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La Storia dei Playoffs

La prima partita di postseason.

L’idea della postseason è un fatto ormai riconosciuto ad ogni sport americano, quelle partite che, in serie o scontri diretti come nel football, rendono il finale di stagione molto più emozionante di un “girone all’italiana” che rischia di perdere interesse ove una squadra si confermi vincitrice con largo anticipo. Ai playoffs vanno le migliori della lega, quei team che hanno vinto le rispettive division e si contendono il titolo di conference che aprirà loro le porte per il grande ballo finale. Ma nel football non è sempre stata così, anzi, vi è stato un tempo di pionieri, foto ingiallite e campi surreali dove non esisteva una postseason. La NFL nasce nel 1920 come American Professional Football Association, per diventare dalla sua terza stagione la National Football League. Ciò che non fu concordato a Canton, Ohio, dai padri fondatori della lega fu l’idea della postseason, idea nata, come vedremo, da un singolare episodio che rivoluzionò il mondo del football.

Il primo campionato professionistico contava su 14 franchigie e fu vinto dagli Akron Pros, grazie al voto di una giuria composta dai proprietari delle squadre iscritte al campionato. Un torneo basato su un calendario poco uniforme e che vide i Pros giocare più di ogni altra squadra presente in una lega che, oltre al calendario, non comprendeva nemmeno una classifica basata sul numero di vittorie. Delle 9 partite disputate Akron ne vinse 6, non perse mai e subì solo 7 punti. Nell’aprile del 1921 vennero proclamati campioni i Pros. La regola fu mantenuta per qualche anno, dopodiché venne inserita una classifica a punti che però considerava nulli i pareggi. In questo modo la percentuale vittorie delle squadre che si ritrovavano un record di 4-0-8 era più alto di chi terminava la stagione col punteggio di 7-1-4. Il pareggio azzerava la partita e al di là delle statistiche che conosciamo oggi, certi match era come se nemmeno si fossero disputati per gli standings degli anni 20. Così da un 4-0-8 venivano tolti otto pareggi e il record vittorie risultava pari al cento percento.

Incredibile a dirsi, ma questo sistema decise il campione NFL per anni. Fino al 1932, quando una serie incredibile di avvenimenti modificò tutte le regole alle quali i genitori della lega non avevano badato negli anni precedenti. Dopo quella stagione il pareggio avrebbe avuto un punteggio in classifica, ogni statistica individuale sarebbe diventata ufficiale, e il lancio del quarterback sarebbe potuto avvenire da ogni zona del campo. Con un sistema ancora improntato sulle corse e il gioco aereo limitato e non ben sviluppato né dalle regole né dalla tecnica, i pareggi negli anni venti e trenta del secolo scorso erano più frequenti di quanto non si possa pensare. Così, se vi capitasse di controllare oggi la classifica del 1932 su un qualsiasi sito di statistiche troverete sul podio uno standing come il seguente:

Green Bay Packers 10-3-1
Portsmouth Spartans 6-1-4
Chicago Bears 6-1-6

Il che porterebbe a considerare i Packers al .750 di vittorie, gli Spartans a .727 e i Bears a .692, con Green Bay campione NFL. In realtà troverete un record diverso, ma il motivo lo spiegheremo più avanti. Considerando comunque i pareggi come partite mai giocate, ecco che la stagione del ’32 si concluse con i Packers a .769 e le altre due squadre appaiate in testa a .857; la regola di allora prevedeva quindi che in testa non ci fossero i Packers, ma non considerava nemmeno come risolvere un ex-aequo nella leadership della NFL. Fu questo vuoto legislativo che spinse la Lega a decidere di giocare una partita extra al termine di un calendario già abbastanza particolare. Anche se quell’incontro è effettivamente la prima sfida di postseason della storia, statisticamente fu considerata come una normale gara di regular season ed è per questo motivo, come dicevamo in precedenza, che il record del 1932 di Chicago e Portsmouth è inserito in ogni fonte statistica del mondo con una gara in più per squadra rispetto a quanto dichiarato da noi in precedenza.

