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Jack Lambert

L’azione si era conclusa. Il primo quarto stava lentamente scivolando via. I Pittsburgh Steelers, campioni NFL in carica, erano in svantaggio per 10-7 contro i Dallas Cowboys nel Super Bowl X e si apprestavano a rientrare negli spogliatoi nella speranza di riordinare le idee e ribaltare il risultato.
Ma uno dei loro elementi più rappresentativi, il linebacker Jack Lambert, voleva assolutamente vendicare l’offesa che un suo compagno di squadra aveva appena subito. Roy Gerela aveva appena fallito un field goal da 36 yards che avrebbe riportato il risultato in parità, e la safety dei Dallas Cowboys, Cliff Harris, aveva dato una pacca sull’elmetto del kicker degli Steelers e poi lo aveva abbracciato in segno di scherno. Lambert andò su tutte le furie, agguantò Harris e lo scaraventò a terra, per poi continuare lo sfogo negli spogliatoi.
“Quando Harris fece quel gesto, risposi nell’unica maniera possibile”, dichiarò il linebacker. “Non volevo che nessuno mai ci potesse intimidire. Mai ! Fino a quel momento, era proprio quello che stavano facendo i Dallas Cowboys. Non era mai accaduto prima, almeno da quando facevo parte della squadra, e non volevo che succedesse di nuovo. Dopo quell’episodio, tornammo ad essere gli Steelers che amo e rispetto.”
E Pittsburgh rimontò e vinse 21-17. Jack Lambert era soltanto alla sua seconda stagione tra i professionisti, ma non si lasciava pregare quando si trattava di fare un passo avanti e dare l’esempio al resto della squadra. Oltre ad essere un colpitore decisamente fuori dalla norma, un po’ come i leggendari Dick Butkus, Willie Lanier e Ray Nitschke, aveva rispetto a loro un’agilità mai vista prima in un middle linebacker. Una tale marcia in più dette una nuova dimensione al ruolo.
“Jack non aveva bisogno di fare training autogeno prima di entrare in campo”, commentò l’immortale Mean Joe Greene, “Viveva per il gioco”.
Non è un caso che Pittsburgh avesse vinto i suoi primi titoli dopo il 1974, rookie year di Jack Lambert. Proprio quell’anno, la “Steel Curtain” fu la migliore difesa della NFL in quanto a yards concesse e turnovers. Come quasi tutte le leggende, Lambert conquistò il posto da titolare fin dalla prima preseason della sua carriera e sarebbe rimasto una pietra miliare della difesa degli Steelers per 10 anni, fin quando un serio infortunio ad un piede lo costrinse a saltare gran parte della stagione 1984.

Jack Lambert nacque a Mantua, Ohio, l’8 Luglio 1952. Mantua è la tipica cittadina di campagna con un migliaio di abitanti, come ce ne sono tante nella sterminata Provincia Americana. Lontana centinaia di miglia dalle luci scintillanti delle grandi città e dalle loro distrazioni. “Le droghe erano sconosciute in quegli anni. Al massimo qualche ragazzino si imboscava sul sedile posteriore di una macchina per farsi un paio di birre”, ricordò Bill Cox, coach della squadra di basket della locale Crestwood High School.
Lambert, come tanti ragazzini cresciuti in quei posti, passò le sue estati sul trattore di suo padre, dandogli una mano nei lavori nei campi.
Proprio alla Crestwood iniziò a muovere i primi passi della sua carriera sportiva, dove si mise in mostra specialmente nel baseball. Qualcuno immaginava per lui un futuro assicurato come catcher nella Major League, oppure come buon prospetto di college basketball.
E proprio durante gli allenamenti della squadra di basket perse gli incisivi superiori, in una collisione contro la testa di un suo compagno di squadra, Steve Poling.
Proprio quel “segno distintivo” avrebbe generato il soprannome “Conte Dracula”, affibbiatogli anni dopo da Thomas “Hollywood” Henderson dei Dallas Cowboys.
Nonostante i buoni risultati nel baseball e nel basket, l’unico vero amore di Lambert era il football.
“Ero un tifoso dei Cleveland Browns, come tutti i ragazzi di quelle parti. A poche miglia di distanza c’era l’Hiram College, dove i Browns svolgevano il training camp estivo. Jim Brown era il giocatore preferito di tutti noi. Ricordo che una volta lo seguii per avere un suo autografo, rincorrendolo dietro la sua auto, una Cadillac verde. Ricordo perfino la targa, JB832. E alla fine lo ottenni. Non negherò mai un autografo ad un ragazzino”.
Dopo il suo freshman year alla Crestwood High, Lambert chiese al suo coach Gerry Myers di cambiare numero in favore dello 00. “Il coach mi disse che se volevo un numero così speciale dovevo essere un giocatore davvero speciale”, avrebbe ricordato anni dopo.

