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The Monday Night Miracle

New York, nel tardo ottobre, significa spesso World Series, vista la quasi perenne presenza all’evento degli Yankees, fatto che sposta l’attenzione normalmente riservata ad un campionato di football già ben avviato su ciò che rimane della stagione di baseball, fonte pressoché certa dell’arrivo di un trofeo di prestigio per i Bronx Bombers.

Figuriamoci poi quando, nel 2000, si svolse la Subway Series, storico evento che mise una contro l’altra le due compagini della Grande Mela, Yankees (che avrebbero poi vinto) e Mets, in una sfida all’interno della sfida che coinvolse chiunque, ivi compresi i numerosi fans che accorsero al Giants Stadium di lunedì sera, nella pausa tra gara 2 e gara 3, per vedere gli amati Jets confrontarsi con i rivali divisionali di Miami, in un confronto tra franchigie ambedue giunte a quota 5-1, ed appaiate in testa alla Afc East.

I Dolphins, allenati da Dave Wannstedt, avevano cominciato sorprendentemente alla grande la prima stagione post Dan Marino, condotti da un quarterback privo d’esperienza ma tosto come Jay Fiedler, che, avendo a disposizione un decimo del talento di Dan la leggenda, si era comunque confermato un ottimo gestore dell’attacco, che viveva su un gioco di corse molto martellante che lavorava ai fianchi qualsiasi difesa, e sui passaggi corti, dal momento che la potenza e la precisione del braccio, non erano tra le qualità possedute dal nuovo regista della squadra.

I Jets di Al Groh, dotati di una difesa più che adeguata e di un attacco guidato dall’esperienza di Vinny Testaverde, capirono presto chi avevano davanti: il primo drive dei Dolphins si rivelò esattamente essere quello preventivato dallo staff di New York, con la differenza che, pur sapendo cosa sarebbe successo, l’attacco di Miami venne fermato a fatica. Nella prima serie, la filosofia di Wannstedt e dell’offensive coordinator Chan Gailey pagò immediatamente dazio, grazie ad un ottimo lavoro della linea offensiva che aprì varchi per Lamar Smith, il running back titolare, il quale garantiva guadagni tra le 5 e le 8 yards già al primo down, dando così la possibilità di poter diversificare le chiamate sul corto, facendo entrare in azione un Fielder che era pure un discreto scrambler.

Una volta fatta adeguare la difesa a questa filosofia, il piano di gioco, a sorpresa, cominciò a colpire con quelle che fino a quel momento erano state individuate come debolezze: il field goal che aprì la gara, calciato da Olindo Mare, scaturì da un passaggio lungo di Fielder per Oronde Gasden al primo down, mentre pochi minuti dopo, il quarterback lanciò il suo primo touchdown pass della serata nella mani di Leslie Shepherd per una segnatura di 42 yards, ritrovandosi con 7 completi su 8 tentativi per 138 yards a metà del primo quarto, eguagliando quella che era stata la sua media a partita nel gioco aereo in ciascuna delle gare precedenti.

La partita dei Jets stava prendendo le sembianze di un disastro, e l’attacco non fece nulla per dimostrare il contrario, passando sul terreno di gioco giusto il tempo di sei giochi solo per liberarsi due volte consecutive della palla. Quando il reparto offensivo di Miami mise piede in campo per la terza volta nel primo periodo, il disastro cominciò a concretizzarsi: bastò un handoff per Lamar Smith, che dopo un taglio deciso verso il buco corretto, sprintò dritto verso la endzone percorrendo 68 yards per la meta del 17-0. Lo stadio ammutolì, ed Al Groh, che era riuscito a diventare il primo head coach dei Jets di sempre a vincere 5 delle sue prime 6 partite, era visibilmente frustrato. Il secondo quarto non era neppure cominciato, e la sa difesa aveva già concesso quasi 100 yards al runningback avversario, e permesso di sfiorare il career high (al tempo 175 yards) ad un quarterback di esigue statistiche.

Alla fine del primo periodo, Testaverde aveva completato solamente due lanci per nemmeno 10 yards.

I Jets dovettero quindi correre ai ripari, fatto che escluse di fatto la pericolosità del running back Curtis Martin perché lanciando si sarebbe segnato più in fretta, e la fretta si sa, a volte è cattiva consigliera. Nel primo gioco del secondo quarto, Testaverde forzò un lancio sul rookie Laveranues Coles, che si fece tagliare la traiettoria dal bravo Sam Madison, il cui intercetto restituì l’ennesimo possesso offensivo ai Dolphins. Segnare ancora fu un gioco da ragazzi, Smith infilò un’altra corsa a lunga gittata, permettendo a Mare di infilare i pali con una conclusione di 42 yards. 20-0, ed ancora nessun segno di vita da parte dei Jets. Forse era meglio cominciare a pensare a gara 3 delle World Series.

Il cronometro scese sotto i 10 minuti del secondo periodo senza che New York fosse riuscita a guadagnare un primo down, agli avversari non rimaneva che gestire il cronometro al meglio, e segnare altri punti per mettere al sicuro la partita.

