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Bob St. Clair

Nell’ immaginario collettivo un offensive lineman della NFL è un bruto, un orco malvagio che gode nell’ infliggere dolore ai propri simili e balla sui cadaveri degli avversari.
Forse è solo un luogo comune ma nei suoi dieci anni di carriera Bob St. Clair si è avvicinato molto a questo modello. Pur essendo stato un giocatore dominante nella sua epoca, certamente St. Clair non sarà ricordato come il migliore di ogni tempo nel suo ruolo, anche perché, giocando nei 49ers degli anni ’50 e ’60 , gli è sfuggita la vittoria finale di un campionato. Però ha incarnato alla perfezione quello che l’ appassionato di football si aspetta da un uomo di linea: la cattiveria, il coraggio, la determinazione, la forza bruta, la capacità di scendere in campo infortunato, la leadership; in poche parole: un vero guerriero.
Inoltre la vita di Bob St. Clair è costellata da tanti aneddoti e leggende quanti nessun altro giocatore di football potrà mai vantare.
Nato nel 1931 a San Francisco, Robert Bruce St. Clair trascorre la sua infanzia nel popolare Mission District, un posto che rende bene l’ idea di “città cosmopolita”, e dove se sei alla ricerca di guai trovi sicuramente dei “troublemakers” in grado di soddisfare le tue esigenze.
E infatti l’ adolescenza di St. Clair fu caratterizzata dall’ appartenenza ad una di queste chain-gang e da tanti scontri con bande rivali per la conquista del territorio. Poi, mentre altri suoi compagni di scorribande si specializzavano in attività che li avrebbero condotti direttamente in galera, come la rapina a mano armata ed il commercio di auto rubate oltre i confini statali, la vita di Bob fu probabilmente salvata da una visione avuta durante il suo secondo anno di high school.
Passando per caso vicino al campo da gioco della scuola, la Polytechnic High School, la sua attenzione fu rapita dallo spettacolo di ragazzi in “pads and helmets” che si colpivano a vicenda e si lanciavano un pallone di forma ovale. Il quindicenne Bob rimase a guardare per tutto un pomeriggio, affascinato in special modo dai violenti contatti che i ragazzi producevano. Questa esperienza fu talmente coinvolgente da far cambiare le prospettive di vita di Bob: invece di diventare un delinquente come i suoi amici, avrebbe provato questa diversa, ma legale, forma di prevaricazione sui propri simili.
Il primo tryout per la squadra però si concluse con l’ esclusione da parte di coach Joe Verducci, la motivazione fu che Bob era troppo piccolo per giocare a football, essendo all’ epoca un metro e 75 su 68 kg di peso.
Fu a questo punto che St. Clair mise a punto la sua famosa “great energy, high protein diet”: carne cruda, direttamente dal frigorifero alla tavola, uova crude, reni e insalata. Inoltre beveva olio di semi con un cucchiaio ( Ottimo per il cuore ) e ingurgitava grandi quantità di miele ( L’ unico cibo che finisce direttamente nel sangue senza essere digerito attraverso lo stomaco. Una botta di puro glucosio nelle vene ).
Quando Bob si presentò di nuovo al camp della squadra di football all’ inizio delle seguente stagione, il 1947, coach Verducci non credeva ai propri occhi: un metro e 93 per 95 chili!
In questo periodo Bob incontrò anche la donna che sarebbe poi stata la sua compagna per tutta la vita, la bionda ed esile Ann Wickstrom.
Bob quindi vinse una scholarship per la University of San Francisco. Nel 1951, il suo anno da junior, la squadra, che includeva anche Gino Marchetti, Ollie Matson e altri sei giocatori che poi faranno parte di un roster della NFL, si dimostrò imbattibile ma, sfortunatamente, l’ anno seguente l’ ateneo cancellò il programma di football e St. Clair accettò di giocare per la Tulsa University, con la quale partecipò, perdendo, al Gator Bowl.