La partita si sarebbe disputata a Chicago in dicembre e, dopo un accordo tra George Halas, il coach di Portsmouth Potsy Clark e il presidente NFL Joe Carr si decise di giocarla al coperto, per evitare la scarsa presenza di pubblico verificatasi nelle ultime partite della stagione regolare per via del maltempo che imperversava sulla Windy City. Il Portsmouth Times avrebbe definito l’evento come “The Tom Thumb Gridiron”, più o meno traducibile come “il reticolato di Pollicino”, la gabbia. Unico stadio disponibile era infatti il Chicago Stadium, prima casa dei Blackhawks di hockey, spesso utilizzato per incontri di pugilato e spettacoli circensi. Un reticolato metallico circondava il campo di sole 80 yards rendendo il tutto complicato e obbligando la lega a rivedere alcune regole per la partita. I field goal furono proibiti, i goal post vennero sistemati per la prima volta sulla linea di chiusura del campo invece che su quella di endzone, dopo ogni kick off riportato la palla sarebbe stata retrocessa di 20 yards. Inoltre, per evitare giocate pericolose nei pressi della recinzione, quando l’azione terminava fuori dal campo la palla non sarebbe più stata rimessa in gioco ad una yard dalla sideline come previsto dal regolamento di allora, ma a dieci, partorendo l’idea delle hashmarks inserite definitivamente dall’anno seguente.

Il match, per la cronaca, fu vinta da Chicago grazie ad una meta di Red Grange che ricevette un lancio dal runningback Bronko Nagurski, il quale in seguito ad un handoff, si era trovato impossibilitato a correre verso l’area di meta avversaria chiuso dalla difesa degli Spartans. Dopo un paio di passi indietro, Nagurski decise di lanciare il pallone a Grange che segnò il touchdown. Il tutto dopo che Dick Nesby era riuscito a intercettare un lancio del mitico Earl “Dutch” Clark dando a Chicago un’ottima posizione di campo all’interno delle 10 yards avversarie. Dopo l’extra point Chicago arrotondò il risultato sul 9-0 grazie ad una safety provocata dal punter Mule Wilson che per via di uno snap errato era uscito dalla endzone con il pallone. A suscitare la rabbia di Portsmouth fu comunque il TD di Grange, giunto a circa dieci minuti dal termine e molto contestato da Potsy Clark, il quale sosteneva che Nagurski non fosse indietreggiato di 5 yards rispetto alla linea di scrimmage, come previsto dal regolamento di allora, prima di rilasciare l’ovale. L’arbitro convalidò la meta e cambiò la storia, anche se non ci è dato sapere chi avesse ragione tra i due. Da quella polemica, infatti, si giunse all’idea di concedere, per regolamento, il lancio in avanti del pallone da ogni parte del campo pur rimanendo dietro la linea di scrimmage. Furono confermati i goal post alla fine del campo, vennero inserite le hashmarks e fu deciso che, quando un attaccante fosse finito “out of bounds” la sua squadra non avrebbe comunque perso un down o ricevuto altre penalità. Queste regole modificarono il gioco, rendendo il lancio l’arma più terrificante per un attacco e riducendo del 50% i pareggi già dalla prima stagione in cui vennero applicate. Ciò che per il Portsmouth Time fu “la gabbia di Pollicino” è considerata dallo storico sportivo Ralph Hickok, “una serie di cambiamenti brobdingnagiani all’interno di un campo lillipuziano”, ma in un certo senso si trattò quasi di un’anteprima dell’odierna Arena Football League.

La prima “ufficiale”.

Visto il successo di pubblico (alcuni sostengono che lo stadio fosse gremito da 15000 spettatori, altri da 9000) e la tensione sportiva che un evento del genere aveva contribuito a creare, nel 1933 venne stabilito che ogni anno il campionato sarebbe stato deciso da uno spareggio finale; la lega fu divisa per la prima volta in due conferences (la East e la West) da cinque squadre ciascuna e le due che avrebbero terminato in testa la rispettiva classifica si sarebbero scontrate per il titolo. Nel 1933 si disputò quello che ufficialmente è quindi la prima partita di postseason della storia e, al tempo stesso, il primo NFL Championship, vinto dai Chicago Bears (trionfatori della conference West) sui New York Giants per 23-21.

