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Gli Anni '30

La principale novità di questa decade fu una riorganizzazione più razionale della NFL, con un conseguente aumento della stabilità. Troppo spesso in precedenza non era stato possibile determinare in maniera oggettiva la squadra campione e la mortalità delle franchigie era decisamente elevata, così come l’eventualità di un trasferimento in un’altra città.
Ma soprattutto, il football professionistico era ancora considerato uno sport minore, praticamente il fratello povero del college football.
Nel corso degli anni ’30 la NFL mise ordine al caos regnante fino ad allora: in primo luogo furono istituite delle regole che favorissero maggiormente il gioco aereo, poi vennero create due divisions ed un championship game.
Verso la fine della decade si erano oramai consolidate delle grandi rivalità. Due su tutte: quella tra i Green Bay Packers ed i Chicago Bears, dominatrici della Western Division, e quella tra i New York Giants ed i Washington Redskins, perenni contendenti per il titolo della Eastern Division.
I principali eroi ? “Slingin’” Sammy Baugh , Sid Luckman, Don Hutson e Bronko Nagurski… giusto per citare i nomi più famosi.

La Grande Depressione

Dopo un deludente 1929 per i Chicago Bears (record di 4-9-2), George Halas fece due mosse cruciali per la stagione 1930: in primis rinunciò al ruolo di head coach, ingaggiando allo scopo Ralph Jones. In secundis si assicurò i servigi di un rookie proveniente dalla University of Minnesota: il fullback Bronko Nagurski.
Jones era considerato il padre della moderna T-formation, mentre Nagurski si mostrò subito una presenza dominante. I risultati non tardarono ad arrivare ed i Bears finirono con un buon 9-4-1.
“Quando colpivi Nagurski” , dichiarò Red Grange a proposito del compagno di squadra, “era come prendere la scossa. Se tentavi di placcarlo all’altezza delle caviglie, era probabile che finissi ammazzato”.

I Green Bay Packers si laurearono campioni 1930, vincendo il secondo titolo di fila. Ma i New York Giants giocarono quella che risultò essere la partita più importante da quando esisteva la NFL. Il 14 Dicembre 1930, ai Polo Grounds, affrontarono una selezione di all-stars di Notre Dame, allo scopo di raccogliere fondi per i disoccupati della Grande Mela.
A quei tempi la Grande Depressione stava assumendo proporzioni catastrofiche, e quel gesto rappresentò qualcosa di più di un nobile azione. I 55.000 spettatori accorsi si aspettavano una netta vittoria degli Irish, dato che l’egemonia del college football regnava quasi del tutto incontrastata.
Knute Rockne, coach di Notre Dame, disse ai suoi poco prima dell’incontro: ”Ragazzi, questi Giants sono grandi e grossi, ma sono lenti. Segnate due o tre touchdown nel primo quarto, poi difendete… e non fatevi male”.
Ma la partita andò diversamente: grazie a Benny Friedman i Giants segnarono velocemente due touchdowns, poi la difesa annullò l’attacco di Notre Dame, concedendo soltanto un primo down. New York vinse 22-0, ma, aldilà del risultato in sé, era avvenuta una svolta fondamentale: il football professionistico era uscito dal ghetto.
Nel 1931 i Packers divennero la prima squadra a vincere 3 titoli di seguito, grazie ad un record di 12-2 (contro l’11-3 dei Portsmouth Spartans). Quella di Curly Lambeau era una squadra formidabile: a Johnny “Blood” McNally, Mike Michalske, Red Dunn, Cal Hubbard e LaVern Dilweg si era aggiunto anche Rudy Comstock.

Qualcosa nell’aria.