Dopo l’ennesimo terzo e fuori, esce un’altra invenzione di Gailey: Fielder fintò abilmente uno screen in direzione di Thurman Thomas, approdato a Miami per finire la carriera come backup, e lanciò nuovamente profondo in direzione di Gadsden, il quale ricevette il pallone all’altezza delle 16 yards dei Jets.
Solamente un eccellente intervento del cornerback Aaron Glenn in endzone impedì che il passivo aumentasse a dismisura, e New York vide accadere il primo evento positivo della sua serata quando Mare sbagliò l’apparentemente facile field goal conseguente a quel terzo down neutralizzato battendo il pallone a terra.

Con un minimo di entusiasmo in corpo, l’attacco di casa riuscì, a 6:30 dall’intervallo, a muovere finalmente le catene guadagnando un primo down grazie al fullback tuttofare Richie Anderson, una valvola importantissima di sfogo per le situazioni critiche di pressione. Quando poi Curtis Martin, ricevendo un pitch in option, si avventurò per la prima volta in territorio Dolphins, il pubblico riuscì persino a rumoreggiare di nuovo. Lo sforzo fu vano in seguito alle due penalità fischiate all’attacco, che portò fuori dal raggio di calcio di John Hall, costringendo Tom Tupa ad un nuovo punt.

A ridosso del two minute warning, Testaverde si fece intercettare ancora, stavolta da Patrick Surtain. Miami non capitalizzò quell’ennesima occasione, consentendo i Jets di riaffacciarsi verso la endzone grazie anche ad un illegal hit comminato al safety Brian Walker, che giocò una partita comunque straordinaria. Ne nacque il touchdown pass raccolto da Wayne Chrebet, piccolo guerriero di enorme cuore proveniente dal locale Hofstra College, dal quale era uscito senza venire scelto dalla Nfl.
Ma le cose non sembravano voler prendere la piega giusta per i Jets: Hall calciò il kickoff di ripresa fuori dal campo e si prese una costosa penalità, consentendo a Fielder di utilizzare gli sgoccioli di secondo quarto per posizionare Mare in raggio da field goal. Il kicker centrò una conclusione di 44 yards per chiudere la prima metà di gara, sul 23-7 per Miami.

Come da tradizione dei Monday Night di quell’anno, Al Michaels ospitò un V.I.P. all’interno della stanza dove si svolgeva la telecronaca. Quella sera era il turno di Arnold Schwarzenegger, che dichiarò: “Wayne Chrebet is going to pull it off. I think as usual the Jets are going to come from behind, you will see… I think the Dolphins have to be terminated.”

Dennis Miller, il “color commentator” dell’epoca, si fece una sonora risata.

Per aprire la seconda frazione, Testaverde ed il suo attacco registrarono un altro 3 & out, mentre nel drive successivo, il quarterback subì addirittura il terzo intercetto. Marcus Coleman restituì il favore prendendo al volo un passaggio lungo di Fielder, approfittando del fatto che Gadsden, destinatario del lancio, non fece nulla per batterlo almeno a terra, ma il turnover recuperato non portò ancora a nulla, perché, disperati, i Jets non riuscirono nemmeno a convertire un quarto tentativo con una yarda da prendere.

Il terzo quarto si avviò verso la conclusione senza spettacolo né sussulti di sorta, ad eccezione di una corsa di una ventina di yards da parte di Smith, che ruppe un paio di placcaggi ed atterrò a due yards dalla meta, che segnò egli stesso nell’azione successiva per un mortifero 30-7. Mentre il terzo periodo sanciva il triplo zero, lo stadio si era sostanzialmente svuotato, ed il radiocronista dei Jets Howard David annunciò mestamente: “And with a whole quarter to go, this game is over.”
Jay Fiedler, rientrando sulla sideline, urlò “Game’s over!” in direzione di Jason Taylor, senza sapere che il compagno era stato dotato di un microfono per la trasmissione.

Pochi istanti dopo l’inizio dell’ultima frazione di gioco, Laveranues Coles ricevette un incredibile passaggio da touchdown dal braccio di Testaverde, un pallone che dapprima rimbalzo tra le braccia di Surtain in quello che sembrava essere un intercetto sicuro, e quindi, grazie soprattutto alla concentrazione di Coles, si trasformò nei punti del 30-13, dal momento che la conversione alla mano da due punti non riuscì.
I Jets forzarono quindi un altro punt ai Dolphins, il cui attacco stava cominciando ad arrugginire, Testaverde mantenne in piedi il susseguente drive grazie ad un’inusuale corsa in scramble, per poi convertire un terzo down in collaborazione con il mai domo Chrebet. In due minuti, New York percorse 63 yards, Richie Anderson sembrò entrare in meta, ma Dave Wannstedt chiese un challenge, vincendolo: nell’azione successiva, il tight end Jermaine Wiggins ricevette un TD da una yarda, su un gioco di playaction. Fu la sua prima ricezione vincente di carriera.