Nel football giocava quarterback in attacco e cornerback in difesa. Non aveva particolari doti nel lanciare la palla, non aveva un fisico particolarmente prestante e non aveva neppure la velocità necessaria per imporsi ad alto livello come defensive back. Quello che lo contraddistingueva era un’inaudita intensità agonistica.
“Nel suo ultimo anno di high school giocò contro la Field High con una caviglia e un ginocchio slogati, una forte contusione ad un polpaccio che era diventato nero e blu, ed un infortunio ad un fianco che avrebbe tenuto fuori chiunque altro. Frank DiNapoli, il nostro coach del wrestling, lo fasciò dalla caviglia alla vita e decisi di farlo giocare solo in difesa. Resistette per tutta la partita e vincemmo 20-0”, ricordò Myers, che cercò invano di farlo reclutare dalla University of Miami Ohio.
Nel 1980, lo stadio della Crestwood High School sarebbe diventato il “Jack Lambert Stadium”, e secondo le parole dello stesso Lambert quello fu l’onore più grande della sua vita.
Finita la high school, ricominciò la solita solfa: “Troppo lento per giocare da defensive back a livello collegiale. Se mette su massa potrebbe diventare un defensive end, ma non a Miami” fu la risposta del coach Fred Mallory.
Alla fine Lambert finì a Kent State, dove fu “inquadrato” proprio come defensive end, più sulla fiducia che altro. “Quandò metterà su diversi chili e imparerà la posizione, sarà un terrore per gli avversari”, furono le profetiche parole di coach Dave Puddington.
Tra i compagni di squadra a Kent State, altre 2 future celebrità: Nick Saban e Gary Pinkel.
La svolta avvenne nel sophomore year, quando il nuovo coach Don James schierò Lambert da middle linebacker nelle ultime 3 partite della stagione. Ma era considerata una mossa temporanea, poco più di un esperimento.
“All’inizio del mio junior year arrivò un tizio da Buffalo per giocare middle linebacker, un tale Bob Bender. Era considerato l’erede di Dick Butkus, ma se ne andò a 2 settimane dall’inizio della stagione. Così tornai ad essere io il middle linebacker titolare, non avevano altra scelta. Sarebbe stata la più grande svolta della mia vita. L’ultima volta che ebbi notizie di Bender, sentii dire che faceva la guardia del corpo dei Rolling Stones”, ricordò Lambert.
Il junior year fu strepitoso: arrivò l’elezione a “Defensive Player Of The Year”della Mid-America Conference ed MVP del Tangerine Bowl, nonostante la presenza della futura prima scelta assoluta John Matuszak.
Ma gira e volta la domanda che si ponevano gli scout della NFL era sempre la stessa: in che ruolo far giocare quel ragazzo così magro ?