Durante il periodo universitario Bob affrontò e vinse anche due avversari che di solito i suoi colleghi non vedono mai: un pugile della categoria pesi massimi ed un tornado.
Battere il primo fu di gran lunga molto più facile. Siccome mancavano sfidanti per quella categoria nel torneo Golden Gloves dell’ Oklahoma, il capitano della squadra di football suggerì che Bob avrebbe potuto partecipare, ed il ragazzo si trovò su un ring per la prima ed unica volta nella sua vita a sfidare un pugile che aveva già vinto molti incontri. La visione di quell’ ammasso di muscoli e degli enormi piedi nudi di quel tipo altissimo aizzò la folla contro St. Clair, ma l’ incontro ebbe durata breve perché Bob, in un accesso di furia cieca, si scagliò sul suo avversario tempestandolo di colpi portati senza la minima tecnica e sovrastandolo col suo fisico. In un momento di lucidità si rese conto che l’ arbitro stava cercando di dividerlo dal suo semisvenuto avversario. Il tutto era durato 20 secondi. Bob decise che non avrebbe mai più combattuto perché si sentiva a disagio per l’ aperta ostilità del pubblico nei suoi confronti, e realizzò che a causa della sua mole la storia si sarebbe sempre ripetuta allo stesso modo.
Il secondo avversario fu molto più duro da battere e fu un miracolo se Bob non perse la vita in quell’ occasione. Successe che nella primavera del 1953 Bob ed un suo amico stavano pescando sulle rive del Grand River, un affluente del fiume Arkansas, quando videro un enorme nube nera che si avvicinava a grande velocità e realizzarono che si trattava di un tornado. Fecero appena in tempo a ripararsi in auto quando i venti li investirono in pieno. Ad un certo punto il tornado ebbe la meglio sulla resistenza che l’ auto opponeva e la sollevò sbattendola su dei blocchi di cemento, blocchi che forse salvarono la vita ai due ragazzi perché impedirono che l’ auto finisse nel fiume giusto per il tempo che il vento si fosse calmato. Per anni nello spogliatoio dei 49ers la storia finiva sempre con qualcuno che si meravigliava di quanto fosse stato folle quel tornado ad osare misurarsi con Bob St. Clair!
Fortunatamente in quell’ anno si spalancarono per Bob le porte del football professionistico e dovevano essere porte ben larghe perché intanto il ragazzo aveva raggiunto le ragguardevoli dimensioni dei due metri per quasi 110 chili.
Al terzo giro e con la 32sima scelta assoluta del draft i San Francisco 49ers si erano assicurati i servigi del colosso, il quale non avrebbe potuto sperare di meglio che andare a giocare per la squadra della propria città.