La prima volta che si giocarono due partite di postseason fu al termine della stagione 1941 quando, in assenza di un sistema per il tie-breaking, Green Bay Packers e Chicago Bears si affrontarono in uno spareggio per decidere chi avrebbe affrontato in finale i New York Giants. Quella partita fu definita Divisional Playoff e vide i Bears trionfare 33-14 e poi aggiudicarsi il titolo per 37-9. Il secondo Divisional Playoff fu necessario nel 1943 tra i Washington Redskins e i NY Giants (28-0) in una stagione che vide di nuovo i Bears trionfare e, di nuovo, nel 1947 tra Philadelphia e Pittsburgh. Nel 1950 le conference vennero denominate American e National, nelle quali furono inserite sei e sette squadre rispettivamente. Entrambe necessitarono di un Divisional Playoff per decidere chi avrebbe disputato il Championship (Chicago Bears -Los Angeles Rams 14-24 per la National e New York Giants- Cleveland Browns 3-8 per l’American) arrivando così alla prima stagione con tre partite di postseason. Per la cronaca, i Browns si laurearono campioni.

Arriva l’American Football League: it’s Super Bowl Time!

Nel 1952, 1957 e 1958 si giocarono altri tre playoffs per stagione sempre a causa degli spareggi, ma lo sport professionistico cambiò radicalmente con l’avvento, nel 1960, della American Football League. Una seconda lega di professionisti che negli anni avrebbe “scippato” pubblico e grandi giocatori alla più antica e celebre NFL. Stessa formula da due division (East e West, stessi nomi che la NFL aveva riadottato dal 1953), da quattro squadre ciascuno e Championship finale.

La rivalità tra le due leghe crebbe a tal punto che si cercarono sistemi per rendere più affascinanti i campionati per sottrarre interesse e pubblico all’avversario. Nel 1963, mentre le AFL giocava il suo primo Divisional Playoff (Boston Patriots-Buffalo Bills 26-8), la NFL ebbe la discutibile idea di istituire il Third-place Game; il primo fu vinto dai Green Bay Packers sui Cleveland Browns per 40-23, ma l’esperimento fu abbandonato per scarso interesse già nel 1965 anno in cui la prima gara di postseason finì in over time nella vittoria di Green Bay sui Baltimore Colts per 13-10. Le discussioni su chi fosse davvero la squadra professionistica più forte d’America terminarono nel 1966 quando le due leghe decisero di far affrontare le rispettive vincitrici in uno scontro diretto che fu ribattezzato, dalla sua quarta edizione e con “nomina retroattiva” Super Bowl. Si arrivò così ad avere due leghe separate, ognuna col proprio Championship e una finalissima comune, arrivando alle tre partite di postseason “ufficiali”. Il primo Super Bowl, è storia nota, fu vinta dai Green Bay Packers di Vince Lombardi, allenatore al quale fu poi intitolato il trofeo. Uscirono sconfitti da quella sfida giocata al Los Angeles Coliseum i Kansas City Chiefs. Per primeggiare nei confronti della nuova lega, la NFL ampliò gli orizzonti nel 1967, passando da 15 a 16 squadre suddivise in quattro division (Century, Capital, Coastal e Central) e rendendo ufficiali i divisional playoff tra le vincenti delle suddette division.

La NFL portò così a tre il numero di partite in postseason, ed il 1967, insieme all’AFL Championship e al Super Bowl, contò per la prima volta cinque gare di playoffs nel football. Nel ’68 i New York Jets di Joe Namath furono la prima franchigia di AFL ad aggiudicarsi il Super Bowl battendo i grandissimi Colts di Johnny Unitas per 16-7. La particolarità di quella stagione fu il secondo inserimento del Third-place Game da parte della NFL, che insieme ad uno spareggio in AFL portò il numero di partite di playoffs a sette gare in totale.

L’evoluzione fino ai giorni nostri.