Quel ragazzo finì per essere scelto al secondo giro del draft del 1974, il migliore della storia della franchigia della Pennsylvania: al primo giro arrivò Lynn Swann da USC, al secondo lo stesso Lambert da Kent State, al quarto John Stallworth da Alabama A&M, al quinto Mike Webster da Wisconsin. Tutti futuri Hall of Famers !
Gli Steelers volevano prendere un linebacker, e fino all’ultimo istante furono indecisi tra Jack Lambert e Cla Peterson (prospetto uscito da UCLA). Alla fine, grazie all’insistenza di Woody Widenhofer, coach dei linebackers, Chuck Noll optò per Lambert, che fu ben felice di andare a giocare in una città che respirava football e tutto sommato a un paio di ore di macchina da casa sua.
All’inizio il posto da titolare sembrava quasi irraggiungibile: il left outside linebacker Jack Ham era già una superstar, il right outside linebacker Andy Russell era reduce da 4 Pro Bowls di seguito, mentre il middle linebacker Henry Davis era stato un Pro Bowler soltanto 2 stagioni prima.
Uno sciopero dei giocatori dette enorme spazio durante il training camp a Lambert, così come agli altri rookies Mike Webster, Lynn Swann, John Stallworth e al free agent Donnie Shell. Poi i veterani tornarono in campo, e Lambert iniziò come riserva di Jack Ham. Ma nella penultima partita di preseason un infortunio al collo mise fuori causa Henry Davis. Chuck Noll mandò in campo Jack Lambert, che non avrebbe più mollato il posto di middle linebacker titolare fino al giorno del suo ritiro.
Oltre a questo, si impose dall’inizio come un leader dello spogliatoio. Era usanza tradizionale, e lo è tuttora, che i rookies fossero “vittime” delle goliardate dei veterani. Spesso dovevano cantare davanti a tutti la “fight song” del college di provenienza, rituale a cui Lambert si sottrasse con decisione.
“Non vi canterò un c….”, ringhiò prima di togliere il disturbo.
I veterani furono spiazzati da quella presa di posizione, e si chiedevano come comportarsi.
Uno di loro si rivolse a Mean Joe Greene: “Hey Joe, che ne pensi ?”
E Greene, che aveva cominciato ad apprezzare l’intensità e la dedizione del biondo rookie, rispose sornione: “Penso che Lambert non canta.”

Considerato da molti scouts troppo esile per giocare linebacker nella NFL, Lambert iniziò subito a guardare i filmati e a studiare il sistema. Grazie a una tale dedizione si ambientò a meraviglia nella double zone defense messa a punto da Bud Carson, un tipo di difesa che richiedeva gente forte fisicamente e veloce allo stesso tempo.
In un’epoca in cui gran parte delle squadre della NFL adottava la copertura uomo ad uomo nelle secondarie, il sistema degli Steelers era rivoluzionario.
Elemento fondamentale era la linea difensiva allenata da George Perles, la celeberrima “Steel Curtain”, che toglieva dalle spalle di Jack Lambert, Jack Ham e Andy Russell gran parte della pressione della linea offensiva avversaria.
“La stunt 4-3 sciolse le redini di Jack Lambert, dandogli la possibilità di giocare a modo suo e trarre vantaggio del suo talento naturale”, commentò lo stesso Carson.
“Lambert aveva l’immagine del selvaggio”, osservò Andy Russell, “Ma ti uccideva con la sua precisione. Era formidabile nel leggere e nell’anticipare le situazioni di gioco. Grande penetratore, sapeva come scegliere i giusti angoli di placcaggio. Aveva una tecnica fantastica, non penso che abbia mai fatto errori.”
Quello che lo rendeva diverso dagli altri grandi middle linebackers era la capacità di coprire i passaggi. In poche parole, Lambert fu il primo ad eseguire in maniera superba delle cose che non erano mai state richieste ad un middle linebacker.

Tutto il reparto difensivo di quegli Steelers era sensazionale, e i linebackers non facevano eccezione. Lambert, Ham e Russell furono titolari nel Pro Bowl del 1975 !
“La presenza di Lambert consentì al defensive coordinator Bud Carson di mettere a punto delle cose fino ad allora impensabili”, sottolineò Andy Russell.“Bud gli faceva coprire il tight end o il running back. In genere il middle linebacker copriva il secondo back, ed era un compito facile da assolvere. Ma, Dio mio, era quasi impossibile per un middle linebacker coprire il runner principale ! Carson lasciava chiamare i giochi difensivi a Lambert, che li cambiava 3, 4 o 5 volte prima che partisse lo snap quando affrontavamo squadre come Dallas Cowboys, che cambiavano i loro allineamenti in maniera sistematica. Nessuno prima di allora aveva provato a rispondere colpo su colpo ai Cowboys ! In genere Dallas induceva gli avversari a difendere a zona, e Roger Staubach cercava la chiave di volta. Ma Carson ci faceva seguire passo dopo passo ogni loro aggiustamento, e Lambert aveva la responsabilità di tutte quelle letture.”