Nel 1932 gli effetti della Grande Depressione non tardarono a farsi sentire anche sulla NFL: la scure della crisi si abbatté su Frankford Yellow Jackets, Providence Steam Roller e Cleveland Indians, riducendo il numero di franchigie a 8.
Prima dell’inizio della stagione, George Preston Marshall, invitato da George Halas e Joe Carr, fondò i Boston Braves.
Per la prima volta nella storia furono tenute le statistiche ufficiali: Cliff Battles dei Braves fu il miglior runner (576 yards), mentre Luke Johnson dei Bears primeggiò nella classifica delle ricezioni (24 per 321 yards).
Bears e Spartans chiusero la stagione regolare prime a pari merito, così si decise di giocare una finale per assegnare il titolo.
Il Championship Game del ’32 tra Chicago Bears e Portsmouth Spartans, giocatosi il 18 Dicembre, ebbe luogo in uno scenario insolito per quei tempi. Inizialmente si doveva tenere al Wrigley Field, ma il blizzard che spazzava Chicago da una settimana rese impossibile la disputa all’aperto.
“C’era mezzo metro di neve quando arrivammo in città”, commentò Glenn Presnell, tailback degli Spartans.
Così si decise di giocare indoor, al Chicago Stadium, davanti ad un pubblico di 11.198 spettatori.
Il campo, si fa per dire, era uno strato di terreno lasciato da un circo che era stato di scena in quell’impianto la settimana prima. Addirittura il terreno era ancora pieno degli escrementi lasciati dagli animali.
Il campo era lungo soltanto 80 yards, era 15 piedi più stretto del solito e le end zones erano profonde meno di 10 yards.
A causa della particolarità delle condizioni di gioco, furono adottate delle regole speciali.
Non erano consentiti i field goals, i kickoffs venivano effettuati dalla linea delle 10 yards, ogni volta che una squadra oltrepassava la metà campo, veniva penalizzata di 20 yards, in modo da rendere il terreno da 100 yards.
Come avrebbe ricordato George Halas, “L’unica cosa non ridicola di quell’incontro fu la nostra vittoria”.
Gli attacchi stentarono a causa delle dimensioni ridotte del campo di gioco, e la partita finì 9-0 per i Bears.

Ma l’inconsistenza offensiva era stata un trend di tutta quella stagione, e non solo dovuta alla singolarità delle condizioni in cui fu giocato il Championship.
Per questo motivo nel Febbraio 1933 i proprietari approvarono 3 nuove regole. La prima spostò i pali dalla end line alla goal line, per favorire la segnatura di più field goals. La seconda introduceva le hashmarks (già usate nel Championship) a 10 yards da ciascuna linea laterale, in modo che se un’azione fosse terminata vicino ad una sideline, il gioco sarebbe ripreso in prossimità della hashmark. Infine, furono consentiti i passaggi in avanti effettuati da qualunque punto al di dietro della linea di scrimmage (in precedenza il lancio doveva effettuato da almeno 5 yards dalla linea).
Di fatto quest’ultima regola rendeva legale quanto fatto pochi mesi prima da Bronko Nagurski nel Championship Game.
Questi prese palla, finse di correre, poi indietreggiò e lanciò Red Grange in touchdown. Tra le proteste del coach degli Spartans, George “Potsy” Clark, l’arbitro Bobby Cahn dichiarò valida la segnatura, dato che per lui non era stata infranta la regola delle 5 yards.
“Mi allineai come di consueto, 4 yards dietro”, ricordò Nagurski, “Red andò in movimento ed io presi palla. Feci un passo o due in avanti, fingendo di correre. I difensori conversero su di me, così indietreggiai di un paio di passi e lanciai a Red nella end zone”.
“Speravamo che le nuove regole aprissero il gioco”, fu il commento di Halas, “e i risultati lo confermano”.
Effettivamente, il numero di field goals registrò un incremento significativo, così come la produzione offensiva di ogni squadra. Diminuì anche il numero di pareggi e di shut-outs.
Inoltre il Championship aprì un nuova frontiera: la possibilità di giocare al chiuso.
Come disse un giornalista sportivo: “C’era la stessa differenza che c’è nell’assistere ad un incontro di boxe da bordo ring o dalla piccionaia. Il suono degli esseri umani che impattavano tra di loro era così reale”.
Marshall, che nel frattempo aveva cambiato il nick della sua franchigia da Braves a Redskins, propose di dividere le squadre in due divisions, e che le vincenti si giocassero il titolo in una finale.
Così la Eastern Division fu composta da New York Giants, Brooklyn Dodgers, Boston Redskins e due nuove franchigie: i Philadelphia Eagles e i Pittsburgh Pirates.
Nella Western Division furono allocati i Chicago Bears, i Chicago Cardinals, i Portsmouth Spartans, i Green Bay Packers ed i neonati Cincinnati Reds.
A quello stesso meeting parteciparono due nuovi proprietari: Art Rooney di Pittsburgh, che aveva acquistato la squadra dopo una grossa vincita alle corse dei cavalli, e Bert Bell di Philadelphia. Una spinta decisiva alla nascita di queste due franchigie fu data dalla legalizzazione delle partite domenicali in Pennsylvania.
Oltre a ciò, Halas rimase l’unico proprietario dei Bears e tornò a vestire i panni di head coach, per la prima volta dal 1929.