Nonostante le sole 10 lunghezze di distacco, Miami avrebbe potuto tranquillamente far scorrere il cronometro, se solo il reparto offensivo avesse goduto della lucidità di inizio gara.
Dopo una prima metà da oltre 200 yards di total offense, il parziale del quarto periodo ne indicava appena 70, e Fiedler non era più riuscito a guadagnare un primo down.

Approfittando dell’ennesimo punt di Matt Turk, Testaverde conduce un altro drive chirurgico, alimentato anche da una penalità di 15 yards presa dalla difesa, e convertendo l’ennesima situazione delicata assieme al fido Chrebet. L’attacco, ad un certo punto, schierò tre ricevitori da un lato, ed appena l’azione partì, Curtis Martin tagliò il campo ad uscire, prendendo la linea laterale: Testaverde era in affanno e, non trovando nessuno, lanciò disperatamente verso il suo running back, che fece due passi indietro e tornò verso il regista.
Lo stadio rumoreggiò per quello che sembrò un touchdown incredibile, ma il secondo challenge vinto da Miami girò la chiamata in un incompleto. Hall segnò tre punti con un field goal, e New York era ad un passo da una rimonta sensazionale, il tutto quando mancavano sei minuti esatti da giocare.

Il primo ed unico sack subito in serata da Fiedler, a firma di Brian Cox, arrivò nel miglior momento possibile, e restituì nuovamente il possesso ai padroni di casa. I Dolphins furono costretti ad eseguire il punt dalla propria endzone, quindi la strada da fare per i Jets fu notevolmente ridotta, ed il poco tempo a disposizione non fu un problema.
Chrebet aggiunse ulteriore magia alla propria partita, quando, con una torsione da manuale, ricevette una spirale perfetta di Testaverde, una presa che rimane ancora oggi tra le azioni più significative di sempre per la franchigia.
I tifosi che avevano già lasciato il Giants Stadium vennero a conoscenza di quell’incredibile pareggio ascoltando la radio in taxi, o addirittura quando arrivarono a casa per guardare i notiziari sportivi. Chi era rimasto in loco aveva dato inizio ad una simpatica e reciproca presa in giro tra tifosi di Yankees e Mets, mentre chi si trovava appena fuori dall’impianto, cominciò a rientrare in tutta fretta per capire cosa stava accadendo.

Nell’aria si poteva sentire il solo J-E-T-S Jets! Jets! Jets! fatto partire dal solito Fireman Ed, ed il pubblico aveva accantonato il baseball per tornare ad unirsi sotto il color biancoverde.

Uscendo da una situazione notevolmente difficile, Fiedler riuscì a spegnere tutto quell’entusiasmo, lanciando immediatamente una bomba di 46 yards per Shepherd, in seguito alla sorprendente playaction chiamata da Gailey, la quale pescò impreparati Aaron Glenn e Victor Green, che lasciarono il loro ricevitore più libero che mai. L’inerzia della gara prese un colpo durissimo, ed una rimonta di quelle proporzioni, venne smontata nel giro di un solo snap.

Rimanevano ancora tre minuti da giocare, Testaverde non si perse d’animo e, al two minute warning, riuscì a portare l’attacco nei pressi della redzone: in seguito all’ennesima ricezione dell’utilissimo Anderson, arrivò il 19mo primo down del quarto per i Jets, un numero colossale, che posizionò nuovamente il reparto sulla linea della yarda.
Dopo un tentativo di corsa infruttuoso, il Giants Stadium, ormai ricolmatosi per metà, esplose quando Jumbo Elliott, uomo di linea offensiva con 173 partite in carriera, ricevette il suo primo pallone di sempre, trasformandolo nel touchdown del nuovo pareggio a quota 37: Elliott palleggiò l’ovale per due secondi che parvero un’eternità, gli arbitri controllarono l’azione numerose volte al replay, e confermarono la validità della stessa. La playaction sulla yarda aveva funzionato ancora.

Nell’overtime, le emozioni forti non terminarono: Coleman intercettò Fielder dopo che Miami aveva vinto il sorteggio per partire in attacco, ma Thurman Thomas, con una giocata da veterano, gli strappò il pallone da dietro permettendo a Gadsden di ricoprire il fumble e di far ripartire i Dolphins con un primo down.
Coleman ebbe più successo pochi istanti dopo, quando anticipò di netto il suo ricevitore su un lancio esterno: gli incredibili Jets ripartirono in attacco dalle 33 yards di Miami, Chrebet produsse un altro guadagno di importanza capitale correndo una traccia ad uscire nello slot, per poi penetrare dritto e forte dopo essersi girato di scatto evitando un placcaggio.

L’ultimo brivido arrivò quando Testaverde, per poco, non si fece intercettare. Fortunatamente la palla cadde a terra incompleta, consentendo a John Hall di schierarsi per una conclusione di 40 yards, che si infilò tra i pali senza difficoltà.

La gara, terminata 40-37 in favore dei Jets, passò alla storia come Monday Night Football più bello di tutti i tempi, nonchè come il più lungo di sempre.
La profezia di Schwarzenegger si avverò, e divenne un ricordo leggendario in quella che è la più eclatante rimonta che i New York Jets abbiano mai messo in scena.

Great_Games | by Dave Lavarra | 27/04/10

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