Nel 1953 i 49ers erano una delle squadre emergenti della lega e contemporaneamente una delle più giovani come appartenenza ad essa. Erano stati fondati nel 1946 ed avevano giocato per i primi anni nella All-America Football Conference, riuscendo ad avere sempre un record vincente fino al dissolvimento di questa lega dopo la stagione 1949. Nel 1950 furono aggregati alla NFL insieme ai Cleveland Browns ed ai Baltimore Colts ed ora cercavano di salire di livello raggiungendo un Championship. St. Clair fu quindi aggregato ad una squadra piena di stelle, come il quarterback Y.A. Tittle, i due running backs Joe “The Jet” Perry e Hugh McElhenny, il top scorer della lega Gordy Soltau ed il tackle/difensive end Leo “The Lion” Nomellini.
Un giorno di luglio si tenne il primo allenamento e Bob era solo uno dei 13 rookies che cercavano di fare la squadra. Prese il suo posto sulla linea di scrimmage allineandosi proprio contro Leo The Lion, allo snap i due giganti caricarono e un giornalista dell’ epoca descrisse lo scontro come due elefanti che cercano di uscire da una cabina telefonica.
St. Clair aveva avuto il suo battesimo del fuoco contro un All-Pro, gli tenne testa per tutto il training camp ed alla fine entrò nel roster della squadra.
Quell’anno i 49ers segnarono 372 punti, il massimo della lega, Perry e McElhenny contribuirono con gran parte delle 2,230 yards corse al primo posto della squadra in quella categoria, ma l’ ultima giornata di regular season si concluse con la deludente esclusione dal Championship, finendo secondi alle spalle dei Detroit Lions. L’ anno seguente i 49ers aggiunsero al roster il running back John Henry Johnson, proveniente da Pittsburgh, completando il famoso “Million Dollar Backfield”, che darà spettacolo sulle corse per i tre anni seguenti, ma i risultati non saranno all’ altezza delle aspettative per tutta la carriera di St. Clair. Solo nel 1957 San Francisco raggiungerà i playoffs, e si faranno strappare ancora una volta da Detroit il diritto di disputare il Championship.
Pur non essendo mai riuscito a vincere un titolo nei suoi 11 anni di carriera NFL Bob dimostrò comunque di essere uno dei giocatori più dominanti della sua epoca. Fisicamente era diventato il più alto della lega, con due metri e sei centimetri per 120 chili, ma la caratteristica principale del suo gioco era la rabbia che metteva nei contatti con i suoi avversari dopo averli intimiditi con la sua presenza.

Tutti i giocatori di quegli anni hanno degli aneddoti da raccontare a proposito di qualche colpo ricevuto da St. Clair, anche qualcuno che aveva la reputazione di “toughest man in the league” come il linebacker dei Giants Sam Huff.
Nel suo anno da rookie Huff incontrò i 49ers e imparò che i pro non sopportano i ragazzi che stanno ai margini di un “pile-up” per evitare qualche botta. La lezione fu ovviamente impartita dal nostro gigante. Bob scorse Huff fuori bilanciamento mentre cercava di arrestarsi per non cadere sulla pila umana, lo inquadrò nel mirino e lo colpì dal lato cieco con una tale violenza che Huff pensò di essersi spezzato in due. Da quel momento in poi saltò sul mucchio come tutti gli altri.
Bob faceva spettacolo della sua forza ogni anno al primo giorno di training camp, quando gli allenatori gli chiedevano di mostrare ai rookies la tecnica per eseguire i blocchi. Un giorno, nel 1961, colpì una delle enormi sagome per l’ allenamento, chiamata scherzosamente “Big Bertha”. Si sentì un rumore pari allo scoppiare simultaneo di un migliaio di sacchetti di carta e Big Bertha giaceva sull’ erba spezzata in due con tutta la segatura che fuoriusciva.
Un’ altra caratteristica di St. Clair era l’ indistruttibilità e la grande resistenza al dolore. Il trainer Henry Schmidt diceva che durante le sedute di massaggi, ogni volta che trattava una parte dolorante Bob ride invece di gridare o bestemmiare come fanno tutti gli altri. E’ l’ unico modo di sapere che sta provando dolore in quel momento.
Ma anche un simile atleta ha sofferto dei gravi infortuni che lo hanno tenuto lontano dal campo. Proprio nella stagione in cui i 49ers andarono allo spareggio per il Championship contro Detroit, il 1957, Bob si procurò una grave lussazione alla spalla destra contro i Rams, e la peggiorò continuando a giocare quasi per tutta la partita. Il risultato di questo atto eroico furono due operazioni alla spalla e sette settimane di gioco saltate con tre sconfitte consecutive che rischiavano di compromettere una stagione che era iniziata con cinque vittorie su sei. Prima di un incontro decisivo a New York improvvisamente la porta degli spogliatoi si aprì ed una tonante voce annunciò: Io sono Mosè e sono tornato per condurre i 49ers fuori dal deserto!
Un’ iniezione di fiducia talmente efficace che i 49ers vinsero quella partita contro i Giants
, disputata sotto la neve, e le seguenti due contro i Colts ed i Packers finendo primi nella divisione a pari merito con Detroit.