Nel 1969 la National tornò (fortunatamente) sui propri passi abolendo la gara per il terzo posto, mentre l’American gettò un altro guanto di sfida regolarizzando a sua volta il Divisional Playoff. La forma di quel campionato fu la prima per come la conosciamo oggi; anche se invece di parlare di conferences, nel ’69, si parlava di fatto di due leghe “separate in casa”, il sistema è però giunto fino ad oggi salvo l’aumento del numero di squadre partecipanti che aggiungerà un turno di partite. In quella stagione si ebbero così una regular season, i playoffs (due Divisional per parte), una finale di lega (oggi di conference) ed il Super Bowl. Questo portò alla inevitabile fusione delle due leghe nel 1970, con il nome che rimase NFL visto che in un certo senso la AFL venne inglobata, e trasformò le squadre che giocavano appunto in quella lega in formazioni della National Football Conference. Le squadre dell’AFL, invece, divennero formazioni della AFC con l’aggiunta di tre squadre. Le due conferences erano strutturate sue tre division ciascuna (North, Central, South) e la post season era suddivisa in due Divisional Playoffs per parte con in campo le tre vincitrici di divisione e la migliore seconda di conference. Seguivano le finali di conference e il Super Bowl. Oggi l’albo d’oro della AFL non fa praticamente più testo, così come difficilmente troverete le yards lanciate da Namath considerate come punteggio ottenuto nel football professionistico, ma troverete sempre la nota di quante sono state effettuate nell’American e quante nella National Football League. In altri casi potrete trovare il palmares che considera anche i titoli delle squadre pre-Super Bowl e inserite nella nuova lega, ma ciò che sembra importare, soprattutto fuori dai discorsi storici prettamente americani, è solo quello che si è vinto sui campi NFL e il numero di Super Bowl vinti, oggi quasi unico albo d’oro riconosciuto, certamente lo spartiacque tra il football antico e quello dell’era moderna.

Le sette partite di postseason del 1970 divennero un’abitudine per il pubblico americano aumentando a nove quando, nel 1978, grazie a un nuovo aumento delle squadre (28) gli organizzatori decisero di far disputare anche un Wildcard Game, aggiungendo una squadra ai playoffs. Le due migliori seconde “spareggiavano” quindi in casa della meglio piazzata e mandavano la vincente ad affrontare poi al Divisional una delle vincenti di division. Diventarono così cinque per Conference le squadre qualificate alla postseason.

Nel 1982, a causa di uno sciopero dei giocatori, il campionato subì un colpo piuttosto duro, tanto che le squadre disputarono solo nove incontri di regular season. Per non penalizzare il pubblico e riuscire a dare al campionato una durata maggiore, la NFL organizzò la postseason col maggior numero di partite mai disputato fino ad oggi: quindici! Le prime di ogni division vennero ammesse come di consueto al Divisional Playoff, mentre ben otto tra le migliori seconde e terze diedero vita a quattro WC game per conference. Il caso rimane isolato, ma nel 1990 si decise che ad andare ai playoffs sarebbero state sei squadre per conference nel metodo che tutti conosciamo anche oggi: due Wildcard Game, due Divisional Playoffs, un Championship per ogni conference e il Super Bowl, per un totale di 11 partite. La lega aggiungerà altre squadre, ma solo nel 2002 si arriverà al tabellone perfetto che oggi conosciamo. Con l’arrivo degli Houston Texans la NFL conta ora 32 squadre ed ha ridisegnato le division (ora quattro per conference), spostando Seattle nella NFC. Le division (East, North, South, West) mandano le vincenti ai playoffs insieme alle due squadre con il miglior record della conference. E’ quindi possibile avere fino a tre squadre della stessa division in postseason e, con la procedura per il tie-breaking, non è più possibile ricorrere a spareggi giocati sul campo come ai tempi di Nagurski e dei Portsmouth Spartans. Alle Wildcard vanno quindi le due “ripescate” che giocano contro le due peggiori prime vincitrici di Division con la squadra dal record più basso del lotto (considerata numero 8 nel seed, ossia il tabellone del ranking per i playoffs) a giocare in casa della migliore (la numero 3 del seed). Le vincenti verranno ospitate dalle due migliori prime secondo lo stesso sistema che prevede che la peggiore del ranking vada a far visita alla prima del seed. Chi vince, di nuovo, si gioca la finale di conference in casa della squadra col record migliore tra le due sopravvissute. Le partite di playoff in totale sono ufficialmente undici, un numero altissimo rispetto alla storia di questo sport e secondo solo al pazzesco 1982.

Speciali | by Alessandro Santini | 28/01/07

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