Una finale mozzafiato

La stagione 1933 fu decisa da un Championship davvero memorabile, giocato a Wrigley Field tra i Chicago Bears (10-2-1) e i New York Giants (11-3).
I Bears schieravano una poderosa linea offensiva al servizio di Bronko Nagurski: i tackles Roy “Link” Lyman e George Musso, le guardie Joe Kopcha e Jules Carlson, il centro Charles “Ookie” Miller.
I Giants si affidavano alle corse del quarterback Harry Newman e dell’halfback Ken Strong, e agli ends Ray Flaherty e Dale Burnett, senza trascurare l’apporto del centro Mel Hein, ritenuto uno dei più grandi di sempre in quel ruolo.
Per la pioggia e la nebbia, i 26.000 spettatori potevano a stento vedere quello che avveniva in campo. Un paio di field goals realizzati da Jack Manders diedero il vantaggio a Chicago, ma poco prima la fine della prima metà gara, Newman lanciò Morris “Red” Badgro in touchdown. Ken Strong realizzò la conversione: 7-6 New York. I Bears tornarono a condurre grazie ad un altro field goal di Manders, ma Newman portò i suoi fino alla goal line: a quel punto Max Krause con uno sfondamento riportò avanti i Giants, 14-9.
Tre minuti dopo, Nagurski lanciò un passaggio in touchdown per Bill Karr, e l’extra point di Manders consentì ai Bears di tornare in vantaggio 16-14.
Ma New York tornò ben presto a rispondere. Nella prima azione dell’ultimo quarto, con i Giants sulle 8 yards di Chicago, Strong si cimentò in una sweep sulla destra, scontrandosi contro un muro di avversari. Allora riuscì a cambiare direzione, e con un passaggio laterale diede palla a Harry Newman. Questi non potette fare altro che rilanciare a Strong, che nel frattempo era giunto indisturbato nella end zone. L’extra point dello stesso Strong portò il punteggio sul 21-16 per i Giants.
Ma la partita conobbe un’ulteriore svolta, quella definitiva.
Un punt di Ken Strong diede il possesso ai Bears sulle 46 dei Giants, con 3 minuti alla fine. Chicago se la cavò con un trick play: con la palla sulle 33, Nagurski prese lo snap, iniziò a correre verso la linea, poi si fermò. Saltò e lanciò al centro a Bill Hewitt. Questi corse per 14 yards, poi passò lateralmente a Bill Karr, che si involò sul lato destro segnando il touchdown decisivo.
I Giants ebbero un’ultima occasione, ma una vecchia conoscenza salvò la partita placcando Red Badgro, permettendo ai suoi di vincere 23-21.
“Ricevetti il passaggio, e l’unica persona che c’era tra me e la goal line era Red Grange”, fu il ricordo di Badgro. “Volevo passarla lateralmente a Mel Hein o a Dale Burnett, ma Grange mi afferrò per le braccia, impedendomelo”.