Di tutti gli innumerevoli duelli nelle trincee la storia di quegli anni ricorda maggiormente quelli sostenuti da St. Clair proprio contro il suo vecchio compagno a USF Gino Marchetti, che giocava in difesa per i Baltimore Colts. Uno spettacolo nello spettacolo, un duello che spesso era atteso da pubblico e stampa più della partita stessa. Un duello sempre condotto al limite delle forze e quasi maestoso. Se Gino riesce a mettermi le mani addosso col primo slancio avrà quasi sempre la meglio. Allora io cambio tecnica e gli concedo di venirmi incontro più lentamente invece di opporre tutta la mia forza, in questo modo posso recuperare un minimo di equilibrio e cerco di bloccarlo basso per tenerlo lontano. A volte funziona, altre volte lui passa e sotterra il quarterback. Aspetto sempre con ansia gli incontri contro i Colts. Gino tira fuori il meglio di me, così come io faccio con lui.
Da non sottovalutare anche la sua notevole velocità di base, e forse il gesto atletico che ricorda con maggiore soddisfazione è legato proprio a questo aspetto. Durante un incontro con i Giants il defensive back Emlen Tunnell intercettò un passaggio di Tittle e si involò verso la endzone dei 49ers, quando, giunto sulle 30 yards avversarie decise di guardarsi indietro e non credette a quello che vide. Un grattacielo in movimento che rapidamente guadagnava terreno su uno dei più veloci uomini della lega!
St. Clair lo raggiunse sulle 20 e lo placcò. Tunnell ricorda quel momento come un incubo.
Si fece valere per la sua altezza anche nelle squadre speciali, e nel 1956 riuscì a bloccare ben 10 field goals.
Bob St. Clair si ritirò dal football prima della stagione 1964, ufficialmente per un secondo grave infortunio al tendine di Achille, ma forse anche molto deluso da un frustrante record di 2-12 con il quale i 49ers chiusero il 1963.

Nel corso della sua carriera fu nominato 5 volte starter al Pro-Bowl, 4 volte All-NFL, fa parte della NFL all-decade team per gli anni ’50 e nel 1990 è stato introdotto della Hall of Fame.
Uno dei pochissimi ad aver giocato per tutta la propria carriera, ad esclusione di un solo anno passato all’ Università di Tulsa, nella stessa città, dalla high school ai professionisti, ed addirittura ha giocato sempre nello stesso stadio, il mitico Kezar Stadium, ubicato all’ imbocco del Golden Gate Park di San Francisco.
Per questo motivo, come tributo per aver giocato 17 stagioni e 189 partite casalinghe al Kezar, la città di San Francisco gli ha intitolato il terreno di gioco di questo stadio nel 2001.
Una vera e propria icona del Nord della California, come dimostrano anche le sue attività post-agonistiche. Nel 1961 aprì un negozio di liquori nella zona di Twin Peaks che ebbe subito un grande successo commerciale e nel 1958 fu eletto sindaco di Daly City, una cittadina a poche miglia a sud di San Francisco, dove Bob abita dal 1954. E’ stato anche supervisore per la Contea di San Mateo dal 1966 al 1974.
Oggi Bob St. Clair è un arzillo ultrasettantenne che segue ancora il football con genuina passione e si occupa del marketing e delle vendite per una società situata nella Sonoma County, nella zona a nord di San Francisco. La società si chiama Clover Farms ed è un allevamento di bovini, il piatto principale della famosa “high energy diet” che ha permesso a Bob di diventare quello che è stato: una vera leggenda.

Bibliografia:
Harold Hano-The 49er who eats raw meat. (Articolo pubblicato su “The fireside book of pro football”, antologia edita da Richard Whittingham nel 1989).
Joseph Hession-49ers 50th anniversary.
Wikipedia.
Sito web ufficiale dei San Francisco 49ers.
Sito web della Pro Football Hall of Fame.

Legends | by Domenico | 07/11/07

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