono tra i primi cinque picks chiamati nei loro rispettivi Draft, e addirittura Favre fu spedito da Atlanta ai Green Bay Packers (in cambio di una scelta di secondo giro) dopo la sua deludente prima stagione.

In questi ultimi anni ci sono stati due casi su tutti che hanno dimostrato l’atipicità del Draft NFL: Terrell Davis e Tom Brady.

Il primo, scelto da Denver al 6° giro del Draft del 95, divenne subito il più basso running back scelto in un draft a superare le 1000 yards nella sua prima stagione, e da lì in avanti costruì una carriera piena di record e onorificenze, tra cui i due Super Bowl vinti, con MVP annesso nel 1997, quando diventò il primo back a segnare 3 td rush nell’atto finale della NFL, e l’MVP della stagione 1998 quando diventò il terzo rusher della storia a superare le 2000 yards.

Brady, invece, dopo aver fatto il backup di Brian Griese a Michigan, venne scelto sempre al 6° round del 2000 dai Patriots, che avevano in Drew Bledsoe il loro leader indiscusso e cercavano solamente un terzo quarterback per dare profondità al ruolo. Nel 2001, complice un infortunio del titolare, Brady diventa lo starter di New England e tra lo stupore generale conduce i Pats alla conquista del Super Bowl, in cui sarà l’MVP. Da lì in avanti conquisterà altri due titoli in tre anni, diventando uno dei quarterback più vincenti della storia.

Il Draft NFL, oltre essere una vetrina fondamentale per i campioni del domani, dà la possibilità alle squadre di cambiare il corso della propria storia.

I Pittsburgh Steelers, dopo aver passato quasi vent’anni senza postseason, all’inizio degli anni 70, con l’avvento in panchina di Chuck Noll, iniziano a sfruttare alla perfezione le loro scelte, costruendo in pochi anni la squadra che tra il 1974 e il 1979 conquistò quattro Super Bowl.
Nel 1969 pescarono “Mean” Joe Greene, l’anno successivo Mel Blount e Terry Bradshaw con la prima assoluta, nel 71 e nel 72 arrivarono Jack Ham e Franco Harris e infine nel 1974, considerato unanimemente il miglior draft di sempre di un singolo team NFL, scelsero quattro futuri Hall Of Famer quali Lynn Swann al 1° giro, Jack Lambert al 2°, John Stallworth al 4° e Mike Webster al 5°.

Mai nessun’altra squadra è riuscita nell’impresa di pescare quattro Hall Of Famer nello stesso draft, al massimo ci si è fermati a due per squadra, e probabilmente quel colpo da sogno da parte di Pittsburgh rimarrà nella storia per sempre.

Parlando di annate, come nel caso di un vino di estrema qualità, un Draft viene considerato eccelso in base al numero di hall of famer presenti. Per questo, quello del 1974 non è considerato il miglior draft in termini assoluti, ma nemmeno anni come il 1953 e il 1957, che possono annoverare ben otto abitanti dell’Arca della Gloria di Canton, lo sono.

Gli esperti attualmente tendono a mettere davanti a tutti l’annata 1983, seppur in prospettiva futura, dato che il fatto di essere abbastanza recente, non ha consentito di produrre ancora tutti i possibili “immortali” che balzano all’occhio in una rapida lettura dei rounds di quel Draft.

La prima scelta assoluta fu un certo John Elway, chiamato dai Baltimore Colts, ma subito scambiato con il tackle Cris Hilton, prima scelta al terzo pick dei Denver Broncos. Alla seconda chiamata dietro Elway, i Los Angeles Rams, chiamarono Eric Dickerson, ancor’oggi record man di yards corse in un’annata con 2105. Al 9° pick gli Oilers pescarono Bruce Matthews, il più longevo offensive lineman di tutti i tempi, mentre al 14° e al 27° pick, uscirono i nomi di Jim Kelly e Dan Marino, due nomi che non hanno bisogno di presentazioni.

Oltre a questi non bisogna dimenticare gente come Darrell Green, considerato per anni il più veloce giocatore della Lega, Curt Warner che, nel suo anno da rookie, guidò Seattle alla prima finale di Conference della propria storia, Henry Ellard, wide receiver record man dei Rams prima dell’avvento di Isaac Bruce, o Leonard Marshall, famoso per aver terminato con un terrificante sack la carriera di Montana ai 49ers, nell’NFC Championship del 1990, per non parlare di Darryl Talley, fenomenale linebacker dei Buffalo Bills dei quattro Super Bowl consecutivi.

La presenza di questi nomi fa sì che quell’annata sia considerata la migliore della storia, ma il Draft NFL può riservare sempre delle sorprese con il passare degli anni, il fatto di non essere, come per gli altri Draft degli sport americani, una scienza esatta, comporta la realizzazione di numerosi sogni e infinite delusioni.

Ogni anno può esserci una grossa sorpresa che sbuca fuori dal nulla, una star del College che sembrava invincibile ed invece crolla alla prima occasione, un carneade che sfrutta la chance della vita e diventa una leggenda, una squadra che arriva con una marea di dubbi e se ne esce con mille certezze, la storia è lì a dimostrarlo, ed è per questo che il Draft NFL è ormai un appuntamento irrinunciabile nel panorama dei grandi eventi del football pro.

Speciali | by Teo | 20/02/07

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