Nuove tradizioni

Nel 1934 Detroit tornò ad avere una franchigia NFL, quando G.A. Richards comprò i Portsmouth Spartans per 15.000 dollari (più 6.500 per appianare i loro debiti), e li rinominò Detroit Lions.
Prima dell’inizio della regular season, Arch Ward del Chicago Tribune organizzò il primo Chicago College All Star Game. L’idea era di porre di fronte i campioni NFL ad una selezione dei migliori collegiali, devolvendo l’incasso in beneficenza. La partita finì 0-0, ma attirò 79.432 fans al Soldier Field, dando inizio ad un evento che sarebbe finito solo nel 1976.
L’altra tradizione, la più importante, fu l’istituzione del Thanksgiving Day Game a Detroit.
Quella partita fu giocata tra i Detroit Lions, autori di una partenza sensazionale per una nuova franchigia (10-0, con 7 shutouts di seguito), e gli imbattuti Chicago Bears.
Per la prima volta un incontro NFL ebbe esposizione a livello nazionale, grazie alla copertura radio della NBC.
Il giocatore chiave di quei Lions era Earl “Dutch” Clark: in attacco giocava quarterback, in difesa safety.
Ma Chicago riuscì a vincere 19-16 grazie ad un passaggio in touchdown di Bronko Nagurski a Bill Hewitt.
I Bears finirono la stagione imbattuti (13-0), ed erano i netti favoriti alla vittoria nel Championship.
Giocatosi il 9 Dicembre 1934 ai Polo Grounds tra i New York Giants ed i campioni uscenti Chicago Bears, la partita ebbe una curiosa singolarità.
La pioggia gelida della notte precedente aveva lasciato sul campo un velo di ghiaccio, rendendolo scivoloso.
Poco prima dell’inizio, Steve Owen, coach dei Giants, ne parlò col suo capitano, Ray Flaherty.
“Peccato che non abbiamo delle scarpe da ginnastica anziché queste da football”, osservò Flaherty. “Ricordo una partita ai tempi di Gonzaga. Il terreno era proprio in queste condizioni. Giocammo con le scarpe da basket e riuscimmo a vincere”.
Owens ci pensò un attimo. Dopotutto i Bears erano imbattuti e i Giants avevano un record di 1-4 contro le squadre della Western Division. Perché non provarci ?
Unico problema: tutti i negozi di articoli sportivi di New York erano chiusi. Il trainer Gus Mauch suggerì che il Manhattan College avrebbe potuto fornire delle scarpe da ginnastica. Bingo ! Mauch ricevette il permesso dal college e mandò il suo assistente Abe Cohen a ritirare le scarpe.
Quando questi tornò ai Polo Grounds, i Bears conducevano 10-3. A 10 minuti dalla fine del terzo quarto, sotto 13-3, i Giants chiamarono time out per effettuare il cambio scarpe. Tornati in campo, segnarono 4 touchdown, di cui 2 su corsa di Ken Strong, vincendo 30-13. Finito il match, negli spogliatoi l’esausto Strong disse ai giornalisti: “Non sono io l’eroe”. E, indicando Cohen, aggiunse: “Eccolo l’eroe”.

Nella stagione 1934 fu inoltre rotta la barriera delle 1000 yards corse da un runner : artefice dell’impresa, Beattie Feathers dei Bears, che riuscì a totalizzare 1004 yards. Steve Van Buren avrebbe fatto di meglio solo 13 anni dopo.

Il fenomenale Hutson

Il 1935 fu l’anno di debutto di Don Hutson dei Green Bay Packers, rookie end uscito da Alabama. Nella sua partita di esordio non ci mise molto a mettersi in mostra, ricevendo da Arnie Heber un passaggio da 83 yards in touchdown, ed era la sua prima azione in assoluto!
“Lo schema era semplice, ma la scelta di lanciare così sul profondo alla prima azione fece scalpore. E nessuno si chiese più se ero in grado di giocare”, ricordò Hutson.
Oltre ad una velocità insolita per quei tempi, Hutson possedeva una serie di movenze mai viste prima. Caratteristiche che lo avrebbero portato dritto nella Hall of Fame.
Eppure, Hutson capitò nella NFL quasi per caso.
“Prima di ricevere le lettere di Curly Lambeau, non pensavo di giocare tra i pro. Non avevo mai sentito parlare dei Green Bay Packers. Laggiù in Alabama i giornali non parlavano di football NFL”.
Si scatenò un’asta tra Lambeau e John “Shipwreck” Kelly, ex end dei Giants e proprietario dei Brooklyn Dodgers: Lambeau offrì al giocatore uno stipendio di 175 dollari alla settimana e, prima ancora che Kelly potesse fare una contro offerta, Hutson firmò.
Durante la sua carriera, Hutson avrebbe vinto la classifica delle ricezioni per ben 8 volte. Nel 1942, divenne il primo ricevitore a superare quota 1000 yards in stagione, con 1211.
Ma l’esplosione di Hutson non bastò a fermare i Detroit Lions, che vinsero il Championship ’35 sotto la neve sconfiggendo 26-7 i Giants.