Fu nominato “Defensive Rookie Of The Year” nel 1974, fu capitano della difesa degli Steelers dal 1976 al 1984, e in quell’arco di tempo fu eletto a 9 Pro Bowls consecutivi, venendo nominato NFL Defensive Player Of The Year nel 1976. Oltre naturalmente a vincere ben 4 Super Bowls tra il 1974 e il 1979.
“Tra tutti i grandi middle linebackers, la sua caratteristica peculiare era la capacità di difendere i passaggi. E’ stato il middle linebacker più completo che abbia mai giocato”, dichiarò Jack Ham.
In effetti Lambert intercettò 28 passaggi in regular season, e proprio il suo intercetto ai danni di Vince Ferragamo sul finire dell’ultimo quarto mise il sigillo sulla vittoria degli Steelers per 31-19 sui Los Angeles Rams nel Super Bowl XIV.
Nonostante fosse di una ventina di libbre più leggero di buona parte dei suoi pari ruolo, Lambert era un placcatore inesorabile. “Amo il contatto”, ammise lui stesso. “Penso che questo gioco è fatto per premiare chi colpisce più forte. Se non ci riesci, non puoi giocare.”

“Jack era molto furbo, un giocatore estremamente intelligente e questo ci rendeva simili”, disse Jack Ham. “Dovevamo essere assolutamente certi di non commettere errori mentali, perché è sul quel piano, non su quello fisico, che si perdono le partite.”
La sua voglia di vincere era fuori dal comune, e in questo era sullo stesso livello di Mean Joe Greene. Vincere era l’unica ragion d’essere.
“Se mi trovassi nel bel mezzo di una rissa da bar e potessi scegliere una sola persona per spalleggiarmi, sceglierei Jack Lambert. E’ un duro, uno che non si arrende mai”, sottolineò proprio Mean Joe Greene.
La vittima preferita della sua ferocia fu quasi sicuramente Brian Sipe: chi meglio del quarterback titolare degli odiatissimi Cleveland Browns ? Per ben 3 volte Sipe fu messo KO da Lambert un attimo dopo aver rilasciato la palla, nel 1978, nel 1981 e nel 1983. In 2 di queste occasioni il middle linebacker degli Steelers fu espulso, oltre a venire alle mani con la panchina dei Browns.
“Brian aveva l’occasione di varcare la linea laterale, ma scelse di non farlo. Sapeva che l’avrei colpito. E lo feci. Il resto è storia”, commentò lo stesso Lambert l’episodio del 1981.

La vittoria del Super Bowl XIV, nel gennaio 1980, fu il canto del cigno di quei Pittsburgh Steelers. Gli anni passavano per tutti gli eroi di quella squadra e tutte quelle furiose battaglie avevano lasciato dei segni profondi anche sul fisico di Jack Lambert.
Nel 1984 un infortunio ad un piede mise fine alla sua fantastica carriera, le cui cifre sono decisamente eloquenti: 1479 placcaggi, 23.5 intercetti, 17 fumbles recuperati e 28 sacks.
Nel 1990 arrivò la consacrazione definitiva per tutti gli immortali del football professionistico: l’elezione nella Hall Of Fame.

“Quando si parla di attitudine, si parla di Jack Lambert”, dichiarò Chuck Noll. “Jack è stato il giocatore più focalizzato che abbia mai avuto. Andava sul campo di allenamento e non perdeva tempo. Eseguiva il suo lavoro. E aveva la capacità di colpire più forte degli altri.”

Bibliografia

- 75 Seasons
- “Jack Lambert: Man Of Steel”, Paul Zimmerman, published by Sports Illustrated
- steelers.com

Legends | by Roberto Petillo | 22/02/09

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