Il primo draft

Al termine della stagione ’34, Bert Bell dei Philadelphia Eagles ideò un meccanismo di scelta dei giocatori in uscita dal college, suggerendo che la squadra col record peggiore scegliesse per prima e così via.
La proposta fu messa ai voti e approvata, diventando effettiva a partire dal 1936 con il primo draft.
Il primo giocatore scelto fu l’halfback della University of Chicago, Jay Berwanger, vincitore dell’Heisman Trophy, selezionato proprio dagli Eagles.
Ironia della sorte, Berwanger, che nel frattempo era stato spedito ai Bears, non avrebbe giocato nemmeno un down nella NFL.
Il 1936 fu il primo anno in cui non ci furono spostamenti di franchigie, e tutte le squadre giocarono lo stesso numero di partite di regular season (12).
Boston e Green Bay vinsero le rispettive divisions e, per la prima volta, il Championship fu giocato in campo neutro.
In realtà si sarebbe dovuto giocare a Boston, ma il proprietario dei Redskins, George Preston Marshall, fece spostare la gara ai Polo Grounds di New York per punire il disinteresse dei propri tifosi, a loro volta furiosi per l’aumento del prezzo dei biglietti.
La NFL vide nascere una nuova lega rivale, una nuova American Football League, con franchigie a Boston, Cleveland, New York, Pittsburgh, Rochester e Brooklyn.
Nonostante la presenza degli ex Giants Red Badgro, Harry Newman e Ken Strong, così come quella del futuro Hall of Famer Sid Gillman, la neonata AFL chiuse i battenti l’anno seguente.

La NFL e la capitale

Nel 1937 furono fondati i Cleveland Rams da Homer Marshman, mentre Marshall tagliò definitivamente i ponti con Boston, trasferendo i Redskins a Washington.
La sua prima mossa dopo la riallocazione nella capitale fu l’ingaggio di Sammy Baugh , tailback All-America proveniente da Texas Christian.
I Redskins si confermarono campioni della Eastern Division, e Baugh ebbe una stagione da rookie davvero stellare, coronata da un Championship coi fiocchi: 18/32 al lancio e 3 touchdowns per il 28-21 contro i Bears al Wrigley Field.
E tutte queste 3 segnature arrivarono nel terzo quarto, con i Redskins sotto 21-14.

Né Washington né Chicago riuscirono ad arrivare al Championship nel 1938, disputato tra Giants e Packers ai Polo Grounds di New York.
I Packers, privi dell’infortunato Hutson, conquistarono più yards dei Giants (378 contro 212), ma 2 punts bloccati decisero le sorti dell’incontro a favore dei newyorchesi, 23-17.
Al termine di quella stagione fu giocato a Los Angeles il primo Pro Bowl, tra i campioni NFL ed una selezione di stelle delle altre squadre. Per la cronaca, i Giants vinsero 13-10 di fronte a circa 20.000 paganti.

Ecco la TV

Prima dell’inizio della stagione 1939 morì il presidente della NFL, Joe Carr.
Prese il suo posto il suo braccio destro, Carl Storck.
Il 22 Ottobre 1939 la NBC trasmise in televisione la partita tra Brooklyn Dodgers e Philadelphia Eagles, giocatasi a Ebbets Field e vista da casa da circa un migliaio di persone nell’area della Grande Mela.
In quella stagione ci fu l’esordio di Sid Luckman, quarterback dei Chicago Bears, che prese il posto di Bernie Masterson.
Nonostante ciò, i Bears non riuscirono a conquistare la Western Division, che fu appannaggio dei Packers. Ad est il titolo divisionale fu preda dei New York Giants, che conquistarono così il diritto di giocare la finale.
A causa della limitatezza di posti a sedere del City Stadium di Green Bay, il Championship si giocò al Wisconsin State Fair Park di Milwaukee. Nonostante i 3 intercetti subiti da Arnie Heber, i Packers si imposero 27-0 grazie a due passaggi in touchdown: uno dello stesso Heber e uno di Cecil Isbell, e soprattutto grazie ai 6 intercetti da parte della difesa.
La NFL era uscita indenne dalla competizione con un’agguerrita lega rivale, era sopravvissuta al suo presidente e alla Grande Depressione.
Presto avrebbe dovuto fare i conti con la Seconda Guerra Mondiale.

Bibliografia

- 75 Seasons
- The Fireside Book of Pro Football
- http://www.nfl.com/history
- http://www.profootballhof.com
- http://nflhistory.net/

Decades | by Roberto Petillo | 08/03/07

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